la sentenza
Interventi estetici non autorizzati, condannato ex primario a Teramo
Undici mesi per abuso all’ex primario di chirurgia di Sant’Omero accusato di aver rifatto seni nella struttura pubblica
TERAMO. Sei anni per arrivare ad una sentenza di condanna di primo grado. Michelangelo Milani, ex primario di chirurgia dell’ospedale di Sant’Omero, ieri pomeriggio è stato condannato a undici mesi per abuso d’ufficio (pena sospesa) al termine del processo in cui era accusato di aver svolto nella struttura pubblica interventi di chirurgia estetica non autorizzati e non coperti dal servizio sanitario nazionale. Il tribunale (collegio presieduto da Flavio Conciatori, a latere Lorenzo Prudenzano e Enrico Pompei) lo ha condannato per alcuni degli interventi incriminati, ha disposto il non doversi procedere per intervenuta prescrizione per altri casi e lo ha assolto per un caso perchè il fatto non sussiste. I giudici, inoltre, hanno disposto anche il risarcimento a favore della Asl costituitasi parte civile (rappresentata dall’avvocato Lino Nisii).
La vicenda risale ad ottobre del 2010 quando il nome di Milani (assistita dell’avvocato Amedeo Ciuffetelli) finì nel registro degli indagati nell’ambito di una inchiesta del pm Bruno Auriemma delegata ai carabinieri di Sant’Egidio. Secondo l'accusa l’ex primario avrebbe effettuato, facendo indebitamente uso della struttura sanitaria pubblica e dei suoi operatori, interventi di mastoplastica, ma anche di blefaroplastica (intervento con cui si ricostruiscono le palpebre), addominoplastica e modellamento: ovvero, interventi di chirurgia estetica non previsti nei Lea, i livelli essenziali di assistenza sanitaria. In sei anni ci sono state varie udienze preliminari, due ordinanze per riqualificare il reato e una prima istruttoria davanti al giudice monocratico per truffa ma al termine della quale lo stesso giudice ha riformulato il capo d’imputazione in abuso d’ufficio rinviando gli atti al collegio competente per questo tipo di reato.
Inizialmente la procura aveva accusato il medico di abuso d'ufficio e peculato, ma al termine dell’udienza preliminare nel corso della quale il professionista aveva scelto il rito alternativo dell’abbreviato, il gup Giovanni de Rensis aveva firmato un’ordinanza con la quale aveva rinviato gli atti al pubblico ministero, sostenendo che il reato commesso dal chirurgo fosse quello di truffa aggravata e continuata e chiedendo quindi una riformulazione del capo d’imputazione. Un’ordinanza, quella del gup, contro cui la difesa di Milani aveva fatto ricorso in Cassazione.(d.p.)
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