L'OPERAZIONE
Il boss all'Aquila, cella da 10 metri quadri e chemio in carcere
Matteo Messina Denaro sorvegliato in carcere h24: è tranquillo ed è stato affidato ai medici
L'AQUILA. Matteo Messina Denaro si trova in una delle celle singole del carcere dell'Aquila, sorvegliato 24 ore su 24. Secondo quanto si apprende da fonti qualificate il boss mafioso è tranquillo ed è stato affidato alle cure dei medici della Asl che operano all'interno del penitenziario.
La cella, di poco più di dieci metri quadrati, si trova in una delle sezioni del carcere che ospita in totale 159 detenuti, di cui 12 donne. Tra loro c'è anche la terrorista Nadia Desdemona Lioce, condannata all'ergastolo per gli omicidi D'Antona e Biagi.
Secondo quanto si è appreso, sarà direttamente il primario del reparto a gestione universitaria, Luciano Mutti, tra l'altro arrivato all'ospedale San Salvatore da poco, a gestire in presenza le delicate cure. Questo per assistere il boss, che sarebbe in gravi condizioni, in caso di reazioni negative o effetti collaterali.
Una decisione del genere è stata presa, tra l'altro, per ragioni di sicurezza rispetto alle problematiche che avrebbe creato il trasferimento, molto probabilmente per più giorni a settimana, al San Salvatore dalla frazione aquilana di Preturo dove è ubicato il supercarcere.
Il boss comincerà nelle prossime ore, all'interno del carcere, la somministrazione della chemioterapia per curare il cancro contro il quale combatte da oltre un anno. Nel momento in cui alla Asl provinciale dell'Aquila hanno avuto la certezza del trasferimento, è scattato il complesso protocollo, allestendo una stanza ad hoc all'interno dell'istituto di pena per sottoporre il boss mafioso, arrestato ieri a Palermo dopo 30 anni di latitanza, alla chemioterapia.
La sua cella non differisce per nulla da quelle degli altri, con un letto saldato a terra, un gabinetto e una televisione con i canali bloccati. Non è possibile infatti avere accesso alle emittenti regionali, per evitare il rischio che possano in qualche modo essere trasmessi messaggi in codice destinati ai boss. Sul muro della cella è installata una videocamera le cui immagini vengono poi vagliate e analizzate dai poliziotti del Gom, il Gruppo Operativo Mobile. Si tratta di agenti penitenziari gestiti non dal Provveditorato regionale, ma direttamente dal Dap e i cui turni vengono cambiati casualmente ogni giorno, anche tra penitenziari diversi. Le telecamere sono presenti, inoltre, in ogni corridoio o sezione del carcere, senza lasciare alcun angolo scoperto o spazi dove potersi nascondere. Il controllo è a vista h24 dallo spioncino perché la telecamera non può essere lasciata sempre acceso per motivi di privacy.
La vita all'interno dell'istituto prevede per i detenuti l'assoluto divieto di socialità o di incontro, con appena un paio di ore d'aria al mese. C'è comunque la possibilità di accedere alla biblioteca o di leggere i giornali, in alcuni casi censurati se riportano fatti o articoli riguardanti processi nei quali siano coinvolti, anche indirettamente, i detenuti stessi. Esistono solo celle singole e per ogni sezione è predisposta una cella come presidio sanitario. In questo modo i detenuti non devono spostarsi dal proprio corridoio - composto da file di cinque o sei celle per lato - per poter ricevere le cure dei medici.