PESCARA
«Naiadi, bancarotta da 800 mila euro»
La procura accusa l'ex gestore Di Renzo: così è stata svuotata la Progetto Sport. «Distrazioni di risorse, pluralità di società e un bar per dissipare gli utili delle piscine»
PESCARA. Si saprà il 5 dicembre prossimo se i dirigenti delle Naiadi saranno rinviati a giudizio per bancarotta e altri reati oppure se usciranno indenni da un procedimento giudiziario che ha scavato nei conti delle piscine. Nelle carte della finanza e della procura, depositate in udienza preliminare al giudice Elio Bongrazio, si parla di una presunta distrazione di circa 800mila euro; di conti gonfiati con «attività inesistenti»; di un groviglio di società satellite «riconducibile a un’unica gestione» create con l’unico obiettivo di «usufruire di vantaggi fiscali»; di una presunta truffa per l’assunzione di dipendenti in mobilità; e di un bar che sarebbe stato usato per svuotare le casse della società madre, la Progetto Sport srl. Due inchieste sulle piscine portate avanti dal Nucleo di polizia tributaria di Pescara, guidato dal comandante Michele Iadarola, sono state riunite in un unico procedimento con 4 imputati: per bancarotta fraudolenta e truffa Luciano Di Renzo, ex amministratore della Progetto Sport, la società che ha in gestione le piscine dal 2008 e che da un anno è stata ammessa al concordato preventivo; sempre per bancarotta il fratello di Di Renzo, Raffaele Di Renzo, dirigente di società legate alla Progetto Sport; bancarotta per Gianluigi Gileno, già rappresentante legale di una società riferibile a Di Renzo; Lamberto Calore, già amministratore della Progetto Sport nella fase del concordato, a causa di dichiarazioni rese proprio nella fase concorsuale. Attualmente, le redini della gestione delle Naiadi sono in mano a un nuovo amministratore, Vincenzo Serraiocco che non è coinvolto (Di Renzo e Calore sono fuori dai ruoli operativi ma pur sempre parte della compagine societaria).
In uno dei due filoni di indagine, entrambi coordinati dalla pm Silvia Santoro, si parla di soldi spariti e del fallimento della Simply Life srl (società collegata alla Progetto Sport): secondo l’accusa, Di Renzo avrebbe provocato «con dolo» il fallimento della Simply Life «arrecando in molteplici casi un illecito profitto alla Progetto Sport o alla sua stessa persona». A Di Renzo è contestato di aver distratto 107 mila euro «destinandoli in favore di se stesso» e poi altri 285 mila «non consegnando alcuna risorsa liquida al curatore». Sotto accusa anche movimenti di beni per altri 400 mila euro circa.
Nelle carte si racconta anche la storia del bar delle Naiadi che, per gli inquirenti, sarebbe stato usato per «dissipare» l’attivo della Progetto Sport: il bar, rivelano gli atti d’indagine, è stato dato in gestione a una società, La Paperotta, amministrata dal fratello di Di Renzo e di proprietà al 90% dello stesso Luciano Di Renzo «per un irrilevante canone mensile di 500 euro» a fronte di un fatturato di 814 mila euro dal 2011 al 2013. Nell’inchiesta si parla anche di crediti vantati dalla Progetto Sport nei confronti della Regione: somme per quasi 900 mila euro che, per finanza e procura, sarebbero state determinanti per ottenere il concordato ma che sarebbero state conteggiate «senza che sussistessero i presupposti sostanziali e formali per tale attribuzione».
Tra i reati contestati a Luciano Di Renzo c’è anche una presunta truffa legata alle assunzioni dei dipendenti in mobilità ma solo «fittiziamente»: Di Renzo avrebbe costituito «una pluralità» di società e associazioni «formalmente titolari di distinte funzioni alle Naiadi ma di fatto riconducibili a un’unica gestione e direzione, in tal modo precostituendosi i requisiti per usufruire di incentivi e vantaggi fiscali». I lavoratori sarebbero così transitati da un soggetto all’altro.