Bisceglia tace, il sangue lo incastra
I suoi complici sono tre, visti al bar da una testimone chiave
TERAMO. Il sangue e una telefonata incastrano il presunto assassino di Adele Mazza, la donna teramana di 49 anni strangolata e fatta a pezzi. Il giorno dopo l’arresto di Romano Bisceglia, 53 anni, suo ex convivente, il puzzle è ricomposto. Manca solo qualche tessera, ma i carabinieri sono fiduciosi: per loro i complici della mattanza hanno già dei volti. Ora, per iscrivere i loro nomi del registro degli indagati, attendono che gli indizi diventino prove. Oggi Bisceglia, accusato di omicidio volontario, occultamento e vilipendio di cadavere, sarà interrogato.
Per lui gli indizi raccolti dai carabinieri del reparto operativo, guidati dal capitano Nazario Giuliani e coordinati dal sostituto procuratore Roberta D’Avolio, sono già prove scritte nero su bianco nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Marina Tommolini su richiesta del pm. Quella che gli investigatori ritengono la più schiacciante è senz’altro quella del Dna. Tracce di sangue compatibili con quello di Bisceglia sono state trovate sul nastro adesivo usato per chiudere una delle buste contenenti un secchio in cui sono stati messi alcuni resti del corpo della donna. Ma non solo. Un’altra traccia di sangue, che potrebbe essere compatibile con quello della vittima, è stata trovata sulla fodera interna della tasca di un giaccone dell’uomo. E poi c’è la telefonata. Secondo i carabinieri lunedì Bisceglia avrebbe risposto al telefono cellulare della vittima (non ancora ritrovato) dicendo che la donna era partita per Milano.
L’ORA DELLA MORTE. Una immagine catturata da una delle telecamere di corso San Giorgio rivela un dato che risulterà fondamentale per le indagini: alle 10.30 di lunedì, giorno di Pasquetta, Adele Mazza era viva e passeggiava in corso San Giorgio. La morte, dunque, è avvenuta nella tarda mattinata di lunedì e non, così come ipotizzato in un primo momento, nella notte tra sabato e domenica. La donna, dunque, è stata strangolata in pieno giorno. Secondo i carabinieri proprio nella casa di Bisceglia, in via Arno, a pochi metri dalla scarpata in cui sono stati trovati i resti del corpo. E’ stata strangolata con un filo elettrico, forse al termine di una lite o forse in un piano già premeditato.
Lei, molto probabilmente, era stordita dopo aver assunto della droga. E la mattanza potrebbe essere avvenuta proprio nella casa dell’uomo dove, con l’esame del Luminol, i carabinieri del Ris hanno trovato tracce di sangue nella vasca da bagno e su un tappeto. Poi l’uomo avrebbe lavato tutti i pezzi e messo i resti del corpo nelle buste e, utilizzando un carrellino scarica merci, li avrebbe portati in via Franchi. Forse a piedi, forse aiutato da qualcuno. Forse quei resti dovevano finire nei cassonetti della spazzatura, ma il piano non è riuscito per l’arrivo improvviso di qualcuno. L’appartamento di via Arno è stato sequestrato e anche ieri i carabinieri del Ris sono tornati sul posto.
I COMPLICI. Nell’ordinanza di custodia Bisceglia è accusato di omicidio in concorso: segno tangibile che investigatori e inquirenti sono convinti che qualcuno l’abbia aiutato. Forse a disfarsi di quelle buste. Nelle mani dei carabinieri ci sono le immagini catturate da una telecamera intorno alle 16.30 di lunedì: a quell’ora Bisceglia era in un bar con tre uomini ed Adele Mazza era già morta. Sono tre sospettati, che forse potrebbero essere arrivati anche da fuori città. Uno di questi sarebbe stato riconosciuto da una testimone già ascoltata dai carabinieri.
LE ARMI. Mancano le armi del delitto: una sega e un coltello dalla lama lunga. In casa di Bisceglia sono stati trovati dei coltelli da cucina su cui però non ci sono tracce di sangue. E’ probabile che gli attrezzi usati per il massacro siano stati fatti sparire. Forse anche da qualche complice.
IL MOVENTE. Una vendetta personale o qualche sgarro legato al mondo della droga? Sono i due moventi intorno a cui si muovono gli investigatori. Certo è che la vittima e l’uomo, tutti con precedenti di giustizia, si conoscevano molto bene e che per un periodo di tempo avevano avuto una relazione sentimentale. Dopo la fine del rapporto avevano continuato a frequentarsi insieme ad altre persone legate alla droga e dalla prostituzione. «Erano legati da un rapporto di sudditanza», ha detto il colonnello Antonio Salemme, comandante provinciale, nel corso della conferenza stampa di ieri mattina, «l’uomo la sfruttava, pretendendo parte del denaro che la donna sottraeva con raggiri a persone anziane con cui spesso si prostituiva». Soldi che, molto probabilmente, servivano per pagare la dose quotidiana di Adele Mazza. E proprio nell’ambito della droga che i carabinieri sembrano propendere nella scelta del movente.
