Università

Cuccurullo fa causa e chiede 5 milioni alla D'Annunzio

L’Ateneo svuota le casse della Fondazione, Cesi e Itab Il presidente cita a giudizio Di Ilio, processo il 27 marzo

CHIETI. La Fondazione è rimasta al verde, l’ex rettore chiede cinque milioni di euro di risarcimento all’Università D’Annunzio. E lo fa ricorrendo a un processo veloce, cioè un procedimento sommario cognitivo, a voler dimostrare la necessità di una decisione urgente da parte del giudice civile che ha già fissato l’udienza per il 27 marzo. Di fatto, Franco Cuccurullo cerca di mettere la parola fine a un processo di svuotamento globale che l’Ateneo sta applicando alla Fondazione D’Annunzio, di cui l’ex rettore è presidente, in nome di una spending review massiccia che ha già portato il rettore, Carmine Di Ilio, il senato accademico e il Cda dell’Università a dismettere realtà come il Cus Chieti, oppure a chiedere indietro ingenti somme di denaro a un esercito di dipendenti.

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Scelte drastiche, ufficialmente imposte dalla crisi, che però finora hanno solo sortito una lunga scia di costosi contenziosi civili e penali. Ma è giusto scaricare, come se fossero zavorre, anche il Cesi, il prestigioso centro di ricerca contro l’invecchiamento, oppure l’Itab, l’istituto per le tecnologie biomediche avanzate, o ancora togliere dalle mani della Fondazione la gestione della manutenzione ordinaria e straordinaria di tutti gli immobili dell’Ateneo, in altre parole i milioni degli appalti? Tutto rientra nella logica di una guerra di potere tra ex e attuali vertici della D’Annunzio combattuta a colpi di carte bollate, ricorsi vinti da una parte e impugnati dall’altra? Oppure c’è un altro progetto che aleggia sulla D’Annunzio? Chi sa risponda. L’eutanasia della Fondazione è uno dei capitoli della guerra dei Roses. Sarà il giudice monocratico a emettere la sentenza sulla base dei documenti che Cuccurullo ha prodotto, primi fra tutti l’atto di costituzione della Fondazione e lo statuto, datati 2013, oltre che le prove del progressivo svuotamento cominciato nel 2012 e culminato nel 2014 con il taglio di tutti i contributi.

Milioni di euro che portano il presidente della Fondazione, assistito dall’avvocato Alberto Colitti, ad affermare che: «La progressiva riduzione, fino all’azzeramento dei contributi spettanti alla Fondazione, è avvenuta perseguendo l’Università il disegno di svuotare le attività demandate alla Fondazione e di privarle delle risorse statuariamente spettanti». Il tutto con atti unilaterali, come la delibera del 15 gennaio del 2013 con cui il senato ha sottratto alla Fondazione la gestione del centro Itab. Seguita, subito dopo, il 29 gennaio, dal Cda dell’Ateneo che ha istituito un clone dell’Itab stipulando una convenzione con la Asl di Chieti per fornire, alla sanità pubblica, prestazioni mediche come la risonanza magnetica, le ecografie ed altri esami diagnostici radiografici complessi.

Da scatola vuota, la Fondazione, una volta potente e ricca, cerca ora di resistere come il generale Custer a Little Bighorn. E chiede al giudice di riconoscere i diritti negati e i contributi tagliati, condannando l’Università D’Annunzio al pagamento di cinque milioni di euro. Con tempi velocissimi e non da fenomeno carsico.