«Vaccinarsi vuol dire tutelare gli alunni che non hanno difese»
L’infettivologo Parruti dell’ospedale di Pescara spiega come la scienza ha fugato dubbi e sospetti «Chi è protetto ha una capacità immunitaria infinitamente più potente di chi invece non lo è»
PESCARA . Giustino Parrutti dirige l'Unità operativa di Malattie infettive dell'ospedale Spirito Santo di Pescara. A lui il Centro, ha posto quattro domande essenziali sui vantaggi e i rischi della vaccinazione. E l'esperto ha risposto basandosi su dati scientifici.
Dottor Parruti, perché bisogna vaccinarsi, quali sono i vantaggi?
«Bisogna vaccinarsi perché l’esposizione programmata ai vaccini determina, nel caso di incontro, una capacità di risposta nei confronti dell’infezione reale dal germe nativo infinitamente più potente dello sviluppo di un’immunità naturale derivante direttamente dall’esposizione all’agente nativo. Questa è una verità scientifica. Quindi chi incontra un pezzo selezionato di un batterio (il vaccino, ndr), predisposto per lui perché produca degli anticorpi e delle cellule contro quel pezzo, che è cruciale per difendersi dalle complicanze di quel batterio, quando poi incontra il batterio in persona matura una sua risposta che è infinitamente più efficiente. Le conseguenze pratiche sono che le malattie per le quali si è vaccinati, quando eventualmente contratte in modo naturale, non si complicano praticamente mai».
Esistono rischi per chi si sottopone alla vaccinazione?
«Le controindicazioni sono legate alla possibile incapacità degli ospiti immunodepressi di sviluppare un’immunità contro i virus attenuati. In questo caso bisogna stare attenti a non somministrare la vaccinazione a quel 2-3 per cento della popolazione che, non avendo buone difese, potrebbe fare fatica a controllare anche il virus attenuato. Ma proprio per questo serve la vaccinazione ad ampia copertura. Perché se tutte le persone suscettibili di essere vaccinate senza complicazioni lo fanno, dopo attenta valutazione medica, quel 2-3 per cento che non deve essere vaccinato gode di un’immunità di gregge».
In quale età è consigliabile vaccinarsi?
«Nell’età infantile il vantaggio è duplice. Da una parte la copertura inizia prima che il bambino possa incontrare temibili patogeni come, per esempio, lo pneumococco e il meningococco, che colpiscono proprio nell’età pediatrica. Una seconda cosa, ancora più importante, è che per ovvi motivi biologici l’immunità adattiva dell’individuo è infinitamente più capace di rispondere in modo versatile e completo agli antigeni presentati durante i primi anni di vita».
Come risponde a chi dice che non bisogna vaccinarsi?
«Le verità scientifiche crescono lentamente in tutti i settori. E’ così anche in quello vaccinale. Ci sono stati per anni fondati sospetti che le vaccinazioni potessero associarsi a dei problemi, ma poi le risposte sono venute. Nel caso del morbillo per esempio è stata completamente esclusa l’esistenza di associazioni con l’autismo. Ormai è una verità scientifica. Per l’epatite B sembrava che la vaccinazione potesse aumentare la sclerosi multipla, ma è stata definitivamente confermato che non è così. Potrei fare mille esempi ma il concetto è questo: la resistenza nasce dal sospetto che ci possano essere degli effetti collaterali. Quello che io sottolineo sono toni di grigio che diventano sempre più chiari. Certo è che in Italia negli ultimi 50 anni ci sono stati almeno due milioni e mezzo di morti prevenuti dalle vaccinazioni a fronte di 634 casi documentati di eventi avversi». (l.c.-a.s.)
Dottor Parruti, perché bisogna vaccinarsi, quali sono i vantaggi?
«Bisogna vaccinarsi perché l’esposizione programmata ai vaccini determina, nel caso di incontro, una capacità di risposta nei confronti dell’infezione reale dal germe nativo infinitamente più potente dello sviluppo di un’immunità naturale derivante direttamente dall’esposizione all’agente nativo. Questa è una verità scientifica. Quindi chi incontra un pezzo selezionato di un batterio (il vaccino, ndr), predisposto per lui perché produca degli anticorpi e delle cellule contro quel pezzo, che è cruciale per difendersi dalle complicanze di quel batterio, quando poi incontra il batterio in persona matura una sua risposta che è infinitamente più efficiente. Le conseguenze pratiche sono che le malattie per le quali si è vaccinati, quando eventualmente contratte in modo naturale, non si complicano praticamente mai».
Esistono rischi per chi si sottopone alla vaccinazione?
«Le controindicazioni sono legate alla possibile incapacità degli ospiti immunodepressi di sviluppare un’immunità contro i virus attenuati. In questo caso bisogna stare attenti a non somministrare la vaccinazione a quel 2-3 per cento della popolazione che, non avendo buone difese, potrebbe fare fatica a controllare anche il virus attenuato. Ma proprio per questo serve la vaccinazione ad ampia copertura. Perché se tutte le persone suscettibili di essere vaccinate senza complicazioni lo fanno, dopo attenta valutazione medica, quel 2-3 per cento che non deve essere vaccinato gode di un’immunità di gregge».
In quale età è consigliabile vaccinarsi?
«Nell’età infantile il vantaggio è duplice. Da una parte la copertura inizia prima che il bambino possa incontrare temibili patogeni come, per esempio, lo pneumococco e il meningococco, che colpiscono proprio nell’età pediatrica. Una seconda cosa, ancora più importante, è che per ovvi motivi biologici l’immunità adattiva dell’individuo è infinitamente più capace di rispondere in modo versatile e completo agli antigeni presentati durante i primi anni di vita».
Come risponde a chi dice che non bisogna vaccinarsi?
«Le verità scientifiche crescono lentamente in tutti i settori. E’ così anche in quello vaccinale. Ci sono stati per anni fondati sospetti che le vaccinazioni potessero associarsi a dei problemi, ma poi le risposte sono venute. Nel caso del morbillo per esempio è stata completamente esclusa l’esistenza di associazioni con l’autismo. Ormai è una verità scientifica. Per l’epatite B sembrava che la vaccinazione potesse aumentare la sclerosi multipla, ma è stata definitivamente confermato che non è così. Potrei fare mille esempi ma il concetto è questo: la resistenza nasce dal sospetto che ci possano essere degli effetti collaterali. Quello che io sottolineo sono toni di grigio che diventano sempre più chiari. Certo è che in Italia negli ultimi 50 anni ci sono stati almeno due milioni e mezzo di morti prevenuti dalle vaccinazioni a fronte di 634 casi documentati di eventi avversi». (l.c.-a.s.)