Hotel Rigopiano: ora sanno che Paola non è morta subito / Video

Dopo le rivelazioni del Centro, informati dagli investigatori i familiari della donna diventata testimone postuma

PESCARA. Non è morta subito, Paola. La valanga che ha travolto il resort di Rigopiano ed ha ucciso 29 persone, le ha lasciato il tempo per chiedere disperatamente aiuto facendola diventare la testimone postuma dell’inchiesta per omicidio colposo plurimo. I familiari lo hanno saputo solo ieri. La rivelazione del Centro ha spinto gli investigatori a informare i parenti di Paola Tomassini. Parenti che ora chiedono riservatezza, affidando alle mani del difensore di parte civile, Rosanna Polini, un comunicato inviato in serata all’Associazione delle vittime di Rigopiano, con preghiera di diffonderlo alle testate giornalistiche. «Oggi i miei assistiti», scrive l’avvocato, «sono stati informati che Paola non è morta il 18 gennaio, ma è sopravvissuta per alcuni giorni, ed ha tentato di inviare messaggi whatsapp con richieste di aiuto, ed ha inviato un saluto a tutti i suoi cari».

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Quei messaggi sono entrati nell’inchiesta. Rappresentano la testimonianza che rafforza e aggrava le accuse ipotizzate dal procuratore aggiunto Cristina Tedeschini e dal sostituto Andrea Papalia nei confronti di sei indagati, rappresentanti di Provincia, Comune e direzione dell’albergo. E di chi sarà indagato in seguito. Ma su questa donna, che per 48 ore ha sperato di essere salvata, dovrebbe ora scendere il silenzio. Lo scrive l’avvocato Polini: «La famiglia chiede di essere rispettata in questo ennesimo dolore». Vuole «la massima riservatezza». Il legale afferma che il fatto che la donna non sia morta sul colpo «costituisce un ulteriore elemento di indagine per la Procura, sulla quale si ha completa fiducia per ottenere giustizia per la propria cara, e le altre vittime».

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Ieri è stato anche un altro giorno di polemica. «Diciamo basta con questo gioco a scaricare la responsabilità sempre sugli altri e a nascondersi dietro le scelte di altri. Chi assume cariche istituzionali, che sia il sindaco di un piccolissimo Comune o il presidente del Consiglio, deve sapere che la poltrona sulla quale siede presuppone capacità, conoscenza, preparazione e, soprattutto, impone delle responsabilità». Lo affermano i familiari di Stefano Feniello, una delle 29 vittime, difesi dall'avvocato Camillo Graziano, che se la prendono anche con il deputato Gianni Melilla (Mdp) per aver espresso solidarietà al sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta e al presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco, indagati. «Dispiace» dicono «che un deputato della Repubblica esprima vicinanza agli indagati in quanto vittime dei tagli operati dalla politica. Quella politica di cui Melilla fa parte».

Verso Farindola, soccorsi bloccati dopo la valanga
E' la sera del 18 gennaio quando il direttore del Centro Primo Di Nicola, insieme ai giornalisti Simona De Leonardis e Luigi Di Marzo, tenta di raggiungere l'hotel Rigopiano insieme alla colonna dei soccorsi partita ore dopo l'allarme lanciato da Parete (dalla diretta Fb)