Disabili, i costi d’oro dei ricoveri
Per l’assistenza a paziente disabile e non autosufficiente la famiglia che lo assiste prende 700 euro al mese dalo Stato, se lo stesso paziente è assistito in clinica, la struttura privata ha un contributo di 9 mila euro al mese
PESCARA. Per l’assistenza a paziente disabile e non autosufficiente la famiglia che lo assiste prende 700 euro al mese dalo Stato, se lo stesso paziente è assistito in clinica, la struttura privata ha un contributo di 9 mila euro al mese. E’ quanto accade in Abruzzo ed è uno dei capitoli finanziari che ha gettato la Regione in deficit di miliardi di euro per la spesa sanitaria e alla cliniche private di diventare centri sanitari con bilanci in attivo. A rivelarlo è l’Associazione italiana assistenza spastici con alcuni documenti di cittadini che hanno a carico figli in gravi condizioni di handicap. «Sono il padre di un ragazzo disabile, appartenente alla benemerita associazione Aias, ricoverato da tanti anni a casa», testimonia un genitore, «senza avere aiuti esterni e che per la sua assistenza devo rivolgermi ad una cooperativa, pagandola in parte a mie spese.
Mio figlio non è autosufficiente, ha bisogno di aiuti 24 ore su 24, riceve da parte dello stato solo 700 euro al mese. Ma ci rendiamo conto», sottolinea, «che ci sono cliniche private e centri di riabilitazione e istituti privati che prendono una retta pari a 9000 euro al mese per ogni disabile, che viene ricoverato per 20-30 anni? E nei Centri diurni convenzionati la retta che la regione stanzia è di 3000 al mese per ogni disabile?».
Una differenza economica che per l’Associazione assistenza spastici è una dimostrazione di come si giochi sulla pelle dei malati, che diventano così un affare. «Non è ammissibile che si parli di riabilitazione ricoverati per 20-30 anni per i cronici che continuano a prendere sempre la stessa retta. Non è ammissibile che ricevano 100 mila euro all’anno per ogni disabile, cosa che con questa cifra se potrebbero assistere fino a venti».
Per l’Aias il passo più importante da compiere è quello di istituire delle rette differenziate per tipologie ed età, come tra l’altro già previsto dal piano sanitario, ma, sottolinea l’associazione «mai attuato». In più è necessario distinguere tra le varie forme di disabilità e, soprattutto, «non considerare tutti i disabili gravi» e quindi con rette elevate, «perchè la maggior parte hanno lievi ritardi mentali o down, che per 20-30 anni sono ricoverati, usufruiscono ancora di una riabilitazione intensiva, percepiscono pensione e accompagnamento e la Regione stanzia sempre la stessa retta».
L’associazione ricorda anche che per poco si è sventato l’istituzione di un nuovo ticket che impone ai disabili per le cure di riabilitazione un pagamento del 30 per cento della spesa. Una tassa che l’Aias giudica insostenibile. «Sono costi inaccettabili», sottolinea l’associazione, «poiché stiamo parlando di pensionati e persone con grave disabilità che percepiscono un reddito basso. La cosa più giusta sarebbe quella di ridurre la quota riabilitativa concessa ai gestori privati,che è pari a 9000 al mese: sarebbe sufficiente un terzo di quello che attualmente viene speso».
Mio figlio non è autosufficiente, ha bisogno di aiuti 24 ore su 24, riceve da parte dello stato solo 700 euro al mese. Ma ci rendiamo conto», sottolinea, «che ci sono cliniche private e centri di riabilitazione e istituti privati che prendono una retta pari a 9000 euro al mese per ogni disabile, che viene ricoverato per 20-30 anni? E nei Centri diurni convenzionati la retta che la regione stanzia è di 3000 al mese per ogni disabile?».
Una differenza economica che per l’Associazione assistenza spastici è una dimostrazione di come si giochi sulla pelle dei malati, che diventano così un affare. «Non è ammissibile che si parli di riabilitazione ricoverati per 20-30 anni per i cronici che continuano a prendere sempre la stessa retta. Non è ammissibile che ricevano 100 mila euro all’anno per ogni disabile, cosa che con questa cifra se potrebbero assistere fino a venti».
Per l’Aias il passo più importante da compiere è quello di istituire delle rette differenziate per tipologie ed età, come tra l’altro già previsto dal piano sanitario, ma, sottolinea l’associazione «mai attuato». In più è necessario distinguere tra le varie forme di disabilità e, soprattutto, «non considerare tutti i disabili gravi» e quindi con rette elevate, «perchè la maggior parte hanno lievi ritardi mentali o down, che per 20-30 anni sono ricoverati, usufruiscono ancora di una riabilitazione intensiva, percepiscono pensione e accompagnamento e la Regione stanzia sempre la stessa retta».
L’associazione ricorda anche che per poco si è sventato l’istituzione di un nuovo ticket che impone ai disabili per le cure di riabilitazione un pagamento del 30 per cento della spesa. Una tassa che l’Aias giudica insostenibile. «Sono costi inaccettabili», sottolinea l’associazione, «poiché stiamo parlando di pensionati e persone con grave disabilità che percepiscono un reddito basso. La cosa più giusta sarebbe quella di ridurre la quota riabilitativa concessa ai gestori privati,che è pari a 9000 al mese: sarebbe sufficiente un terzo di quello che attualmente viene speso».