I musulmani ai pescaresi: "Siamo qui per pregare, rispettate la nostra cultura"
Parlano gli iscritti dell’associazione islamica di via Pisa al centro delle polemiche: "Ci dispiace che gli abitanti ce l’abbiano con noi, non facciamo nulla di male"
PESCARA. Sono le 12,30 di venerdì. Via Pisa, strada del centro della città solitamente tranquilla, si anima improvvisamente. Cominciano ad arrivare pakistani, nigeriani, maghrebini, siriani, tutti di fede islamica, diretti al civico 32 dove c’è un vecchio negozio dismesso e dove i musulmani vanno a pregare. Sulla vetrina compare la scritta «Associazione culturale islamica “An Noor”». È l’associazione che sta creando un vespaio di polemiche. Alcuni residenti hanno prima inviato un esposto alla procura e poi hanno scritto al prefetto e al questore per denunciare gravi problemi di sicurezza e violazione delle norme igieniche in quell’immobile che, a loro dire, sarebbe stato trasformato in una moschea. Ma è veramente una moschea, o è un’associazione culturale come sostiene il suo presidente Ahmed Mahbub in una lettera inviata nei giorni scorsi al sindaco Marco Alessandrini? Siamo andati a vedere che cosa accade nei locali di quel vecchio negozio ed ecco cosa è emerso.
«Sì questa è una moschea e noi veniamo qui per pregare», ammette Muhmmad Quasim, pakistano, uno dei primi ad arrivare in via Pisa per la preghiera di mezzogiorno. È da dieci anni che Qasim vive in Italia, si mantiene vendendo collanine sulla spiaggia. «Per noi il venerdì è festa grande», spiega, «ci riuniamo qui quattro volte al giorno per pregare. Non è vero che ci sono problemi igienici e di sicurezza, i residenti sbagliano».
Ma l’afflusso di extracomunitari in via Pisa è continuo, perché, come insegna il Corano, un buon musulmano deve per pregare cinque volte al giorno. Gli orari sono i seguenti: alle 3,30 del mattino, a mezzogiorno, alle 17, alle 20,44 e alle 22.
Ovviamente, la prima preghiera del giorno si svolge solitamente nelle case dei fedeli. Le altre, invece, si dovrebbero svolgere in moschea. Succede così che tutti i musulmani di Pescara vanno a riunirsi nell’unico luogo di culto presente in città. E l’ex negozio del centro deve accogliere quotidianamente centinaia di persone, divise in più turni a seconda delle varie nazionalità dei fedeli.
Anche se il mese del Ramadan è finito il 6 luglio scorso, i musulmani che si recano in quella sorta di moschea sono tanti. In alcune ore del giorno sembra di essere in qualche città del Medio Oriente e non a Pescara.
E la conferma che è un luogo di culto arriva anche da un altro iscritto Rahman Md Muhibur. «Qui si prega, questa è una moschea». In effetti, nell’ex negozio si entra togliendosi le scarpe e sul pavimento ci sono diversi tappeti per poter pregare.
Ma Ahmed Arif proveniente dal Bangladesh e da 13 anni in Italia, commerciante nei mercati, nonché secondo presidente dell’associazione «An Noor», dà una versione un po’ diversa. «Questa è un luogo di cultura e quando si prega diventa una moschea», afferma, «ogni giorno vengono qui 200-300 persone, divise in due turni, anche per pregare. Nel mese del Ramadan l’affluenza è stata ovviamente maggiore, ma non facciamo nulla di male. Forse, i residenti si sono lamentati perché hanno sentito dei rumori. Noi vogliamo vivere in pace nel rispetto delle leggi». Il presidente Mahbub, qualche giorno fa, era stato ancora più convincente. «La nostra realtà è composta da persone che lavorano sul territorio, non hanno mai avuto problemi con la giustizia», aveva precisato, «la speranza è che non vengano alimentate polemiche strumentali che possano nuocere al processo di integrazione».
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