RACCOLTA DEI RIFIUTI

Di Zio sotto inchiesta per l’Ecoemme

Montesilvano, salgono a 12 gli indagati nella vicenda Ecoemme. La polizia negli uffici comunali di Penne. La Mobile acquisisce nuovi atti al Comune di Penne. I titolari della Deco sospettati di associazione per delinquere

PESCARA. Il blitz degli agenti della squadra mobile di Pescara nel comune di Penne è il segno che l’inchiesta sulla Ecoemme si sta allargando. Così come era avvenuto mercoledì scorso a Montesilvano, gli agenti del vice questore Nicola Zupo sono entrati ieri mattina negli uffici dell’amministrazione guidata dal sindaco Donato Di Marcoberardino per acquisire gli atti che riguardano la convenzione stipulata con la società mista nell’agosto del 2002. Atti su atti, per capire con quali modalità venne assegnato l’appalto. A rafforzare la convinzione che l’indagine abbia uno scenario più vasto di quello intravisto fino a oggi c’è la scoperta che anche il numero delle persone coinvolte è maggiore di quanto è emerso finora: sono almeno dodici i nomi che il pm Anna Rita Mantini, titolare dell’inchiesta assieme al collega Gennaro Varone, ha iscritto nel registro degli indagati. Tra questi, ci sarebbero quelli degli uomini al vertice della Ecoemme e della Deco, il socio privato che in provincia di Pescara, attraverso Ecoemme ed Ecologica, gestisce il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti sul territorio di 26 Comuni.

Ettore Ferdinando Di Zio, amministratore delegato della Ecoemme, 64 anni, il fratello Rodolfo Valentino Di Zio, 67 anni, componente del consiglio di amministrazione della Deco, ed Ettore Paolo Di Zio, componente del cda di Ecoemme, sarebbero indagati per associazione a delinquere. Secondo l’ipotesi formulata dalla procura, la finalità sarebbe quella di favorire la gestione monopolistica del servizio su un territorio ampio, che potrebbe anche essere maggiore di quello provinciale.

Sotto la lente degli inquirenti, appalti e convenzioni, con l’obiettivo di chiarire, in particolare, i casi dell’affidamento del servizio in house, ovvero senza gara di evidenza pubblica. Secondo i pm, l’utilizzo di questa formula è possibile solo nel caso in cui la società affidataria sia a totale capitale pubblico. Nel caso in cui la società sia invece a capitale misto, la scelta dell’affidamento in house è destinata comunque a favorire la parte privata.

È quanto sarebbe accaduto, per esempio, a Penne, dove nell’agosto del 2002 l’amministrazione scelse l’affidamento diretto. Davanti a questa decisione, i consiglieri dello Sdi chiesero chiarimenti al sindaco Paolo Fornarola: «Vorremmo sapere» scrissero, «se corrisponda al vero che prima dell’affidamento diretto del servizio erano pervenute all’ufficio protocollo le proposte di altre due ditte: se questo fosse acclarato, perché le stesse non sono state invitate a formulare una propria offerta scritta da comparare con l’unica presa in considerazione?». La risposta, ora, la darà la procura.