Primarie, Renzi stravince e si riprende il Pd
L'ex premier torna leader con il 71% delle preferenze (65% in Abruzzo) contro il 21% di Orlando e l'8% di Emiliano: «Questa non è una rivincita, è un nuovo inizio»
ROMA. Matteo Renzi torna leader del Pd, rilegittimato dopo la pesante sconfitta al referendum e le dimissioni da premier. Quasi 2 milioni di elettori, smentendo le previsioni fosche della vigilia, hanno votato alle primarie e, secondo i dati, il 71% ha scelto il bis dell'ex segretario rispetto ai rivali Andrea Orlando, al 21%, e Michele Emiliano all'%. Una sfida dall'esito scontato, secondo molti, ma che i renziani festeggiano come la ripartenza in vista delle elezioni politiche. «Una responsabilità straordinaria», ringrazia l'ex premier, aggiungendo: «Avanti, insieme».
Renzi esce poco prima delle 11 di sera sulla terrazza del Nazareno dove è stato allestito il palco per festeggiare il trionfo. «Ha vinto il Pd che non si è vergognato delle cose fatte», sono le parole con cui rivendica la sua leadership interrotta dalla sconfitta al referendum. Poi rassicura gli avversari interni: «Questo non è un partito personale. Non è una rivincita, è un nuovo inizio, una nuova partita che dobbiamo vincere, sapendo che non siamo riusciti a portare la gente dalla nostra parte».
La scissione di Bersani e D'Alema, consumatasi dopo il 4 dicembre, aveva fatto temere un crollo dei votanti ai gazebo rispetto ai 2,8 milioni delle precedenti primarie. Ed invece, soprattutto nelle città, il calo è stato contenuto e in alcuni momenti si sono create file ai seggi che hanno allungato l'orario di chiusura.
Così come non sono mancate denunce e accuse incrociate tra le mozioni rivali: annullati i voti di Nardò, Gela e Cariati mentre a Napoli, dove il deputato renziano Ernesto Carbone era stato mandato come ’osservatore’ in Campania, pare evitato il caos brogli del passato. «Smentito chi aveva già fatto il funerale delle primarie», commenta il vicesegretario Lorenzo Guerini ribattendo a Beppe Grillo ma avvisando anche chi, dentro il Pd, considera i gazebo uno strumento superato. C'è, invece, ancora chi crede nella scelta del leader attraverso le primarie: nel savonese ha addirittura votato una nonna di 102 anni. E sembrano crederci ancora anche i leader del passato: Walter Veltroni ha votato nel circolo Berlinguer a Buenos Aires, Enrico Letta, che ha votato per Orlando, a Parigi. E Romano Prodi, facendo la sua scelta a Bologna e ricordando che alle sue primarie in 3,7 milioni andarono ai gazebo, ha auspicato che «la partecipazione non sia solo il giorno delle primarie, impegno per il dopo». E in coda per votare si è messo anche il premier Paolo Gentiloni che ha votato a Roma prima di partire per una missione in Kuwait, salvo poi congratularsi in serata con il suo predecessore per vittoria. Ma le primarie non risolvono tutti i problemi del Pd, a partire dall'unità del partito. Solo Matteo Renzi, dopo aver votato in mattinata a Pontassieve insieme alla moglie e alla figlia, ha raggiunto in serata il Nazareno, dove ha festeggiato con i sostenitori della sua mozione. Orlando è rimasto nel suo comitato a Roma ed Emiliano ha preferito restare nella sua Bari. Entrambi escludono nuove scissioni ma le distanze con il vincitore sono profonde, a partire dalle alleanze del Pd in vista delle prossime elezioni. «Chi ha vinto da domani deve essere il segretario di tutto il Pd», chiede Gianni Cuperlo riconoscendo il risultato. Gli sfidanti di Renzi si preparano ora a dare battaglia dentro il partito sia nella linea politica sia nella definizione della legge elettorale. «Noi saremo sempre leali ma non obbedienti», chiarisce Francesco Boccia. E farà discutere il nodo delle alleanze. «L'intesa con Berlusconi non esiste», taglia corto Matteo Richetti alla vigilia dello sprint che il neosegretario si prepara a fare. Ma per molti legge elettorale fa rima con elezioni politiche. Fuori e dentro il Pd sospettano che ora Renzi, davanti ad una vittoria così schiacciante, metterà il piede sull'acceleratore della legislatura, magari dopo aver fatto piccoli ritocchi per rendere omogenee la legge elettorale. Uno show down ai danni di Paolo Gentiloni che sia Dario Franceschini sia Maurizio Martina, in ticket con Renzi al congresso, escludono.
«Siamo protagonisti di questo sforzo di governo», assicura Martina - e con lui Franceschini - facendo però capire che il Pd vuole avere voce in capitolo nelle scelte di governo, dal crac Alitalia alla manovra di ottobre. Ma a prescindere da quando si voterà il neoleader ha già scelto il suo principale avversario: Beppe Grillo che oggi ha accusato il Pd di «una visione anti-storica, rivolta al passato» esaltando la democrazia dei gazebo su quella dei clic. Ma è soprattutto sui social che da domani Renzi intende ripartire.