Stasi in semilibertà, la madre di Chiara: «Speriamo di non vederlo mai»

12 Aprile 2025

Il 41enne, che va fuori dal carcere dopo 10 anni in cella, potrà accedere a progetti di reinserimento sociale

MILANO. Alberto Stasi fa un altro passo verso la libertà. Dopo aver già ottenuto due anni fa il «lavoro esterno», ossia la possibilità di uscire tutti i giorni dal carcere per darsi da fare come contabile in un'azienda milanese, da ieri è stato «ammesso» anche al «regime di semilibertà». E tra non molto, qualche mese, potrà chiedere pure l'affidamento in prova ai servizi sociali, misura alternativa alla detenzione. A quel punto, sarà effettivamente fuori e finirà di scontare la pena, con il termine possibile entro il 2028 considerando pure la liberazione anticipata, con lavori socialmente utili.

«L'abbiamo saputo poco fa. Proviamo solo, ancora una volta, tanta amarezza. Speriamo solo di non incontrarlo mai», ha commentato, parlando con l'Ansa, Rita Preda, la madre di Chiara Poggi, uccisa quasi 18 anni fa a 26 anni. Un provvedimento, quello favorevole a Stasi, che, tra l'altro, va di fatto a incrociarsi con le nuove indagini a Pavia, che puntano su un nuovo presunto responsabile, Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara. Non tanto nuovo nemmeno, perché archiviato di fatto già due volte. E che attende, sempre «sereno e con fiducia» come ripete, l'avvio del maxi incidente probatorio con analisi genetiche, nel quale potrebbe, però, cambiare il perito. E ciò dopo la ricusazione da parte dei pm del genetista Emiliano Giardina, la cui imparzialità viene messa in discussione per un'intervista a “Le Iene” di qualche anno fa.

Sempre un'intervista al programma Mediaset ma più recente, di fine marzo, ha rischiato di compromettere il passaggio di Stasi, che pareva scontato dato le relazioni del carcere di Bollate «tutte positive», dal lavoro esterno alla semilibertà. Ora potrà stare fuori per gran parte del giorno. Non solo per il lavoro, ma anche, come prevedono le norme, per attività «istruttive» e di reinserimento sociale. Dovrà tornare a Bollate la sera per dormire e gli orari, comunque, saranno tutti indicati nelle prescrizioni.

Come scrivono i giudici del Tribunale di Sorveglianza (Caffarena, Gentile e due esperti), il 41enne, ex bocconiano e in carcere da dieci anni dopo la sentenza definitiva del 2015, anche se si è sempre proclamato innocente, ha tenuto «un comportamento in linea con l'accettazione della condanna» a 16 anni per l'omicidio della fidanzata a Garlasco, nel 2007. E «ha sempre manifestato empatia e sofferenza verso» la vittima.

La Procura generale, diretta da Francesca Nanni, con la sostituta pg Valeria Marino, aveva chiesto il rigetto dell'istanza evidenziando un unico neo nel suo comportamento, ovvero la mancata richiesta di autorizzazione al magistrato di Sorveglianza per quell'intervista, durante un permesso premio che era stato concesso. In un documento agli atti del procedimento, però, il direttore del carcere, Giorgio Leggieri, aveva voluto precisare che era «stata registrata durante il permesso premio», il 22 marzo, e che «non si sono rilevate, pertanto, infrazioni alle prescrizioni». Stessa linea tenuta nell'ordinanza dai giudici.

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