Rigopiano: «C’è bisogno della turbina, fate presto». Il caos prima della tragedia
Nelle intercettazioni del 18 gennaio l’affanno di tecnici e politici travolti dalle richieste di aiuto
PESCARA. La conta di uomini e mezzi rispetto all’allarme meteo della settimana successiva, la fanno il lunedì 9 gennaio il dirigente della Protezione civile per la Regione, Silvio Liberatore, e il dirigente del servizio viabilità della Provincia di Pescara Paolo D’Incecco, intercettati per altre vicende dalla squadra Mobile di Pescara.
Liberatore: «Scusami, ma io ho il presidente D’Alfonso... allora mi chiedeva dei numeri... perché sta andando penso dal presidente del consiglio... tu più o meno hai idea di quanto ... sale... di quanti mezzi... quanti impegni... avete fatto come provincia di Pescara?». D’Incecco: «Sono in arrivo altre 220 tonnellate... e abbiamo impegnato circa 28 mezzi privati più sei nostri... Sei nostri di cui tre, sono tre turbine». Liberatore: «Oh, naturalmente diciamo una cinquantina di persone, al lavoro, o no?». D’Incecco: «Eh, secondo me anche di più». Liberatore: «Metto 70... 70?». D’Incecco: «Tra 60/70 persone». È così che viene presentata, sulla carta, la macchina perfetta messa in piedi dalla Provincia per gestire sulle strade l’emergenza maltempo prevista tra il 17 e 18 gennaio.
L'appunto di Mauro Di Blasio sulla situazione neve del 18 gennaio
Una macchina che quando l’emergenza arriva davvero, perde pezzi sin da subito e si sfalda di ora in ora fino all’epilogo più terribile. Il crollo dell’hotel Rigopiano, alle 16,49 del 18 gennaio, dopo che dalla mattina presto dall’hotel, come da tutta la provincia, arrivavano continue richieste perché andassero a liberare le strade. Insistenze e sollecitazioni da tutte le parti, tanto che non solo D’Incecco sbotta alle 9 con la frase «quello dell’albergo non rompesse...», ma mezz’ora prima anche il geometra Mauro Di Blasio, al telefono con lo stesso D’Incecco sulle priorità da gestire dice: «Abbiamo telefonato all’hotel Rigopiano, anche lì ci sta ancora traffico e non prende la corrente. Gli abbiamo detto di darsi una calmata che per il momento dobbiamo prima liberare Farindola, e dopo possiamo pensare a lui». Ma dopo neanche mezz’ora scoppia il caso turbine e anche Farindola deve aspettare. Anzi non è proprio una priorità, come raccontano gli appunti sequestrati a Di Blasio (vedi sopra) dai carabinieri forestali che hanno ricostruito tutto l’operato della Provincia.
(Sul giornale oggi in edicola altri dettagli sulle intercettazioni)
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