L’Otello di Bruson «Impegnativo ma piacevole»

5 Novembre 2009
«Otello da regista e da interprete è un impegno gravosissimo ma se si fa con piacere la fatica non la si sente». Renato Bruson, baritono di fama mondiale, 76 anni di cui quasi 50 passati sui palcoscenici, ha la verve (e la voce soprattutto) di un ragazzino. E’ impegnato per le ultime rifiniture dell’Otello di Verdi, da oggi nei teatri abruzzesi e marchigiani per Fondazioni all’Opera, stagione lirica ideata da Francesco Sanvitale.
Nonostante l’immancabile agitazione della vigilia della prima (oggi alle 20,30 al Comunale di Teramo) risponde al Centro per illustrare il suo doppio lavoro.
«Devo dire», riprende Bruson, «che qui a Teramo, e in generale nelle produzioni della Fondazione Tercas e delle altre fondazioni coinvolte (Carichieti, PescarAbruzzo, Carifermo), lavoro sempre molto bene. Sa cos’è? E’ che mi piace lavorare con i giovani, sono malleabili, non hanno vizi di sorta, sono come delle spugne, assorbono tutto. E anche le maestranze sono eccellenti, non solo gli artisti. I tecnici sono sempre disponibili, lavorano con gioia e infaticabile abnegazione. Per quanto riguarda la regia ho lavorato rispettando il più possibile quello che chiede Verdi. Mi son letto tutto il carteggio tra Verdi e il librettista Arrigo Boito e ho cercato di rispettare le loro volontà. Nei limiti del possibile, ovviamente».

Otello e Falstaff sono le ultime due opere di Verdi e lei si appresta a interpretarle entrambe. Quanto hanno in comune e quanto Verdi è migliorato in questi ultimi due titoli?
«Diciamo che sono i due capolavori finali della vita di Verdi. Prima ha scritto Otello e poi nel finire della sua esistenza il Falstaff. Però, non hanno altro in comune, nel senso che Falstaff è un’opera giocosa mentre Otello è cupo. Verdi ha avuto un’evoluzione che nessun altro musicista ha avuto perché ha cominciato con uno schema fisso: romanza, recitativo, romanza, cabaletta; è arrivato, poi, alla fine della sua ispirazione musicale con opere dove non ci sono arie chiuse, non ci sono cabalette».

Il suo rapporto con Teramo e con l’Abruzzo è ormai solidissimo. Ma quanto ancora c’è da fare per radicare l’opera lirica nella regione?
«C’è da fare, c’è da fare, ma non solo qui, ormai è dappertutto. Purtroppo problemi ci sono ovunque. Ma dipende sempre dal manico. Qui c’è il professor Sanvitale che è bravissimo, e poi ci sono i tecnici che lavorano tanto, non sono mai stanchi. Quest’anno abbiamo l’Orchestra sinfonica abruzzese. Io con loro avevo già lavorato e mi sono ovviamente trovato bene. E poi c’è il direttore, Giuseppe Montanari, ormai con lui abbiamo creato una sorta di sodalizio. Mi son trovato bene con tutti. Il cast l’abbiamo scelto insieme, con Montanari e con Sanvitale, ed è un cast abbastanza omogeneo».

Il cast

Otello, Miro Solman; Jago, Renato Bruson; Cassio, Marco Frusoni; Roderigo, Nunzio Fazzini; Lodovico, Pietro Toscano; Montano, Denver Martin Smith; un araldo, Davide Filipponi; Desdemona, Maria Agresta; Emilia, Alba Riccioni.
Ballerini, Anna Basti e Yoris Petrillo.
Direttore d’orchestra
Giuseppe Montanari.
Maestro del coro Paolo Speca.
Regia Renato Bruson.
Scene e costumi Tita Tegano.
Orchestra Sinfonica abruzzese e Giovanile abruzzese. Coro della stagione lirica teramana.