Hotel Rigopiano, ecco cosa accadde dopo quella telefonata

La funzionaria della Prefettura l’ha raccontato agli investigatori: uscita dal lavoro è andata a casa del fratello di Parete

PESCARA. Al telefono, alle 18,20 del 18 gennaio, respinge in tutti i modi la richiesta di aiuto del cuoco Quintino Marcella. Fino a dire “la mamma dell’imbecille è sempre incinta”. Salvo poi, prima di tornare a casa alla fine del turno nel centro Coordinamento della protezione civile della Prefettura, andare lei stessa a casa del fratello di Giampiero Parete, il sopravvissuto alla valanga che per primo cerca di dare l’allarme anche tramite il suo datore di lavoro Marcella, per verificare se davvero il cuoco fosse a Rigopiano. Se davvero, quello che gli aveva detto Marcella due ore prima, fosse vero. La funzionaria della prefettura lo scopre facendo chiamare Giampiero Parete direttamente dal fratello che è lì accanto a lei. E solo a quel punto, finalmente, si convince che l’hotel Rigopiano è crollato e lo comunica in tutta fretta alla sala operativa della Prefettura. Ma sono passate le venti. E siamo già a tre ore dalla valanga che a Rigopiano ha seminato dolore e morte tra le 40 persone prigioniere nel resort bloccato da tre metri di neve. Per fortuna, alle 19, lo stesso Parete era riuscito a richiamare il 118 e a far partire i soccorsi.

Dov’è la funzionaria? Ecco la sorpresa che spunta da quanto la funzionaria della prefettura riferisce, di quell’assurdo pomeriggio del 18 gennaio, agli investigatori della Mobile incaricati dalla Procura di ricostruire che cosa avvenne nelle ore dell’emergenza nella sala operativa della protezione civile della Prefettura. Dichiarazioni con cui la donna spiega i toni impropri usati in quella conversazione. Toni che continuano a ferire i familiari delle vittime e chi si è salvato. Come ha ripetuto con parole durissime Giampaolo Matrone - salvo dopo 60 ore passate sotto le macerie dell’hotel che hanno ucciso la moglie e madre della sua bambina- nel corso della trasmissione l’Arena di Massimo Giletti che domenica ha riproposto quella telefonata. «Voglio sapere se è ancora al suo posto», ha chiesto Matrone.
Fuori. I giornalisti fuori. E il Centro è andata a cercarla in Prefettura, nell’ufficio in cui la donna si occupa di questioni finanziarie, per conoscere anche i suoi sentimenti su una vicenda che alla fine, nonostante l’eco mediatica ed emotiva che ha suscitato, non ha avuto alcun risvolto penale. Evidentemente ininfluente, per gli inquirenti, rispetto alle reali responsabilità di quelle 29 morti. Ma l’unica dichiarazione della funzionaria 55enne originaria di Roma è stato un imperioso: «Fuori. I giornalisti fuori».

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Equivoci e confusione. Resta dunque quello che ha raccontato agli investigatori a fine gennaio. E che conferma, una volta di più, non tanto e non solo il ruolo svolto dalla funzionaria rientrata a lavoro proprio quel giorno, quando in tarda mattinata le viene chiesto di andare nella stanza Coordinamento della protezione civile in virtù del suo incarico come responsabile di raccordo con le forze di polizia. Ma quello che emerge è la totale confusione di quelle ore. In un contesto di emergenza generale, in tutta la provincia, che la funzionaria affronta rispondendo e smistando le telefonate ai vari enti. Tra queste, alle 18,20, dopo altre tre segnalazioni telefoniche, arriva la seconda chiamata di Quintino Marcella. Una telefonata in cui Marcella insiste sulla gravità dell’evento, cita la serietà di chi gliel’ha segnalato, l’amico Parete, e ne indica la famiglia che la funzionaria dice di conoscere. Sono toni concitati. Da una parte Marcella col cuore in gola, esausto perché ancora non gli crede nessuno. Dall’altra la funzionaria, alle prese con un’emergenza che non dà tregua a chi si trova a gestirla. Ma oltre alla concitazione, ci sono gli equivoci. Tanti. E che rafforzano la certezza della donna che «all’hotel Rigopiano non è successo niente». Sono le voci catturate dalla registrazione della telefonata che dicono che a Farindola è crollata la stalla della ditta Martinelli, non l’albergo; e quella del responsabile del 118 che ripete che due ore prima ha verificato con il direttore dell’albergo, «sta tutto a posto».
Dopo la telefonata. Ma quello che non emerge dalla telefonata è quello che succede dopo. E a riferirlo è la donna stessa ai poliziotti che gliene chiedono conto. Succede che alle 19 Parete riesce a chiamare il 118 dopo due ore, e finalmente partono i soccorsi. Poi, alle 20, uscendo dalla Prefettura, la funzionaria racconta di non essere tornata a casa, ma di essersi fermata dal fratello di Parete. «Dov’è tuo fratello?» gli chiede. E alla risposta «Farindola», gli dice di chiamarlo. Sono le otto passate quando finalmente la donna fa quella benedetta telefonata che Marcella gli chiedeva di fare circa due ore prima. E si convince. Purtroppo era tutto vero.

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