Oggi alle 13 Romano Bisceglia, assistito dal suo avvocato Barbara Castiglione, comparirà davanti al gip Marina Tommolini per l’interrogatorio di garanzia. Può fare due cose: avvalersi della facoltà di non rispondere o parlare per ripondere alle orrende accuse.

Per lui gli indizi raccolti dai carabinieri del reparto operativo, guidati dal capitano Nazario Giuliani e coordinati dal sostituto procuratore Roberta D’Avolio, sono già prove scritte nero su bianco nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Marina Tommolini su richiesta del pm. Quella che gli investigatori ritengono la più schiacciante è senz’altro quella del Dna. Tracce di sangue compatibili con quello di Bisceglia sono state trovate sul nastro adesivo usato per chiudere una delle buste contenenti un secchio in cui sono stati messi alcuni resti del corpo della donna. Ma non solo. Un’altra traccia di sangue, che potrebbe essere compatibile con quello della vittima, è stata trovata sulla fodera interna della tasca di un giaccone dell’uomo. E poi c’è la telefonata. Secondo i carabinieri lunedì Bisceglia avrebbe risposto al telefono cellulare della vittima (non ancora ritrovato) dicendo che la donna era partita per Milano.
L’ORA DELLA MORTE. Una immagine catturata da una delle telecamere di corso San Giorgio rivela un dato che risulterà fondamentale per le indagini: alle 10.30 di lunedì, giorno di Pasquetta, Adele Mazza era viva e passeggiava in corso San Giorgio. La morte, dunque, è avvenuta nella tarda mattinata di lunedì e non, così come ipotizzato in un primo momento, nella notte tra sabato e domenica. La donna, dunque, è stata strangolata in pieno giorno. Secondo i carabinieri proprio nella casa di Bisceglia, in via Arno, a pochi metri dalla scarpata in cui sono stati trovati i resti del corpo. E’ stata strangolata con un filo elettrico, forse al termine di una lite o forse in un piano già premeditato.
Lei, molto probabilmente, era stordita dopo aver assunto della droga. E la mattanza potrebbe essere avvenuta proprio nella casa dell’uomo dove, con l’esame del Luminol, i carabinieri del Ris hanno trovato tracce di sangue nella vasca da bagno e su un tappeto. Poi l’uomo avrebbe lavato tutti i pezzi e messo i resti del corpo nelle buste e, utilizzando un carrellino scarica merci, li avrebbe portati in via Franchi. Forse a piedi, forse aiutato da qualcuno. Forse quei resti dovevano finire nei cassonetti della spazzatura, ma il piano non è riuscito per l’arrivo improvviso di qualcuno. L’appartamento di via Arno è stato sequestrato e anche ieri i carabinieri del Ris sono tornati sul posto.
I COMPLICI. Nell’ordinanza di custodia Bisceglia è accusato di omicidio in concorso: segno tangibile che investigatori e inquirenti sono convinti che qualcuno l’abbia aiutato. Forse a disfarsi di quelle buste. Nelle mani dei carabinieri ci sono le immagini catturate da una telecamera intorno alle 16.30 di lunedì: a quell’ora Bisceglia era in un bar con tre uomini ed Adele Mazza era già morta. Sono tre sospettati, che forse potrebbero essere arrivati anche da fuori città. Uno di questi sarebbe stato riconosciuto da una testimone già ascoltata dai carabinieri.
LE ARMI. Mancano le armi del delitto: una sega e un coltello dalla lama lunga. In casa di Bisceglia sono stati trovati dei coltelli da cucina su cui però non ci sono tracce di sangue. E’ probabile che gli attrezzi usati per il massacro siano stati fatti sparire. Forse anche da qualche complice.
IL MOVENTE. Una vendetta personale o qualche sgarro legato al mondo della droga? Sono i due moventi intorno a cui si muovono gli investigatori. Certo è che la vittima e l’uomo, tutti con precedenti di giustizia, si conoscevano molto bene e che per un periodo di tempo avevano avuto una relazione sentimentale. Dopo la fine del rapporto avevano continuato a frequentarsi insieme ad altre persone legate alla droga e dalla prostituzione. «Erano legati da un rapporto di sudditanza», ha detto il colonnello Antonio Salemme, comandante provinciale, nel corso della conferenza stampa di ieri mattina, «l’uomo la sfruttava, pretendendo parte del denaro che la donna sottraeva con raggiri a persone anziane con cui spesso si prostituiva». Soldi che, molto probabilmente, servivano per pagare la dose quotidiana di Adele Mazza. E proprio nell’ambito della droga che i carabinieri sembrano propendere nella scelta del movente.
Oggi alle 13 Romano Bisceglia, assistito dal suo avvocato Barbara Castiglione, comparirà davanti al gip Marina Tommolini per l’interrogatorio di garanzia. Può fare due cose: avvalersi della facoltà di non rispondere o parlare per ripondere alle orrende accuse.
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