Teramo, metà delle scuole in città a forte rischio sismico
Diffusi i dati di vulnerabilità, alcuni edifici non potranno riaprire a settembre a causa del basso grado di resistenza sismica
TERAMO. Quasi la metà delle scuole comunali attualmente in uso ha un basso grado di resistenza sismica. È il responso che arriva dal calcolo degli indici di vulnerabilità presentati ieri dal sindaco Maurizio Brucchi e dall’assessore alla pubblica istruzione Caterina Provvisiero. «Dati di programmazione» li definisce il primo cittadino, richiamando la normativa di riferimento per non creare allarmismi e disinnescare tentativi di strumentalizzazione, ma che di fatto mostrano un quadro per nulla tranquillizzante.
LE PEGGIORI. Tolte i cinque edifici classificati come E, che non ospiteranno più studenti o da sottoporre a corposi interventi di adeguamento, dei restanti 28 indicizzati con il supporto tecnico dell’ordine provinciale degli ingegneri, 13 hanno un grado di resistenza inferiore a 0.4 nella scala di valori che fissa a 1 il livello massimo di sicurezza. I dati più preoccupanti riguardano le elementari De Jacobis e San Giorgio che non arrivano a 0.1. Poco sopra questo dato, quindi entro il limite anch’esso tutt’altro che rassicurante di 0.2, ci sono le scuole di Piano della Lenta, San Berardo, Fornaci Cona e la Molinari che, dopo le scosse di fine ottobre è diventato polo di riferimento per gli studenti di San Giuseppe e Savini. Sotto lo 0.3 si attestano la media Giovanni XXIII e l’elementare nella zona Peep di San Nicolò, non ché la media di Villa Vomano e i nidi di Colleatterrato e via Brigiotti. Quelli di Piano Solare e Gammarana, invece, si collocano entro la fascia di resistenza fino a 0.4. Da qui in poi gli indici iniziano a salire dando maggiori garanzie di tenuta.
LE MIGLIORI. Sono sette le scuole per le quali è stato calcolato un indice vicino o superiore allo 0.6. Il più sicuro in assoluto è il Micronido, struttura a pianterreno collocata nel parco fluviale del Vezzola e per tanto quasi inattaccabile con il suo 0.953. Seguono la Zippilli con lo 0.83, dato già noto prima delle recenti verifiche affidate agli ingegneri e la scuola di Villa Mosca a 0.66. Manca un solo indice: quello della Michelessi che, per il protrarsi dei calcoli non è stato ancora riconsegnato al C omune.
CEMENTO VECCHIO. I controlli hanno fatto emergere anche situazioni paradossali che spiegano il perché di indici bassi riferiti a strutture come ad esempio la Molinari. In alcuni casi gli edifici in cemento armato, infatti, hanno fatto registrare una resistenza inferiore a quelli in muratura risalenti a periodi precedenti e in apparenza peggio messi. A spiegare il paradosso è il capo dell’ufficio tecnico del Comune Remo Bernardi. «Il cemento armato di prima generazione risulta più vulnerabile», sottolinea, «in quanto si tratta di materiale che all’epoca veniva realizzato in modo artigianale e dunque presenta criticità fisiologiche». In quest’ultima categoria vanno annoverate anche tecniche di costruzione applicate agli anni ’60 e ’70 non conformi a criteri antisismici, e che dunque hanno abbassato gli indici di alcune scuole realizzate in quel periodo. Bernardi, però, fa riferimento a criteri molto rigidi imposti dalle norme nel calcolo del grado di resistenza dai quali derivano i valori preoccupanti per le scuole cittadine.
LE PROSPETTIVE. Secondo il dirigente un paio di scuole possono avere dati migliori rispetto a quelli registrati tramite interventi su singoli elementi strutturali che complessivamente costeranno non più di 200mila euro. Si tratta delle scuole di Piano della Lenta (0.15) e della zona Peep di San Nicolò (0.27). Per tutti gli edifici sono stati commissionati ulteriori calcoli, basati sull’accelerazione della scossa del 30 ottobre registrata in città, dai quali risulterebbero indici migliori.
RISCHIO CHIUSURE. Il destino delle scuole con gradi di resistenza più bassi resta comunque appeso a un filo. Per loro si prospetta la chiusura con la conseguente necessità di trovare una collocazione alternativa agli studenti. Se ne parlerà già a partire dalle prossime ore negli incontri messi in calendario dal sindaco. Lunedì si riunirà la commissione urbanistica e il giorno dopo Brucchi incontrerà i comitati dei genitori. Nel frattempo, i dati sono stati comunicati ai dirigenti scolastici e nella mattinata di ieri anche ai consiglieri di maggioranza. «Per il momento non possiamo dire quali scuole chiuderemo», osserva Brucchi, «serve una riflessione ampia nella quale coinvolgeremo forse anche il consiglio comunale». Per la Provvisiero «l’obiettivo resta la sicurezza dei ragazzi: quello di oggi è il primo passo, non la fine».
