l'inchiesta
Rifiuti tossici, l’ombra della malavita sulla Marsica
Traffici illeciti anche nell’ex mercato della frutta di Avezzano: un anno fa l’esposto su strane buche nel Fucino
AVEZZANO. Cosa si nasconde nei tanti capannoni abbandonati nel nucleo industriale di Avezzano o nella piana del Fucino e cosa c’è dietro i recenti ritrovamenti di rifiuti tossici? A fare luce su quello che sembra assumere ogni giorno di più i contorni di un pericoloso traffico organizzato di sostanze altamente pericolose – su cui si allunga l’ombra della malavita – ci penserà l’inchiesta avviata della procura della Repubblica di Avezzano. In pochi giorni sono stati scoperti due depositi di rifiuti tossici e di materiale inquinante disseminati sul territorio. Il sospetto è che ve ne siano altri. E la caccia è appena cominciata.
Tutto è iniziato domenica notte quando la Finanza di Avezzano, al comando del capitano Davide Lorenzo, ha fermato e sequestrato due tir carichi di 27 tonnellate di rifiuti provenienti dalla provincia di Latina e da Roma. I due trasportatori, però, erano residenti in provincia di Caserta e quello che preoccupa è che sulla bolla di consegna c’era la partita Iva di un’azienda del posto.
Le indagini hanno così preso piede e nel giro di 48 ore è stata individuato e, anche in questo caso posto sotto sequestro, un capannone. Si tratta dell’ex mercato ortofrutticolodi Avezzano. È stato quindi scoperchiato il calderone da cui è spuntato un vero e proprio traffico clandestino di rifiuti tossici industriali provenienti forse dalle regioni del Sud e diretti nella Marsica, come se questa zona fosse una gigantesca pattumiera naturale. All’interno c’erano altre 80 tonnellate di rifiuti da analizzare.
Non sono passati neanche due giorni che le indagini hanno assunto una dimensione preoccupante. Gli uomini del Corpo forestale dello Stato, infatti, durante un’operazione del comando provinciale, hanno scoperto un altro deposito all’interno di un capannone alla periferia di Luco dei Marsi, in una zona a ridosso di aree agricole e industriali. Da una prima valutazione, il materiale stoccato in grandi balle, per un totale di circa 1.600 tonnellate, potrebbe provenire da attività industriali delle regioni meridionali.
Inchiesta che si riallaccia a quanto avvenuto circa un anno fa, quando i carabinieri del Noe e il reparto chimico e radiologico dei vigili del fuoco dell’Aquila hanno avviato attività di scavo in un’area del Fucino compresa fra i territori di San Benedetto dei Marsi e Venere di Pescina in modo da sottoporre il terreno ad analisi scientifiche di grande complessità al fine di accertare la presenza di sostanze tossiche e nocive. L’inchiesta, avviata dalla Procura e coordinata anche in questo caso dal pubblico ministero Vincenzo Barbieri, ha preso le mosse da un esposto che parlava di sversamenti, interramenti e trattamenti nocivi o tossici.
E c’entra qualcosa quanto accaduto un paio di anni fa in via Galilei, quando un maxi deposito pericoloso, legato sempre a un’azienda in fallimento, è andato in fiamme? Un incendio misterioso per cancellare ogni traccia di materiale altamente inquinante. Il danno ecologico fu enorme. Subito dopo il fallimento dell’azienda che gestiva l’impianto la magistratura dispose che le spese di smaltimento dovevano essere sostenute dal Comune di Avezzano che subì oltre al danno anche la beffa. Un rischio che potrebbe ripresentarsi. Si dice allarmato da quanto sta accadendo l’assessore comunale di Avezzano, Roberto Verdecchia. «Dallo scorso anno», ha affermato, «abbiamo avviato un’azione di controllo incisiva contro il traffico di rifiuti e lo smaltimento illecito, ma forse non è bastata».
Per il comandante provinciale della Forestale, Nevio Savini «non può escludersi che nella zona del Fucino e della Marsica siano presenti altri siti o capannoni adibiti a questo tipo di attività illegale e per questo motivo abbiamo rafforzato i servizi sotto questo aspetto».
Pietro Guida
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