Confidi, stop dall'Antitrust
Si complica l'iter d'attuazione della legge regionale di riforma dei Confidi. L'autorità garante denuncia: "Regole non concorrenziali". L'assessore Castiglione replica: la riforma resta
PESCARA. Si complica l'iter d'attuazione della legge regionale di riforma dei Confidi. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha inviato un parere alla giunta regionale in cui chiede di disapplicare alcune norme contenute nel regolamento per la concessione dei contributi ai Confidi. Secondo l'antitrust, sarebbero «in contrasto con i principi fondamentali della disciplina comunitaria», perché «non conformi ai principi di concorrenza». Per rispondere alle osservazioni l'assessore regionale alle Attività produttive Alfredo Castiglione ha chiesto un'audizione al presidente Giovanni Pitruzzella. Castiglione dice di sentirsi «sereno» e anche «soddisfatto» del parere dell'Antitrust perché, spiega, le osservazioni non pregiudicano lo spirito della legge che è soprattutto quella di arrivare a una semplificazione del sistema attraverso un processo di fusione dei confidi.
I rilievi dell'Antitrust sono relativi ad alcuni requisiti che la Regione chiede ai Confidi perché possano accedere al fondo rischi: 1) operatività al 31 dicembre 2005; 2) sede legale in Abruzzo; 3) numero di imprese socie o consorziate non inferiore a 250; 4) tre anni di attività con una erogazione di garanzie per almeno 10 milioni di euro. Si tratta di requisiti che, se da un lato spingono i confidi abruzzesi a fondersi, dall'altro, secondo l'Antritrust, impediscono la nascita di nuovi confidi o l'operatività in Abruzzo di confidi non abruzzesi.
Nel dettaglio, rispetto al primo punto, l'Agcm sostiene che richiedere che un confidi sia operativo al 31 dicembre 2005 costituisca «una barriera all'entrata insormontabile per un nuovo confidi che volesse iniziare ad operare in Abruzzo». Il limite temporale è «del tutto arbitrario» e «non tiene conto della effettiva efficienza degli operatori. «È invece fondamentale», secondo l'Antitrust, che «i processi di aggregazione si sviluppino sulla base di dinamiche di mercato basate su considerazioni di efficienza e non per imposizione legislativa». Il requisito delle sede legale in Abruzzo è tra quelli «maggiormente limitativi» della concorrenza, un «freno ingiustificato e artificioso allo sviluppo e alla crescita dimensionale delle imprese». Pollice verso anche contro il requisito del numero minimo di imprese che «impone un'aggregazione tra confidi non dettata da ragioni di efficienza o di sfruttamento di economie di scala». Non vanno bene neanche i requisiti patrimoniali storici, perchè «costituiscono una barriera insormontabile per i nuovi entranti».
LA REPLICA. «Il Regolamento», dice l'assessore Castiglione, «fa certamente riferimento alla legge regionale 37/2010, che ha già passato positivamente il vaglio del Consiglio dei Ministri e della Corte Costituzionale. Ma le osservazioni dell'Authority non riguardano i requisiti fondamentali della legge, ossia gli elementi portanti della riforma, i quali sono rappresentati dai requisiti di patrimonializzazione e ad altri principi che non annullano affatto l'obiettivo delle fusioni». Per smontare eventuali accuse di protezionismo, Castiglione precisa che la legge «ha lo scopo di favorire l'accesso al credito delle imprese abruzzesi» e non quello di «tutelare lo status quo dei consorzi fidi attualmente operanti in Abruzzo, i quali devono necessariamente rapportarsi con le nuove esigenze del sistema produttivo e di quello bancario».
L'assessore contesta però la lettura che l'Agcm fa del regolamento regionale, perché «parificando il sistema dei consorzi fidi ad un normale sistema imprenditoriale, ha posto l'accento su alcuni punti che metterebbero in seria difficoltà i nostri confidi, come l'eliminazione del vincolo territoriale, del numero minimo delle aziende socie dei consorzi e del vincolo storico di tre anni per il volume di attività».
