«I nostri figli massacrati senza motivo»
La fiaccolata partita da piazza del Popolo di sabato ha visto le madri di Emanuele Fadani e di Antonio De Meo, i due giovani uccisi da rom (il primo l’11 novembre ad Alba, il secondo il 10 agosto a Villa Rosa) sfilare l’una accanto all’altra. In 700 hanno pregato sul luogo del delitto
ALBA ADRIATICA. Due madri unite dal dolore per la perdita dei propri figli e dalla rabbia per una morte senza un perchè. La fiaccolata partita da piazza del Popolo, ieri alle 18,15 ha visto le madri di Emanuele Fadani e di Antonio De Meo, i due giovani uccisi da rom (il primo l’11 novembre ad Alba, il secondo il 10 agosto a Villa Rosa) sfilare l’una accanto all’altra.
Un corteo, quello che è arrivato in via Mazzini, nel punto dove il 37enne è stato ucciso, annunciato da decine di bambini che portavano uno striscione con su scritto “Alba non è razzista” e un altro “Per non dimenticare” e che cantavano canzoni religiose. Un punto segnalato da tanti lumini e da una gigantografia del giovane. Qui la madre Anita ha deposto una composizione di fiori. E qui il parroco don Iolando ha recitato le preghiere e ha chiesto «al Signore che ci dia la forza di passare oltre e guardare con occhio di bontà tutti, sono figli di Dio anche coloro che ci fanno del male».
IL VESCOVO. Un concetto espresso più volte, e con forza, dal vescovo della diocesi di Teramo e Atri Michele Seccia, che ha parlato su un palco allestito davanti alla Bambinopoli, sul lungomare. Ha detto, rivolgendosi ai bambini, «il cuore che avete stampato sul petto (i piccoli indossavano una maglietta con su scritto “Sarai sempre nei nostri cuori”) deve pulsare per tutta la vostra vita, che si deve ispirare all’amore e alla giustizia». E poi, riferendosi a uno striscione: «Si, Alba non è razzista e non può identificarsi con i moti reattivi che ci sono stati. Alba deve ritrovare la via della compattezza sociale».
Un invito alla calma, al perdono. E un invito, altrettanto netto, allo Stato: «chiedo una maggiore presenza di uomini dello Stato perchè dobbiamo tutti essere più tutelati e perchè sul rispetto delle regole si possa costruire la civiltà dell’amore».
E poi un’amica di Emanuele, Marianna, ha letto una poesia sulla sua morte. «Pugni di stupidità e di ignoranza hanno fermato il tuo volo libero», recita un verso. Poche parole anche della madre Anita e di quella di Antonio, Lucia. E poi i tanti palloncini bianchi, rossi e verdi che hanno contrappuntato il corteo, insieme alle fiaccole e a qualche bandiera italiana, sono stati lasciati volare.
LA RABBIA DELLE MADRI. E’ nel colloquio privato che entrambe le madri esprimono la rabbia per le due violentissime aggressioni. «Questa fiaccolata», esordisce Anita Fadani, «è perchè non si dimentichi come Emanuele è stato devastato. Ci sono in giro bestie che vivono per imparare ad uccidere. Io ora vivo per un unico scopo: avere giustizia per mio figlio». Di perdono la signora non vuol sentir parlare: «Non mi si devono avvicinare».
La stessa rabbia traspare dalle parole di Lucia De Meo: «Con la morte di Emanuele ho rivissuto la morte di Antonio. Lui mangiava un panino dopo il lavoro e in pochi secondi l’hanno massacrato. Ho visto il suo corpo, erano integre solo le labbra e le mani».
Nel corteo hanno sfilato, in maniera molto discreta, anche attivisti di Forza Nuova insieme al loro leader nazionale Roberto Fiore.
(ha collaborato Laura Ripani)
Un corteo, quello che è arrivato in via Mazzini, nel punto dove il 37enne è stato ucciso, annunciato da decine di bambini che portavano uno striscione con su scritto “Alba non è razzista” e un altro “Per non dimenticare” e che cantavano canzoni religiose. Un punto segnalato da tanti lumini e da una gigantografia del giovane. Qui la madre Anita ha deposto una composizione di fiori. E qui il parroco don Iolando ha recitato le preghiere e ha chiesto «al Signore che ci dia la forza di passare oltre e guardare con occhio di bontà tutti, sono figli di Dio anche coloro che ci fanno del male».
IL VESCOVO. Un concetto espresso più volte, e con forza, dal vescovo della diocesi di Teramo e Atri Michele Seccia, che ha parlato su un palco allestito davanti alla Bambinopoli, sul lungomare. Ha detto, rivolgendosi ai bambini, «il cuore che avete stampato sul petto (i piccoli indossavano una maglietta con su scritto “Sarai sempre nei nostri cuori”) deve pulsare per tutta la vostra vita, che si deve ispirare all’amore e alla giustizia». E poi, riferendosi a uno striscione: «Si, Alba non è razzista e non può identificarsi con i moti reattivi che ci sono stati. Alba deve ritrovare la via della compattezza sociale».
Un invito alla calma, al perdono. E un invito, altrettanto netto, allo Stato: «chiedo una maggiore presenza di uomini dello Stato perchè dobbiamo tutti essere più tutelati e perchè sul rispetto delle regole si possa costruire la civiltà dell’amore».
E poi un’amica di Emanuele, Marianna, ha letto una poesia sulla sua morte. «Pugni di stupidità e di ignoranza hanno fermato il tuo volo libero», recita un verso. Poche parole anche della madre Anita e di quella di Antonio, Lucia. E poi i tanti palloncini bianchi, rossi e verdi che hanno contrappuntato il corteo, insieme alle fiaccole e a qualche bandiera italiana, sono stati lasciati volare.
LA RABBIA DELLE MADRI. E’ nel colloquio privato che entrambe le madri esprimono la rabbia per le due violentissime aggressioni. «Questa fiaccolata», esordisce Anita Fadani, «è perchè non si dimentichi come Emanuele è stato devastato. Ci sono in giro bestie che vivono per imparare ad uccidere. Io ora vivo per un unico scopo: avere giustizia per mio figlio». Di perdono la signora non vuol sentir parlare: «Non mi si devono avvicinare».
La stessa rabbia traspare dalle parole di Lucia De Meo: «Con la morte di Emanuele ho rivissuto la morte di Antonio. Lui mangiava un panino dopo il lavoro e in pochi secondi l’hanno massacrato. Ho visto il suo corpo, erano integre solo le labbra e le mani».
Nel corteo hanno sfilato, in maniera molto discreta, anche attivisti di Forza Nuova insieme al loro leader nazionale Roberto Fiore.
(ha collaborato Laura Ripani)