Hotel Rigopiano, i vigili del fuoco vogliono essere ascoltati
Il sindacato autonomo dei pompieri scrive alla Procura di Pescara. Mentre i legali delle famiglie chiedono i risultati delle autopsie
PESCARA. Adesso vogliono sapere tutto. Cercano l’unica certezza che potrebbe alleviare almeno in parte le pene di questa tragedia. La certezza che sia davvero andata come gli è stato detto sin dall’inizio. E cioè: «Sotto la valanga sono morti tutti sul colpo», senza soffrire. E per questo, dopo le rivelazione sulla povera Paola, rimasta in vita sotto le macerie dell’hotel Rigopiano per 40 ore prima di morire, molti dei familiari delle 29 vittime, attraverso i loro avvocati, stanno facendo istanza per avere i risultati delle autopsie. Che, come anticipato dal Centro, sono stati depositati una decina di giorni fa. Naturalmente, per capire, dalle relazioni dei medici legali, le cause e i tempi della morte dei loro cari.
Così, per conto della sua assistita Silvia Angelozzi, sorella di Sara che, con il marito Claudio Baldini era partita da Atri per passare qualche giorno al resort, l’avvocato Wania Della Vigna anticipa: «Faremo istanza a breve per acquisire la relazione dell’autopsia e per capire la causa della morte, i tempi e le modalità. Poi ognuno farà le sue valutazioni. Attendiamo fiduciosi. Tutto quello che sta facendo la Procura è stato fatto a tempo di record. In tre mesi hanno iscritto i primi nomi degli indagati. Un fatto importante, per la tutela delle vittime e degli stessi indagati».
Identica scelta da parte dell’avvocato Romolo Reboa che, con i colleghi Roberta Verginelli, Gabriele Germano e Maurizio Sangermano assiste le famiglie di Valentina Cicioni, Marco Tanda, Jessica Tinari e di Cecilia Martella, oltre a Giampaolo Matrone, marito di Valentina salvato dopo essere rimasto per 60 ore sotto le macerie. «La notizia che abbiamo appreso», spiega l’avvocato Reboa, «di una persona morta dopo 40 ore sotto le macerie solleva interrogativi sulla tempestività dei soccorsi. Non possiamo dimenticare la famosa telefonata, scandalosa, tra il medico del 118 e il direttore dell’albergo, quando il medico chiede conferma che la tragedia non sia successa, piuttosto che verificare se quell’informazione appena ricevuta fosse vera. È chiaro», va avanti il legale, «che vogliamo esaminare gli atti. Stiamo riformulando l’istanza, già presentata qualche tempo fa, per acquisire le autopsie. A questo punto è arrivato il momento di avere questi risultati».
Ma non è finita. Sulla questione dei soccorsi, e in particolare degli operatori che materialmente salvarono 11 delle 40 persone intrappolate in quell’inferno di neve e macerie, un nuovo fronte viene aperto dal Conapo (Comitato nazionale pompieri), il sindacato autonomo dei vigili del fuoco. Il segretario generale Antonio Brizzi, dopo le dichiarazioni del procuratore aggiunto Cristina Tedeschini in merito alla tempestività dei soccorsi - «undici persone le hanno trovate in tempo» - pone un quesito: «Il pm titolare dell’inchiesta ha ascoltato tutti i vigili del fuoco intervenuti per primi all’hotel Rigopiano, e specialmente i funzionari di Roma e Torino che comandavano le squadre di ricerca? È in possesso», chiede ancora il Conapo -che con una segnalazione alla Procura si prepara a chiedere di ascoltare i vigili del fuoco in servizio a Rigopiano in quei terribili giorni di gennaio- «di tutte le relazioni di servizio di coloro che hanno vissuto quei primi e terribili momenti? Ci permettiamo questo suggerimento quale contributo alla ricostruzione e alla corretta valutazione dei fatti, visto che molti vigili del fuoco intervenuti ci hanno raccontato di non essere mai stati ascoltati».
E, sempre in merito all’operato dei soccorritori, una fonte ufficiale dei vigili del fuoco fa sapere: «Tutto quello che potevamo fare è stato fatto. Ma se ci sono dubbi sarà il magistrato ad approfondirlo. Chiunque ritenga che ci siano cose poco chiare è giusto che le segnali. Di certo», continua, «appena arrivata la richiesta di soccorso ci siamo mossi, con tutte le difficoltà del caso. Poi ci siamo trovati di fronte quel blocco insuperabile di neve. All’alba del giorno dopo la strada era ancora chiusa, abbiamo iniziato a sbarcare il personale con gli elicotteri. E quando i primi sono arrivati sul posto hanno trovato con grande difficoltà la struttura dell’albergo, tagliata, ruotata e in alcuni punti coperta da cinque metri di neve. Ci dispiace per la donna sopravvissuta che alla fine non si è salvata. Noi abbiamo fatto tutto quello che potevamo».
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