Ma «i consorzi fidi», insiste l'assessore, «non possono sicuramente essere trattati alla stregua di imprese o di società commerciali o industriali in genere, ma come organismi parabancari, e comunque di natura finanziaria, tant'è che sono soggetti al controllo, più o meno diretto, della Banca d'Italia. Stiano tranquille le nostre Pmi, il nostro sistema creditizio, i consorzi fidi presenti sul territorio, perché ad essi consegneremo un sistema regionale delle garanzie innovativo e adeguato alle regole che l'attuale momento storico impone. E ciò nel pieno rispetto della finalità principale che è quella della tutela delle Pmi».
I rilievi dell'Antitrust sono relativi ad alcuni requisiti che la Regione chiede ai Confidi perché possano accedere al fondo rischi: 1) operatività al 31 dicembre 2005; 2) sede legale in Abruzzo; 3) numero di imprese socie o consorziate non inferiore a 250; 4) tre anni di attività con una erogazione di garanzie per almeno 10 milioni di euro. Si tratta di requisiti che, se da un lato spingono i confidi abruzzesi a fondersi, dall'altro, secondo l'Antritrust, impediscono la nascita di nuovi confidi o l'operatività in Abruzzo di confidi non abruzzesi.
Nel dettaglio, rispetto al primo punto, l'Agcm sostiene che richiedere che un confidi sia operativo al 31 dicembre 2005 costituisca «una barriera all'entrata insormontabile per un nuovo confidi che volesse iniziare ad operare in Abruzzo». Il limite temporale è «del tutto arbitrario» e «non tiene conto della effettiva efficienza degli operatori. «È invece fondamentale», secondo l'Antitrust, che «i processi di aggregazione si sviluppino sulla base di dinamiche di mercato basate su considerazioni di efficienza e non per imposizione legislativa». Il requisito delle sede legale in Abruzzo è tra quelli «maggiormente limitativi» della concorrenza, un «freno ingiustificato e artificioso allo sviluppo e alla crescita dimensionale delle imprese». Pollice verso anche contro il requisito del numero minimo di imprese che «impone un'aggregazione tra confidi non dettata da ragioni di efficienza o di sfruttamento di economie di scala». Non vanno bene neanche i requisiti patrimoniali storici, perchè «costituiscono una barriera insormontabile per i nuovi entranti».
LA REPLICA. «Il Regolamento», dice l'assessore Castiglione, «fa certamente riferimento alla legge regionale 37/2010, che ha già passato positivamente il vaglio del Consiglio dei Ministri e della Corte Costituzionale. Ma le osservazioni dell'Authority non riguardano i requisiti fondamentali della legge, ossia gli elementi portanti della riforma, i quali sono rappresentati dai requisiti di patrimonializzazione e ad altri principi che non annullano affatto l'obiettivo delle fusioni». Per smontare eventuali accuse di protezionismo, Castiglione precisa che la legge «ha lo scopo di favorire l'accesso al credito delle imprese abruzzesi» e non quello di «tutelare lo status quo dei consorzi fidi attualmente operanti in Abruzzo, i quali devono necessariamente rapportarsi con le nuove esigenze del sistema produttivo e di quello bancario».
L'assessore contesta però la lettura che l'Agcm fa del regolamento regionale, perché «parificando il sistema dei consorzi fidi ad un normale sistema imprenditoriale, ha posto l'accento su alcuni punti che metterebbero in seria difficoltà i nostri confidi, come l'eliminazione del vincolo territoriale, del numero minimo delle aziende socie dei consorzi e del vincolo storico di tre anni per il volume di attività».
Ma «i consorzi fidi», insiste l'assessore, «non possono sicuramente essere trattati alla stregua di imprese o di società commerciali o industriali in genere, ma come organismi parabancari, e comunque di natura finanziaria, tant'è che sono soggetti al controllo, più o meno diretto, della Banca d'Italia. Stiano tranquille le nostre Pmi, il nostro sistema creditizio, i consorzi fidi presenti sul territorio, perché ad essi consegneremo un sistema regionale delle garanzie innovativo e adeguato alle regole che l'attuale momento storico impone. E ciò nel pieno rispetto della finalità principale che è quella della tutela delle Pmi».
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