PESCARA

Morire di sport a 60 anni, il medico: non esagerate

Dopo il 59enne morto in piscina a Francavilla, il medico dello sport Ripari avverte: "Per gli amatori sono sufficienti 2-3 allenamenti a settimana, di più è dannoso"

PESCARA. «L’attività fisica si può fare a tutte le età. Con lo sport, invece, si deve stare attenti». Il professor Patrizio Ripari, direttore dell’unità operativa di Medicina dello sport e Cardiologia dell’università d’Annunzio di Chieti-Pescara, invita alla «moderazione» per non morire di sport. Dopo il caso dello sportivo di Francavilla, vittima di un malore durante un allenamento di nuoto all’età di 59 anni, Ripari spiega quale dovrebbe essere l’approccio corretto allo sport. Per non ammalarsi di «superallenamento», una patologia che può fare male.

Fare sport a 60 anni: è giusto o sbagliato?

«Si può fare a tutte le età ma, ormai, è risaputo che mentre la normale attività fisica è un patrimonio da conservare per tutta la vita, lo sport ha risvolti che non sono sempre benefici. Il mio maestro, Leonardo Vecchiet, diceva che se l’esercizio fisico può essere una medicina, a volte lo sport può fare male. È un concetto esasperato ma che serve a spiegare che lo sport va fatto con le dovute precauzioni e proporzionalmente alle potenzialità del soggetto. Esistono diverse categorie di sportivi, a seconda dell’età, e ci sono precauzioni per queste persone che impongono un giusto bilanciamento tra carichi di lavoro, recuperi e la cura di altri aspetti come l’alimentazione».

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Quali sport si possono praticare in un’età avanzata?

«Da un punto di vista del rapporto costi-benefici, sono da preferire le attività aerobiche che non impegnano in maniera strenua l’organismo e che puntano più alla resistenza che alla potenza. Quindi, sì a un’attività di media-lunga durata ma con i giusti carichi. Se spingiamo una macchina al di sopra delle caratteristiche per le quali è stata costruita, alla fine rischiamo di creare danni. E questo succede anche nell’uomo: i concetti della moderazione e della proporzione sono tutto».

Ma spesso capita che la pratica sportiva porti alla voglia di superare i propri limiti: è sbagliato?

«È dannoso l’eccesso di esercizio fisico non adeguato a momenti di recupero, inteso come carichi di lavoro più leggeri e giusto riposo, e man mano che si va avanti con l’età bisogna prestare sempre più attenzione. Infatti, è frequente che l’aspetto euforizzante dell’attività sportiva porti ad esagerare e chi pratica con costanza un’attività può generare situazioni a rischio. E uno dei pericoli della pratica sportiva è la morte improvvisa: ancora oggi non ci sono certezze sulle cause, non è prevedibile ed esula anche dalla possibilità preventiva legata alla visita di idoneità sportiva».

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Le visite mediche annuali sono sufficienti?

«Il margine di imprevedibilità c’è sempre ma con l’introduzione della visita di idoneità si sono ridotti i casi di morte anche se eventi episodici si verificano ancora. Se si inculcasse la cultura della proporzionalità, si potrebbero limitare ancora di più tali situazioni: man mano che si va avanti con l'età, bisognerebbe capire che 2-3 allenamenti a settimana sono sufficienti. Così si evitano sovraccarichi e si dà tempo di recupero all’organismo».

In tanti, dopo i 40 anni, scoprono sport di resistenza come ciclismo e podismo: quali consigli può dare?

«Fare questi sport cum grano salis. L’attività deve essere gradevole e non esasperata: va valutata la frequenza cardiaca ottimale per non esporre l’organismo a rischi elevati; bisogna conoscere le modalità per recuperare i liquidi persi nell’attività; non vanno sottovalutati i fattori ambientali come il caldo e il freddo eccessivo che possono inficiare la risposta organica; sottoporsi alle visite di controllo annuali ma su questo c’è ancora molta evasione tra gli amatori».

Altre regole da applicare?

«Munirsi di un cardiofrequenzimetro e utilizzarlo durante l’allenamento; non oltrepassare troppo spesso i limiti preposti; alimentazione controllata; visite mediche. E poi il buon senso che deve prevalere su tutto: per esempio, se uno si sveglia e si sente stanco, allora, è meglio non andare ad allenarsi. Mai sottovalutare le sensazioni soggettive: a volte è meglio saltare un allenamento per favorire il recupero anche perché un amatore non deve essere schiavo della pratica sportiva. E poi non sottovalutare i segnali del corpo e rivolgersi al medico in caso di bisogno».

Maratone e ultramaratone a 60 anni?

«Io sono negativista: ogni età della vita ha le sue opportunità e le sue prescrizioni. Noi del dipartimento di Scienze mediche, orali e biotecnologiche vogliamo diffondere la cultura dell’esercizio fisico ma bisogna proporzionare l’allenamento alla vita quotidiana, al lavoro, agli impegni, agli stress perché è sempre la somma che fa il totale».

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