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LE PEGGIORI. Tolte i cinque edifici classificati come E, che non ospiteranno più studenti o da sottoporre a corposi interventi di adeguamento, dei restanti 28 indicizzati con il supporto tecnico dell’ordine provinciale degli ingegneri, 13 hanno un grado di resistenza inferiore a 0.4 nella scala di valori che fissa a 1 il livello massimo di sicurezza. I dati più preoccupanti riguardano le elementari De Jacobis e San Giorgio che non arrivano a 0.1. Poco sopra questo dato, quindi entro il limite anch’esso tutt’altro che rassicurante di 0.2, ci sono le scuole di Piano della Lenta, San Berardo, Fornaci Cona e la Molinari che, dopo le scosse di fine ottobre è diventato polo di riferimento per gli studenti di San Giuseppe e Savini. Sotto lo 0.3 si attestano la media Giovanni XXIII e l’elementare nella zona Peep di San Nicolò, non ché la media di Villa Vomano e i nidi di Colleatterrato e via Brigiotti. Quelli di Piano Solare e Gammarana, invece, si collocano entro la fascia di resistenza fino a 0.4. Da qui in poi gli indici iniziano a salire dando maggiori garanzie di tenuta.
LE MIGLIORI. Sono sette le scuole per le quali è stato calcolato un indice vicino o superiore allo 0.6. Il più sicuro in assoluto è il Micronido, struttura a pianterreno collocata nel parco fluviale del Vezzola e per tanto quasi inattaccabile con il suo 0.953. Seguono la Zippilli con lo 0.83, dato già noto prima delle recenti verifiche affidate agli ingegneri e la scuola di Villa Mosca a 0.66. Manca un solo indice: quello della Michelessi che, per il protrarsi dei calcoli non è stato ancora riconsegnato al C omune.
CEMENTO VECCHIO. I controlli hanno fatto emergere anche situazioni paradossali che spiegano il perché di indici bassi riferiti a strutture come ad esempio la Molinari. In alcuni casi gli edifici in cemento armato, infatti, hanno fatto registrare una resistenza inferiore a quelli in muratura risalenti a periodi precedenti e in apparenza peggio messi. A spiegare il paradosso è il capo dell’ufficio tecnico del Comune Remo Bernardi. «Il cemento armato di prima generazione risulta più vulnerabile», sottolinea, «in quanto si tratta di materiale che all’epoca veniva realizzato in modo artigianale e dunque presenta criticità fisiologiche». In quest’ultima categoria vanno annoverate anche tecniche di costruzione applicate agli anni ’60 e ’70 non conformi a criteri antisismici, e che dunque hanno abbassato gli indici di alcune scuole realizzate in quel periodo. Bernardi, però, fa riferimento a criteri molto rigidi imposti dalle norme nel calcolo del grado di resistenza dai quali derivano i valori preoccupanti per le scuole cittadine.
LE PROSPETTIVE. Secondo il dirigente un paio di scuole possono avere dati migliori rispetto a quelli registrati tramite interventi su singoli elementi strutturali che complessivamente costeranno non più di 200mila euro. Si tratta delle scuole di Piano della Lenta (0.15) e della zona Peep di San Nicolò (0.27). Per tutti gli edifici sono stati commissionati ulteriori calcoli, basati sull’accelerazione della scossa del 30 ottobre registrata in città, dai quali risulterebbero indici migliori.
RISCHIO CHIUSURE. Il destino delle scuole con gradi di resistenza più bassi resta comunque appeso a un filo. Per loro si prospetta la chiusura con la conseguente necessità di trovare una collocazione alternativa agli studenti. Se ne parlerà già a partire dalle prossime ore negli incontri messi in calendario dal sindaco. Lunedì si riunirà la commissione urbanistica e il giorno dopo Brucchi incontrerà i comitati dei genitori. Nel frattempo, i dati sono stati comunicati ai dirigenti scolastici e nella mattinata di ieri anche ai consiglieri di maggioranza. «Per il momento non possiamo dire quali scuole chiuderemo», osserva Brucchi, «serve una riflessione ampia nella quale coinvolgeremo forse anche il consiglio comunale». Per la Provvisiero «l’obiettivo resta la sicurezza dei ragazzi: quello di oggi è il primo passo, non la fine».
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