PESCARA

Inchiesta soldi sporchi: scoperte 10 società fantasma, ecco gli affari del napoletano

Le infiltrazioni della malavita alle Terrazze, la Procura ricostruisce la rete dell’arrestato vicino ai clan. Decisivo un captatore nel cellulare: i colloqui con il contabile svelano le aziende fittizie

PESCARA. Dalle carte dell’inchiesta sul napoletano Pasquale Garofalo, arrestato venerdì scorso per autoriciclaggio, bancarotta fraudolenta e intestazione fittizia di beni e società, quale amministratore di fatto della società Floor Six, che gestisce il noto ristorante Le Terrazze Roof Garden di Pescara, emerge una galassia di società che facevano riferimento allo stesso personaggio che ha rapporti con la malavita campana e calabrese.

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A sottolinearlo è il consulente tecnico nominato dal procuratore aggiunto Anna Rita Mantini e dal sostituto Luca Sciarretta, che sono i due magistrati titolari dell’inchiesta.
Il consulente, nella sua relazione, dichiara che dalle indagini «è emersa l’esistenza di un agglomerato imprenditoriale riconducibile, di fatto, a Garofalo ed operante nel settore della ristorazione, dei trasporti e della logistica, composto da società: Floor Six, Ambrosiana Distribuzione, Ambrosiana Pronto Intervento, Mika Production, Milano Immobili, Quick, Trasport e Logistics, M&F Logistica e Trasporti, D&A Logistica e trasporti, TTL Trasporti e Logistica. Si può quindi ragionevolmente affermare», spiega il consulente, «che si è in presenza di un gruppo imprenditoriale, all’interno del quale il dominus è sicuramente Pasquale Garofalo, il quale ha peraltro messo in atto uno sfruttamento organizzato dello schermo protettivo concesso alle srl, a discapito della responsabilità patrimoniale che incombe su qualsiasi operatore commerciale». Vale a dire che con queste società milanesi e pescaresi, Garofalo movimentava ingenti capitali senza figurare in nessuna società, ma utilizzando dei prestanome. E l’inchiesta della Procura di Pescara, anche con l’ausilio dei documenti che hanno fatto parte di una precedente indagine della procura milanese che portò anche all’arresto di Garofalo, ne hanno individuati diversi e fra questi appunto Anna Paola Cavaliere, finita agli arresti domiciliari, moglie dell’imprenditore pescarese Adamo Di Natale e madre di Federico Di Natale, anche loro finiti sotto inchiesta. La Cavaliere, infatti, figurava quale amministratrice della Floor Six, anche se a gestire e decidere tutto era appunto il napoletano Garofalo.
A incastrare il principale protagonista dell’inchiesta, è stato anche il captatore informatico installato sul suo cellulare che lo ha praticamente messo a nudo, registrando tutti i suoi discorsi e tutto ciò che aveva in programma di fare. Con le sue attività illecite milanesi, Garofalo, stando almeno ai risultati della Procura lombarda, aveva realizzato un “bottino” di oltre 60 milioni di euro, ed è da questi soldi (ricordiamo che Garofalo è soggetto sconosciuto alle banche dati e al fisco) che sarebbero usciti gli 800mila euro con i quali il napoletano ha messo le mani su Le Terrazze, il locale che gestiva la famiglia Di Natale. Soldi che voleva usare anche per acquistare il Sea River (anche se il proprietario Michele Cicchini non aveva mai avuto nessun contatto diretto con il napoletano), e altre operazioni al fine di espandersi nel territorio pescarese.
Il ruolo della Cavaliere sarebbe emerso chiaramente da decine e decine di intercettazioni e captazioni ambientali: veniva pagata 500 euro al mese ed è lo stesso figlio Federico a dirlo in una lunga conversazione con Garofalo nella quale se ne dicono di ogni genere e senza mezzi termini. Altra conversazione di interesse, secondo il gip, è quella tra Garofalo e il suo contabile milanese Franco Arosio. Ed è quest’ultimo che «confida all’interlocutore che la ragione alla base dell’intestazione fittizia della società Floor Six a Cavaliere risiede nei trascorsi giudiziari del Garofalo e nei suoi legami con soggetti della criminalità organizzata, evidentemente noti ai titolari della società Esplanade (“Perché dice che io sono un mafioso”, avrebbe detto il titolare dell’hotel).
Nel corso del dialogo», aggiunge il giudice, «Garofalo ribadisce ad Arosio di aver investito nella Floor Six, per rilevare da Di Natale la gestione del ristorante, 800mila euro, rammaricandosi di non essere ancora rientrato dell’investimento fatto a causa dell’ostacolo alle operazioni bancarie costituito dal conferimento alla Cavaliere dell’incarico fittizio di amministratrice». Problemi con l’apertura di conti correnti a causa delle vicissitudini giudiziarie della famiglia Di Natale che impediscono al napoletano di prendere finanziamenti e quindi con quelli di poter rientrare dell’investimento.
Adesso il prossimo passaggio tecnico dell’inchiesta è l’interrogatorio di garanzia, da parte del gip Francesco Marino che ha firmato la misura cautelare, cui dovrà sottoporsi Garofalo.
Ma la possibilità che l’arrestato decida di rispondere alle domande del giudice appare molto remota, soprattutto vista la grossa mole di documenti che fanno parte del fascicolo.