In sei vanno a processo per l’area ex Lisciani
L’accusa della procura: due edifici costruiti in un sito d’interesse archeologico
TERAMO. Dopo quattro anni di sequestri e dissequestri, di perizie e controperizie, il caso dell’area ex Lisciani si chiude con dei rinvii a giudizio, ma anche dei non luoghi a procedere, decisi dal gup Marina Tommolini al termine dell’udienza preliminare di ieri (pm Laura Colica). Secondo l’accusa nell’area di interesse archeologico sarebbero stati costruiti due edifici con un permesso edilizio ritenuto illegittimo dalla procura.
L’area in questione, che si trova tra via del Baluardo e via dei Mille, ospitava i resti dei muri perimetrali di una domus di epoca romana. Alcuni capi di imputazione a carico dei sei indagati, più volte rivisti e corretti nel corso degli ultimi mesi, sono stati derubricati, in particolare quelli riguardanti degli abusi edilizi, e per alcuni capi c’è stato il non luogo a procedere. Il gup, invece, ha rinviato a giudizio per abuso d’ufficio Lucio Di Timoteo, all’epoca dei fatti dirigente dell’ufficio urbanistica del Comune e attuale dirigente dell’ufficio traffico e ambiente; Pasquale Gambacorta, funzionario dell’ufficio urbanistica; e Paolino Medori, ex funzionario dell’ufficio urbanistica, attualmente in pensione.
A giudizio per abuso d’ufficio anche Glauco Angeletti, funzionario responsabile di zona della Soprintendenza per i Beni archeologici d’Abruzzo. Angeletti, inoltre, insieme al costruttore Giuseppe Cingoli della ditta “Nicola Cingoli” e a Maria Lucrezia Di Bonaventura, direttore dei lavori, è stato rinviato a giudizio anche per danneggiamento di un’area sottoposta al vincolo archeologico. L’inchiesta della procura era nata dall’esposto di una famiglia confinante che contestava le volumetrie di uno degli edifici in costruzione. La parte civile era rappresentata dall’avvocato Antonino Orsatti, mentre il collegio difensivo era composto dagli avvocati Lino Nisii, Gennaro Lettieri, Guglielmo Marconi, Manola Di Pasquale e Vincenzo Garrubba.