Rapina alla Bcc di Elice: «Ho assaltato la banca per pagarmi le cure»
Il pasticcere di 53 anni arrestato dai carabinieri ammette le proprie responsabilità: Ero disoccupato e con gravi problemi di salute
PESCARA. È vero, è lui il rapinatore che ha messo a segno il colpo alla Banca di Credito Cooperativo di Castiglione Messer Raimondo di Elice, il pomeriggio del 31 agosto. Ha portato via 25mila euro da quell’istituto di credito ma lo ha fatto per necessità. Perché all’epoca dei fatti era disoccupato e perché, avendo gravi problemi di salute, sostiene spese consistenti per curarsi. E i duecento euro che percepisce ogni per mese per l’invalidità non gli sono sufficienti per vivere.
È questa la versione fornita ieri da Antonio Tombion, 53 anni, pasticcere, arrestato nei giorni scorsi dai carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo perché ritenuto responsabile della rapina alla Bcc di Elice fruttata 25mila euro. Con lui è stata arrestata anche la figlia, Roberta, 32enne, che quel giorno avrebbe guidato la Renault Kangoo bianca usata per raggiungere la banca e per la fuga.
Ieri mattina i due sono stati interrogati dal giudice Elio Bongrazio, che ha disposto l’arresto (richiesto dal sostituto procuratore Rosangela Di Stefano) e Antonio Tombion, assistito dagli avvocati Italo Colaneri e Goffredo Tatozzi, ha ammesso le proprie responsabilità per la rapina del 31 agosto, che ha commesso armato di pistola e con il volto coperto da un paio di occhiali scuri, una calza di nylon e un cappello con visiera con la scritta “Raffo”, che poi ha perso nella fuga. È stato quel cappello, recuperato dai carabinieri durante un sopralluogo, a consentire una svolta alle indagini. Gli uomini dell’Arma, coordinati dal maggiore Massimiliano Di Pietro, avevano già ristretto il cerchio dei possibili responsabili della rapina, dopo aver analizzato le immagini delle telecamere della banca che hanno ripreso l’assalto. I sospetti si erano concentrati su alcune persone, volti già noti alle forze dell’ordine. Ma l’esame del Dna estratto dal cappello, eseguito dagli uomini del Ris di Roma, ha confermato i sospetti degli investigatori perché quel Dna coincide con quello di Tombion, il cui nome è presente nella banca dai a disposizione dell’Arma.
Ieri, di fronte del giudice, l’uomo ha scelto la strada dedell’ammissione, almeno per quanto riguarda la sua persona. «Ha agito per necessità», spiega uno degli avvocati che si occupano della sua difesa, Colaneri. Quando è avvenuta la rapina il pasticcere era disoccupato e non aveva soldi a sufficienza per mantenersi, tanto più che è malato e deve curarsi. Nel corso dell’interrogatorio l’uomo sarebbe andato anche oltre, ammettendo di aver commesso un’altra rapina. Sul suo conto, infatti, sono in corso accertamenti dei carabinieri che stanno indagando su altri colpi nella zona, riconducibili a un rapinatore solitario. Alla luce dell’interrogatorio i due legali hanno chiesto i domiciliari per Tombion, che al momento si trova in carcere. È stata collaborativa e ha ammesso le proprie responsabilità anche la figlia del 53enne, Roberta, che si trova ai domiciliari. Quel giorno guidava la Renault Kangoo con cui i due sono arrivati a Elice e poi sono fuggiti con il bottino. Ieri era assistita dall’avvocato Carlo Ciattoni.
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