Una delle foto più belle di Juan Carrito (sulle zampe) di quando era piccolo ed era con la mamma Amarena e i suoi fratelli orsi

ABRUZZO

Juan Carrito, delusione, commozione e rabbia / L'ULTIMO VIDEO IN VITA

Si apre la fase del dibattito dopo la morte dell'orso-simbolo. Dal Parco al presidente della giunta, al rammarico sui social. Il video dell'ultima incursione in una masseria vicino al luogo dell'incidente. Esposto degli animalisti, le proposte di Legambiente

CASTEL DI SANGRO. Delusione, commozione, ma anche rabbia per ciò che è sucesso e che forse si poteva evitare. Sono le sensazioni che si vivono in Abruzzo dopo l'incidente che ha provocato la morte di Juan Carrito, l'orso-simbolo dell'Abruzzo, sulla Statale 17.

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Juan Carrito, l'ultima "posa" dell'orso mascotte
Poche ore prima di essere travolto sulla superstrada il plantigrado aveva fatto "visita" ad una azienda agricola di Castel di Sangro, ad una manciata di metri dal punto dell'incidente: il video della pacifica incursione

L'Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente Aidaa preannuncia un esposto sulle cause : "Non vogliamo che su questa vicenda ci siano delle ombre o si nascondano dei fatti- scrivono gli animalisti di Aidaa- per questo nei prossimi giorni presenteremo un esposto alla Procura dell'Aquila per chedere indagini approfondite sulla dinamica dell'incidente e sulla tempistica dei soccorsi per capire se Juan Carrito poteva essere salvato, sia chiaro, nessuna caccia alle streghe ma una chiara richiesta perché nessun eventuale particolare sia trascurato e che eventuali responsabilità possano essere accertate fino in fondo".

Delusione e commozione sono espresse dal presidente della giunta regionale Marco Marsilio, a poche ore dall'investimento dell'orso. "Ho appreso con grande dolore la notizia", esordisce Marsilio che definisce Juan Carrito l’orso marsicano più famoso e amato d’Abruzzo: "La sua perdita rattrista non solo l’Abruzzo ma il mondo intero che ha scoperto l’Abruzzo e la bellezza degli orsi attraverso i numerosi video che lo ritraevano sin da cucciolo con i suoi fratelli e l’orsa Amarena".

"Non ci sono parole per quello che è successo, siamo tutti un po’ più poveri perché se ne è andato uno di famiglia", commenta Giovanni Cannata, presidente del Parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise che accenna "a caldo" a una spiegazione su quanto successo e spiega quanto è stato fatto affinché non succedesse: "Juan Carrito era un orso problematico ma al Parco abbiamo fatto di tutto, contro tutto e tutti, per dargli una chance e farlo rimanere libero. Ora ci ha lasciato".

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Il senatore Quintino Liris ricorda che Juan Carrito è protagonista anche di un docufilm su Sky e scrive: “Addolora la sua morte, viveva oramai a stretto contatto con l’uomo con cui aveva preso estrema confidenza, tanto da riuscire facilmente a procacciarsi il cibo tra pollai, isole ecologiche e pasticcerie, anziché procurarselo tra i boschi e spartirselo faticosamente con gli altri orsi affamati”. Ma Liris apre anche la fase del dibattito invitando a fare una riflessione sul fatto che animali selvatici di questa specie vivano in modo così contiguo all’uomo, in aree fortemente antropizzate: “La tragica fine di Carrito addolora doppiamente se si considera che a portarlo sulla coscienza sarà l’Abruzzo, la regione verde d’Europa, che nel suo insieme non ha saputo difenderlo”.

Sui social queste ultime parole si ripetono più spesso. E si incrociano con quelle del Parco quando quest'ultimo afferma che ha fatto di tutto contro tutti e tutto per far rimanere libero Juan Carrito. "All'estero costruiscono ponti nei parchi per far sì che cose del genere non accadano e far passeggiare liberamente le specie animali. In Italia non siamo manco capaci di costruire ponti per le auto", viene fatto notare su Fb dove prevale il rammarico di non essere riusciti a proteggere un simbolo della regione.

Per Legambiente la morte dell’orso apre nuovamente un'importante riflessione sulla conservazione e gestione di questa specie, legata anche ai comportamenti umani, alla gestione dei rifiuti e alla messa in sicurezza delle infrastrutture a partire dalle strade con interventi di road ecology. “L’orso bruno marsicano Juan Carrito poteva essere catturato e confinato a vita in una gabbia, ma si è opportunamente deciso di farlo vivere da animale selvatico valutando i rischi che i suoi comportamenti confidenti poteva comportare", dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente: "Noi consideriamo questa scelta l’unica, la più opportuna, ma anche la più difficile da attuare anche perché chi ha dovuto gestire l’orso, ha dovuto fare i conti con i limiti di un’azione di gestione che non dipende solo dai tecnici o dai responsabili dei parchi. Non di sola conservazione ci si deve occupare nella gestione degli orsi, ma anche di strade, di rifiuti, e di comportamenti umani e per mantenere la popolazione di orso bruno marsicano in una condizione favorevole, bisogna partire dalle persone che con i propri comportamenti incidono sul futuro libero o in cattività della fauna selvatica. È poi fondamentale accelerare sulla messa in sicurezza delle infrastrutture a partire della strada con interventi di road ecology”.

"Da anni si sa che cosa va fatto ma non si fa", incalza Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, ex consigliere regionale Abruzzo che è andato a ripescare le parole di una interrogazione che presentò in consiglio regionale con Antonio Saia nel 2012 per dimostrare di quanto la morte dell'orso oggi abbia radici antiche: "Da tempo è evidente la necessità di porre adeguati limiti di velocità sui rettilinei che attraversano le zone dell’orso". Nell'interrogazione veniva chiesto di mettere in moto "immediatamente tutti gli interventi finalizzati all’eliminazione della mortalità per cause antropiche". Tanto è stato evidentemente fatto, ma non è bastato. Almeno per Juan Carrito, un orso unico.

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