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Grieco suicida, la famiglia Orlando: «Volevamo giustizia»

Alla notizia della sua morte la  madre avverte un malore: «Lasciatemi in pace»

PESCARA. «Non è una consolazione, e non è giustizia». La famiglia del povero Giandomenico Orlando, il pasticciere ucciso la mattina del 6 maggio davanti al suo negozio di via Puccini da Raffaele Grieco, non ha voglia di parlare. Tutti al lavoro in pasticceria come sempre, la moglie e i due figli di Orlando chiedono di non commentare una storia che gli ha causato già troppo dolore. È per questo che, assistiti dall’avvocato Vincenzo Di Girolamo si limitano a dire: «Non è così che abbiamo avuto giustizia, la giustizia volevamo ottenerla nelle sedi competenti. La verità è che non sarebbe dovuto accadere nè il primo, nè il secondo fatto che comunque non ci potrà mai consolare di quello che è successo».

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Mentre la signora Patrizia, vedova di Orlando, si lascia sfuggire: «L’avevo detto dall’inizio che per come era il tipo, Grieco non avrebbe mai resistito alle regole rigide del carcere». Ma se con la sua morte l’omicida ha messo fine all’iter giudiziario che lo riguardava, non si dà però per vinta la famiglia Orlando decisa, con il suo avvocato, ad andare comunque avanti. «C’è la questione del risarcimento», spiega Di Girolamo, «su cui andremo avanti, così come probabilmente va ancora chiarita la posizione della madre di Grieco». Secondo quanto ricostruito dagli investigatori della squadra Mobile infatti, le liti e le due aggressioni di Grieco nei confronti del figlio della vittima sarebbero nate dal risentimento per i rumori, e gli odori che lui e la madre, residenti nell’appartamento sopra al laboratorio di pasticceria, lamentavano da anni. Rumori che avevano indotto la famiglia Orlando a lavori di insonorizzazione del locale e odori che non erano stati in nessun modo rilevati, ma che di fatto avevano alimentato la rabbia del figlio, schierato in difesa dell’anziana madre. Di qui, presumibilmente, la possibilità che si possa vagliare la posizione della donna, Maria Teresa Colaprete, in qualità di presunta istigatrice del figlio. Un’ipotesi, soltanto un’ipotesi, tutta ancora da dimostrare, anche se, dagli accertamenti degli invetsigatori, sembrerebbe già chiaro che Grieco abbia fatto tutto di sua volontà.

«Lasciatemi in pace», ha chiesto ieri mattina Maria Teresa Colaprete dal suo appartamento sopra alla pasticceria tanto odiata. «Lasciatemi in pace». Così com’era successo lo scorso 6 maggio, quando era stata portata in ospedale dopo la cattura del figlio, anche ieri, appresa la tragica notizia, ha avuto bisogno delle cure mediche. Ottantenne e cardiopatica adesso è rimasta davvero sola.

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