Airc: prevenzione e screening per vincere la lotta col cancro

Parla la professoressa Teti, impegnata nella ricerca delle metastasi osse del cancro al seno. Nelle piazze abruzzesi i banchetti con le azalee per la ricerca

L’AQUILA. La priorità è sempre una sola: «prevenire i tumori prevenibili». Uno slogan che magari suona un po’ male, ma che segna il passo dell’attività dell’Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) che anche quest’anno raccoglie i fondi con il 5 per mille e con la vendita delle azalee, distribuite in tutta Italia dietro un contributo di 15 euro (info: www.airc.it oppure 840.001001). In Abruzzo, l’iniziativa è presente con 143 postazioni nei principali comuni della regione.

Una delle ricercatrici simbolo della ricerca Airc è la professoressa Anna Maria Teti, del dipartimento di Scienze Cliniche applicate e Biotecnologie dell’università dell’Aquila. La sua esperienza pluriennale nel campo dei tumori al seno, sta portando dei risultati innovativi. «Sto lavorando ad un Ig (Investigation Grant), un progetto di ricerca triennale che riguarda le pericolose metastasi alle ossa originate dal tumore al seno. Mi occupo di studiare i meccanismi molecolari che inducono allo sviluppo delle metastasi e, soprattutto, all’identificazione di terapie sperimentali». Le metastasi sono le forme più frequenti di tumore dell'osso. Alcuni autori riportano che circa l'80% di quelle scheletriche è sostenuto dai tumori della mammella, della prostata, del polmone, del rene e della tiroide. Ma solo il 20% dei pazienti sviluppa metastasi ossee clinicamente evidenti durante la storia naturale della malattia.

Professoressa Teti, come si comportano le metastasi?

«Le cellule metastatiche possono rimanere dormienti per molto tempo, anche dopo anni che una paziente ha subìto un intervento per l’asportazione di un tumore al seno. Stiamo cercando di capire come individuare queste cellule per poi eliminarle o farle restare dormienti. Sperimentiamo il principio attivo di proteine come Prelp o Chad e le loro funzioni inibitorie».

Quali sono le difficoltà riscontrate in questa indagine? «Solo poche cellule vengono individuate grazie a tecniche tradizionali come la risonanza magnetica. A questo punto, senza rinunciare a monitorare le pazienti, è impossibile capire quali sono i meccanismi legati allo sviluppo delle cellule metastatiche. Andiamo alla ricerca di marcatori che possano anticipare una futura formazione di fenomeni di questo tipo».

Come orientate il vostro lavoro?

«La ricerca si concentra sull’ipotesi che ci siano delle cellule che provengono dal tumore primitivo che rimangono ferme per anni, poi succede qualcosa che le risveglia».

A cosa è legato questo “qualcosa”?

«Al momento stiamo facendo alcune ipotesi. Una di queste è legata all’insorgere di un’infiammazione e alle possibili ripercussioni».

Come è composto il team di lavoro?

«Abbiamo in organico una decina di persone che fanno capo al dipartimento di Biotecnologie e ci alterniamo nel seguire questo tipo di ricerca». Dal punto di vista della prevenzione, cosa si sente di consigliare alle donne?

«Quasi il 70 per cento dei tumori potrebbe essere prevenuto o almeno diagnosticato in tempo se tutti avessimo stili di vita corretti e aderissimo ai protocolli di screening e diagnosi precoce. Un’abitudine molto importante soprattutto nel caso del tumore al seno: più si va avanti con gli anni, più è importante la prevenzione».

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