D'Alfonso: "Prestigio e onore delle istituzioni non sono in discussione"
La replica del presidente della giunta regionale d'Abruzzo all'editoriale del direttore del Centro Primo Di Nicola
Al direttore del quotidiano Il Centro.
Leggo sul giornale di oggi (ieri, ndr) che lei stenta a credere ad una serie di circostanze che - secondo la sua interpretazione - emergerebbero dall'inchiesta su Pescaraporto. Chi stenta a credere in realtà è il sottoscritto, leggendo il titolo del giornale da lei diretto: Atti pubblici ideati nello studio Milia. Un titolo senza virgolette: dunque non si sta riportando l’affermazione di qualcuno, ma è il giornale stesso che lo dice. O meglio, la redazione di cui lei è il massimo responsabile. Stento a credere che una testata possa spingersi a formulare un’affermazione del genere - che ha tutta l’aria di una sentenza - soprattutto leggendo i testi degli articoli pubblicati oggi sull’argomento. In essi si insiste sul fatto che dirigenti della Regione e del Comune si siano recati nello studio dell’avvocato Giuliano Milia; a meno che non mi sia sfuggito qualcosa, né il codice penale né quello civile prevedono divieti in questo senso. Le dirò di più: in questi 35 mesi di presidenza ho informalmente consultato più volte il legale di cui sopra, sulle materie più disparate, poiché lo ritengo un professionista di elevatissimo livello. Verrò indagato anche per questo? Spero di no.
Stento a credere che si possano accostare vicende tra loro diversissime quali l’inchiesta su Megalò 3 e Pescaraporto. Quale sarebbe l’analogia? Il fatto che un imprenditore al telefono nomina me e Milia, e che io mi sia recato nello studio di quest’ultimo alle 7,20 del mattino. Che si sappia: inizio sempre a lavorare prestissimo, anche all’alba, e incontri alle 7 del mattino sono frequentissimi nella mia storia di amministratore.
Stento a credere che si possa dare una lettura così distorta degli atti citati negli articoli del suo giornale. Prendiamo la lettera del 18 febbraio: in essa il Genio civile chiede «di verificare la regolarità e la compatibilità idraulica delle attività, nonché di accertare la completezza e la validità delle procedure e dei titoli autorizzativi rilasciati». Se l'italiano non è un’opinione, la missiva contiene quindi una richiesta di verifica e accertamento. Come la traduce il suo giornale? «E’ un no al progetto». Un’interpretazione così singolare da parte degli articolisti può spiegarsi soltanto con la volontà di far emergere una presunta incongruenza - nel pezzo definita «strambata» - tra quanto scritto nella lettera del 18 febbraio e quanto poi riportato nella missiva del 15 marzo, laddove si dice che il Genio civile intende «prendere atto degli specifici accertamenti condotti dalle autorità competenti».
Per venire alle sue domande: nessun atto politico-amministrativo è stato formato «negli uffici di privatissimi professionisti e cittadini», né esiste alcuna cabina di regia messa in piedi dal sottoscritto per favorire l’avvocato Milia. Il prestigio, il rispetto e l’onore delle istituzioni non sono in discussione, nonostante gli schizzi di fango che taluni dall’esterno cercano sovente di gettarvi sopra.
*Presidente Giunta regionale