DELITTO DI MIGLIANICO

L'omicida: L'ho uccisa per porre fine alle sofferenze, dopo non sono riuscito a suicidarmi

L'interrogatorio di Giovanni Carbone, il giudice convalida il fermo e lo tramuta in arresto: "Violenza del tutto sproporzionata ed eccentrica rispetto alla finalità dichiarata" 

MIGLIANICO. Il gip del Tribunale di Chieti, Luca De Ninis, ha convalidato il fermo di Giovanni Carbone, il 39enne di Matera che lunedì scorso a Miglianico, dentro casa, ha ucciso con un colpo di pistola alla testa la sua compagna, Eliana Maiori Caratella di 41anni e poche ore dopo si è costituito ai carabinieri confessando l'omicidio. 

leggi anche: Giovanni Carbone, 39 anni, rinchiuso nel carcere di Lanciano L'omicida rompe il silenzio davanti al giudice: "La pistola? Presa per difesa personale" Giovanni Carbone risponde alle domande in videconferenza sul femminicidio di Miglianico

L'uomo è accusato di omicidio volontario, detenzione illecita di arma da guerra e ricettazione dell'arma. Nell'interrogatorio reso ieri durante l'udienza di convalida in videoconferenza, Carbone, che è difeso dall'avvocato Franca Zuccarini di Chieti, ha sostenuto di aver sparato per porre fine alle loro sofferenze e che subito dopo era sua intenzione suicidarsi, senza trovare il coraggio di farlo. Sofferenze che, sempre secondo Carbone, secondo quanto emerge dall'ordinanza, sarebbero riconducibili alla ostilità manifestata dal marito della vittima, dal quale la Caratella si stava separando, e dal fratello e dalla sorella della donna che non avevano mai accettato la scelta di separarsi della vittima. Una ostilità che si sarebbe manifestata fin dall'inizio della relazione, senza che sia stata possibile una composizione, una crisi sfociata anche in plurime e reciproche querele.

Carbone dopo una ennesima crisi generata dall'ostilità dei figli della compagna, rientrati la domenica sera dal fine settimana trascorso con il padre e dopo una nottata quasi insonne, avrebbe dunque preso la decisione di uccidere la donna, nonostante la amasse, mettendo fine alla alla loro sofferenza con due colpi di pistola, il primo per lei, inconsapevole della scelta, il secondo per se stesso.

A proposito della modalità della condotta, il Gip evidenzia nell'ordinanza un "impiego improvviso ed inspiegabile di una violenza del tutto sproporzionata ed eccentrica rispetto alla finalità dichiarata, espressiva dell'assoluta mancanza di autocontrollo e della capacità di valutare l'interesse delle persone coinvolte, dalla vittima, ai figli minori di lei". 

Forti dubbi vengono espressi sul reale movente dell'omicidio nell'ordinanza di convalida del fermo e di applicazione della custodia cautelare in carcere: per il giudce del Tribunale di Chieti Luca De Ninis si devono e possono fare «approfondimenti, anche prendendo spunto dai precedenti pendenti, sulla reale natura dei rapporti fra l'indagato e la vittima, e tra la coppia e i familiari di lei», i quali appaiono descritti da Carbone in maniera «semplicistica, superficiale e del tutto autoreferenziale». Quanto all'affermazione di Carbone resa mentre si costituiva in caserma, secondo cui doveva uccidere anche il marito della Caratella alle 17,30 dello stesso giorno, mandandogli un messaggio con il telefonino di lei, l'uomo, nel corso dell'udienza di convalida, ha in realtà evidenziato che non era questa la sua intenzione. Ha sostenuto infatti di non avere mandato alcun messaggio dal telefono della donna per attirare il marito in un'imboscata e che non voleva lasciare i due bambini, dopo aver ucciso la madre, senza il padre.

Secondo il Gip vi è l'esigenza cautelare del pericolo di reiterazione da parte di Carbone, che ha diversi precedenti, di gravi delitti con uso di armi e di violenza contro la persona, un soggetto espressivo di estrema pericolosità, mentre non c'è il pericolo di fuga ravvisato nella fase dell'iniziale fermo.