Giro d'Italia, sul Blockhaus nacque il mito di Eddy Merckx
Nel 1967 il primo arrivo sulle pendici della Majella: un allungo imperioso all’ultimo chilometro sorprende tutti e dà il via alla leggenda del Cannibale
Era il 1967, il 31 maggio del 1967. Un mercoledì. Il presidente del consiglio era il compianto Aldo Moro e quello della Repubblica Giuseppe Saragat. Scudetto del calcio alla Juventus, abile ad approfittare del crollo dell’Inter, a Mantova, appena reduce dalla finale di coppa dei campioni contro il Celtic a Lisbona. Dei social nemmeno l’ombra, men che meno di Internet. Cinquanta anni fa, un altro mondo.
Un altro ciclismo in cui Eddy Merckx era un giovane promettente. Il belga aveva 21 anni e la leggenda del Cannibale nacque proprio in Abruzzo, sul Blockhaus, dove il Giro d’Italia arrivò per la prima volta. La dodicesima tappa era proprio la Caserta-Blockhaus, 220 km. Una salita che ha fatto la storia del ciclismo, decretando la prima vittoria di Eddy Merckx sulle strade del Giro d’Italia.
Quel 31 maggio la carovana rosa scala il Macerone, passando per Rionero Sannitico e Roccaraso, prima di affrontare questo nuovo spauracchio sconosciuto alla maggior parte degli atleti e degli addetti ai lavori. Non a Vito Taccone, avezzanese e beniamino dei tifosi abruzzesi, tra i più temuti in gruppo quando la strada inizia a salire. Alla partenza in maglia rosa c’è lo spagnolo José Perez, ma i vari Anquetil, Motta, Gimondi, Adorni, Zilioli e compagnia bella sono pronti a combattere per sfilargliela o quantomeno per conquistare la prestigiosa frazione. Dopo i primi chilometri di studio, percorsi più che altro con la premura da parte dei corridori di non stancarsi troppo in vista della salita finale, è proprio Vito Taccone ad aprire le danze. Il Camoscio d’Abruzzo non è più quello che tre anni prima era riuscito a vincere cinque tappe al Giro, ma vuole onorare la gara che si corre nella sua terra e tutti i tifosi accorsi sulle strade per sostenerlo. Tanta gente per Vito che, fedele al suo animo sanguigno, si lancia in fuga solitaria tra le urla di incitamento dei suoi conterranei.
La fuga di Taccone, però, termina a circa 13 chilometri dal traguardo, sotto l’impulso dei corridori più forti che, nel frattempo, continuano a studiarsi fin quasi all’arrivo, senza attaccarsi e senza fare selezione. Una corsa molto tattica. Ai 2000 metri dallo striscione d’arrivo Schiavon e Zilioli rompono gli indugi scattando verso la vittoria, ma dopo poco, tra lo stupore generale, esce dal gruppo l’uomo meno atteso.
È Eddy Merckx, che aveva già vinto due Milano-Sanremo e ottenuto piazzamenti importanti, ma che era considerato un velocista, tutt’al più un uomo da corse di un giorno, e non si pensava che potesse battersi in salita con i favoriti. Merckx, invece, scatta intorno all’ultimo chilometro e nessuno ha la forza di rispondere, è un’azione prepotente e decisa. Arriva al traguardo con il vento gelido in faccia, mettendosi tutti alle spalle. Vince con 10” su Zilioli e sulla maglia rosa Perez, conquistando così la sua prima vittoria al Giro d’Italia che, alla fine, lo vedrà solo nono al traguardo finale - successo appannaggio di Felice Gimondi - a causa di una bronchite che ne ha fiaccato il rendimento, ma che dimostrerà a tutti che, sì, quel giovane belga della Peugeot può far bene anche nelle corse a tappe. Da lì, da quella montagna è nata la leggenda del Cannibale. Che in quell’anno si aggiudica anche il titolo mondiale, a Heerlen nei Paesi Bassi.
Ci saranno altri vincitori su questa salita negli anni successivi che ne accresceranno la reputazione: Franco Bitossi nel 1968, Jose Manuel Fuente nel 1972, Moreno Argentin nel 1984, Ivan Basso nel 2006 e Franco Pellizzotti nel 2009. Oggi sarà grande battaglia su quelle strade, ma il battesimo del 1967 è stato di quelli che lasciano il segno nella storia del ciclismo, è stato il battesimo del Blockhaus e quello di Eddy Merckx al Giro d’Italia.