Piazza Palazzo, la corte di Margherita d’Austria
Terza foto storica sugli scorci più suggestivi della città in omaggio con “il Centro”
L’AQUILA. Terza uscita, oggi, con il quotidiano il Centro, delle foto antiche dell’iniziativa «Ieri e oggi». Dopo le uscite del “Mercato di piazza Duomo” (9 e 13 settembre), della “Chiesa di San Pietro” (18 e 20 settembre), oggi è la volta del “Palazzo del Liceo e piazza Palazzo”. Nell’articolo che segue, la storia del Palazzo e della piazza, dove ha sede il Comune, viene ripercorsa da Vincenzo Vivio, architetto e docente di Storia dell’arte all’Istituto d’arte “Muzi” dell’Aquila.
Diversamente da piazza Duomo, nata contemporaneamente all’idea stessa della nuova città di Aquila, piazza Palazzo fu realizzata solo durante la ricostruzione di epoca angioina, alla fine del ’200, quando al nucleo originario che circondava la piazza del mercato venne aggiunta la parte più moderna e regolare verso Santa Maria Paganica e San Pietro di Coppito. Essa era molto più estesa dell’attuale, comprendendo anche l’area del Palazzo comunale e quella di Santa Margherita (piazza dei Gesuiti). La torre civica si ergeva infatti isolata, davanti al Palazzo del magistrato e al carcere, in via delle Aquile, dove oggi sorge il palazzo Napoleone, ed era assai più alta degli attuali 36 metri.
Essa conteneva una gigantesca campana, chiamata “Reatinella”, dopo essere stata recuperata nel 1320 nella guerra coi reatini, che ne avevano fatto preda sette anni prima. Capace di far udire il suo suono limpido e possente in un raggio di 30 chilometri, questa fu fusa nel Cinquecento dagli spagnoli, con altre campane della città, per farne artiglierie al Castello.
Solo nel 1774 fu ricollocata nella loggia una campana più piccola, a battere i 99 tocchi che ricordano i leggendari 99 Castelli della fondazione. La piazza, peraltro, prendeva allora nome dalla chiesa di San Francesco, che prospettava in alto con la sua facciata squadrata là dove sono oggi i portici del liceo. Dopo la morte del santo, infatti, alcuni seguaci (gli spirituali) continuarono a seguirne la regola di povertà negli eremi sui monti, mentre la maggioranza (i conventuali) ritennero di dover utilizzare i beni e le ricchezze che affluivano all’Ordine, per insediarsi nelle città e rendere più incisiva la propria predicazione.
Fu così che anche all’Aquila, allora appena fondata e in rapido sviluppo, i francescani costruirono un grande convento e una chiesa con la facciata bianca e rosa, le cui pietre verranno poi utilizzate nel 1881 per costruire la Fontana del Nettuno, in piazza Regina Margherita.
Da sempre luogo del potere civile, la piazza deve però il suo nome odierno alla residenza approntata nel 1575 per accogliere degnamente Madama Margherita d’Austria, figlia dell’imperatore Carlo V, da poco nominata governatrice perpetua della città, con la relativa corte di dame, gentiluomini e servitù. L’arrivo insperato di tale illustre personaggio, tra i più ragguardevoli del Cinquecento italiano, indusse gli aquilani a trasformare e ampliare a proprie spese l’antico Palazzo del capitano, che, con le sue 134 finestre, assunse così l’aspetto di una dimora quasi reale.
E del resto la presenza di Margherita inaugurò veramente una stagione felice sia dal punto di vista urbanistico che economico e sociale, stimolando una euforica molteplicità di iniziative volte ad ammodernare e abbellire la città. Il governo illuminato della duchessa determinò persino la creazione di una azienda agricola e zootecnica modernissima a Campo di Pile, un impianto modello di vaste proporzioni, che introdusse indirizzi nuovi nella struttura economica aquilana. Né va sottaciuto il fatto che, del suo seguito, faceva parte anche il capitano e ingegnere militare Francesco de Marchi, il primo ad effettuare una storica ascensione alpinistica del Gran Sasso.
Insomma, Margarita e la sua corte evitarono (purtroppo solo per un po’) l’emarginazione culturale ed economica dell’Aquila e dell’Abruzzo, risollevandone momentaneamente le fortune. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1586, il Palazzo ebbe altre destinazioni pubbliche, quale sede della Regia Udienza, poi dell’amministrazione comunale, della giustizia e oggi nuovamente residenza municipale.
Ricostruito integralmente dopo le distruzioni del terremoto del 1703, l’edificio è arrivato fino a noi nell’ultima versione ottocentesca. E anche la piazza stessa, coi suoi portici del 1876, la Locanda del Sole, il palazzo dove aveva sede l’Eca e gli altri edifici, è ancora oggi una tipica espressione della nuova società borghese post-unitaria. Solo nel 1903 vi si aggiunse al centro il monumento bronzeo a Gaio Sallustio Crispo, opera dello scultore Cesare Zocchi, su di un alto piedistallo classicheggiante.
