Pescara, Camplone: «Fate ripartire Guerino. Così danneggia la città»
L'appello dell'ultimo titolare del locale un tempo riferimento dei vip e ora luogo di bivacchi notturni
PESCARA. «Sono addoloratissimo, mai avrei ceduto la mia creatura. Dopo la morte di mio fratello Dino, ho tirato avanti finché ho potuto, ma gli impegni erano gravosi. Da solo, con mia moglie Isa, non ce la facevo, ho dovuto vendere». Sanguina, il cuore di Enzo Camplone, 80 anni, l'ultimo titolare dello storico ristorante Guerino chiuso da ben 13 anni.
Un ecomostro transennato, che giace su 889 metri di superficie "rubati" al vicino lido Aurora, abbandonato al totale degrado dentro e fuori la struttura . Uno scheletro di cemento che si trova sul lungomare Matteotti a pochi metri dalla nave di Cascella e a due passi dal salotto buono.
Un pessimo biglietto da visita per i turisti, che fa indignare cittadini e imprenditori del mare. I quali si chiedono se il Comune si faccia pagare ancora la concessione demaniale malgrado lo stabilimento, ceduto nel 2004 dalla famiglia Camplone all'imprenditore Gianni Paglione, sia solo un rudere in pieno centro. E auspicano la ripresa di una qualunque attività all'interno di quelle mura, che ospitano i bivacchi dei disperati, perché significherebbe far ripartire un indotto commerciale che farebbe bene anche a tutte le strutture ricettive circostanti.
Sono gli stessi balneatori a dirlo: «Io passo metà della mia giornata a giustificare la chiusura di questo cadavere in pieno centro, di cui nessuno sa nulla e di cui gli amministratori si disinteressano vergognosamente», attacca Vincenzo Petrucci, titolare del vicino lido Panta Rei-, «quando Guerino era aperto, qui c'era un passaggio di almeno cinquemila persone a sera, erano altri tempi certo, ma ora se ne passano 60 è già tanto. Se riaccendessero solo le luci, io incasserei il 50 per cento in più perché la zona si risveglierebbe. Un tempo era un ristorante elegante, oggi è luogo di bivacchi notturni». Luigi Di Marco, titolare di Aurora-il mare in centro, mostra le carte in cui è scritto che il ristorante Guerino è adagiato su ben «889 metri della nostra concessione». E ricorda gli anni d'oro dello stabilimento, quando «Gigi Proietti, che veniva da noi in spiaggia dopo gli spettacoli al Flaiano, scavalcava un muretto per entrare a Guerino. Un giorno, Enzo Camplone lo rimbrottò: qui non si entra senza camicia. Ha ceduto a malincuore, Enzo ci teneva tantissimo a questo locale, era la sua vita», conclude Di Marco che ricorda gli arrivi di Ernesto Calindri, Luigi Veronelli e signora, Paola Pitagora. Molti vip alloggiavano al vicino Esplanade. Giovanni Colangelo, ex impiegato dell'hotel di piazza Primo Maggio e Alfredo Di Tillio, addetto alla reception, ricordano quando «turisti da tutta Italia arrivavano a Pescara e ci chiedevano dove si trovasse il ristorante Guerino per degustare il famoso brodetto e gli scampi con la salsa rosa serviti in una coppetta champagne. Quando uscivano dal ristorante, erano soddisfatti di palato, un po’ meno del conto salato. Ma così come è ridotta, questa struttura, danneggia la città». Vincenza D'Alessandro, 80 anni, decana dei balneatori, madre del pizzaiolo Riccardo Ciferni, ricorda: «Sono andata due volte a mangiare a Guerino con la mia famiglia. Si mangiava divinamente e ci si vestiva con eleganza. Ma più di due volte non ce lo siamo potuti permettere, all'epoca vendevamo le pizzette a 50 lire al pezzo e ce ne volevano di pizzette per pagare il conto del ristorante», scherza. I turisti affollavano in ghingheri le sale di Guerino, i vip tornavano sempre quando "scendevano" a Pescara. Tra i tanti, l'indimenticato Giorgio Albertazzi. Fernando Nucci, oggi sommelier al caffè Venezia di Pasquale Granatiero, negli anni Ottanta era un giovane maitre di sala. «Che tempi», ricorda, «ho rivisto Albertazzi al Caffè Venezia, viaggiava sempre insieme a bellissime donne. Gli chiesi: maestro, per lei i soliti fichi ghiacciati? A Guerino li mangiava sempre. Calindri, invece, si affrettò a cambiare la sua foto con dedica sul muro. Non gli piaceva e la sostituì con un'altra. Il presidente Sandro Pertini, quando inaugurò la Sevel nel 1981, venne a Pescara da Guerino. Mangiò di tutto, spigola e gamberetti bolliti e bevve birra Tuborg, acqua Evian e grappa Nardini con una zolletta di zucchero miscelata. Poi corse a salutare i bambini che affollavano un evento della tenda Expò. Il prefetto dell'epoca gli chiese se desiderava riposare e il presidente rispose: io non riposo mai. Alla cena in prefettura mi chiamò e mi disse: riccio, così mi chiamava per via dei miei capelli, portami il pecorino di Atri che ho mangiato a Guerino».