La statua celebrativa dello storico e scrittore amiternino prese il posto della fontana, spostata definitivamente sulla piazza dei gesuiti, mentre una fontanella, il cosiddetto “Angelo muto”, fu sistemata all’angolo del liceo. E oggi un’altra fontanina (copia veramente falsa di quella antica) ha preso il posto di una fontana moderna dello scultore Marino Di Prospero che, per un breve periodo, sostituiva egregiamente l’originale, e che ora giace dimenticata nei magazzini del Comune. Ma questa è un’altra storia.
Diversamente da piazza Duomo, nata contemporaneamente all’idea stessa della nuova città di Aquila, piazza Palazzo fu realizzata solo durante la ricostruzione di epoca angioina, alla fine del ’200, quando al nucleo originario che circondava la piazza del mercato venne aggiunta la parte più moderna e regolare verso Santa Maria Paganica e San Pietro di Coppito. Essa era molto più estesa dell’attuale, comprendendo anche l’area del Palazzo comunale e quella di Santa Margherita (piazza dei Gesuiti). La torre civica si ergeva infatti isolata, davanti al Palazzo del magistrato e al carcere, in via delle Aquile, dove oggi sorge il palazzo Napoleone, ed era assai più alta degli attuali 36 metri.
Essa conteneva una gigantesca campana, chiamata “Reatinella”, dopo essere stata recuperata nel 1320 nella guerra coi reatini, che ne avevano fatto preda sette anni prima. Capace di far udire il suo suono limpido e possente in un raggio di 30 chilometri, questa fu fusa nel Cinquecento dagli spagnoli, con altre campane della città, per farne artiglierie al Castello.
Solo nel 1774 fu ricollocata nella loggia una campana più piccola, a battere i 99 tocchi che ricordano i leggendari 99 Castelli della fondazione. La piazza, peraltro, prendeva allora nome dalla chiesa di San Francesco, che prospettava in alto con la sua facciata squadrata là dove sono oggi i portici del liceo. Dopo la morte del santo, infatti, alcuni seguaci (gli spirituali) continuarono a seguirne la regola di povertà negli eremi sui monti, mentre la maggioranza (i conventuali) ritennero di dover utilizzare i beni e le ricchezze che affluivano all’Ordine, per insediarsi nelle città e rendere più incisiva la propria predicazione.
Fu così che anche all’Aquila, allora appena fondata e in rapido sviluppo, i francescani costruirono un grande convento e una chiesa con la facciata bianca e rosa, le cui pietre verranno poi utilizzate nel 1881 per costruire la Fontana del Nettuno, in piazza Regina Margherita.
Da sempre luogo del potere civile, la piazza deve però il suo nome odierno alla residenza approntata nel 1575 per accogliere degnamente Madama Margherita d’Austria, figlia dell’imperatore Carlo V, da poco nominata governatrice perpetua della città, con la relativa corte di dame, gentiluomini e servitù. L’arrivo insperato di tale illustre personaggio, tra i più ragguardevoli del Cinquecento italiano, indusse gli aquilani a trasformare e ampliare a proprie spese l’antico Palazzo del capitano, che, con le sue 134 finestre, assunse così l’aspetto di una dimora quasi reale.
E del resto la presenza di Margherita inaugurò veramente una stagione felice sia dal punto di vista urbanistico che economico e sociale, stimolando una euforica molteplicità di iniziative volte ad ammodernare e abbellire la città. Il governo illuminato della duchessa determinò persino la creazione di una azienda agricola e zootecnica modernissima a Campo di Pile, un impianto modello di vaste proporzioni, che introdusse indirizzi nuovi nella struttura economica aquilana. Né va sottaciuto il fatto che, del suo seguito, faceva parte anche il capitano e ingegnere militare Francesco de Marchi, il primo ad effettuare una storica ascensione alpinistica del Gran Sasso.
Insomma, Margarita e la sua corte evitarono (purtroppo solo per un po’) l’emarginazione culturale ed economica dell’Aquila e dell’Abruzzo, risollevandone momentaneamente le fortune. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1586, il Palazzo ebbe altre destinazioni pubbliche, quale sede della Regia Udienza, poi dell’amministrazione comunale, della giustizia e oggi nuovamente residenza municipale.
Ricostruito integralmente dopo le distruzioni del terremoto del 1703, l’edificio è arrivato fino a noi nell’ultima versione ottocentesca. E anche la piazza stessa, coi suoi portici del 1876, la Locanda del Sole, il palazzo dove aveva sede l’Eca e gli altri edifici, è ancora oggi una tipica espressione della nuova società borghese post-unitaria. Solo nel 1903 vi si aggiunse al centro il monumento bronzeo a Gaio Sallustio Crispo, opera dello scultore Cesare Zocchi, su di un alto piedistallo classicheggiante.
La statua celebrativa dello storico e scrittore amiternino prese il posto della fontana, spostata definitivamente sulla piazza dei gesuiti, mentre una fontanella, il cosiddetto “Angelo muto”, fu sistemata all’angolo del liceo. E oggi un’altra fontanina (copia veramente falsa di quella antica) ha preso il posto di una fontana moderna dello scultore Marino Di Prospero che, per un breve periodo, sostituiva egregiamente l’originale, e che ora giace dimenticata nei magazzini del Comune. Ma questa è un’altra storia.