Novafin, i pm: a giudizio le figlie di Angelini

Del cda della holding del gruppo Villa Pini, imputato anche il marito di una delle due

CHIETI. La Novafin, holding del gruppo Angelini, spa fallita il 4 maggio del 2010, per gli inquirenti entra ufficialmente in quelle società dell'ex re delle cliniche travolte dalla bancarotta. Il pool di magistrati della procura teatina Pietro Mennini, Giuseppe Falasca e Andrea Dell'Orso hanno chiesto il rinvio a giudizio dei consiglieri di amministrazione: Chiara e Federica Angelini, figlie di Vincenzo Angelini e Anna Maria Sollecito e del marito di Federica, il farmacista di Francavilla Alessandro Georgiau Kanellos, tutti accusati di bancarotta fraudolenta.

L'udienza preliminare di un crac che si aggira intorno agli oltre 100 milioni, si terrà il 20 agosto. La Novafin era la società più importante delle 12 fallite della galassia Villa Pini. La spa, che aveva sede legale in contrada San Salvatore a Chieti, era controllata dalla famiglia Angelini, (Enzo Angelini e la moglie) prima che l'ex magnate della sanità privata, già coinvolto nella inchiesta nel processo sulle tangenti che decapitò nel luglio 2008 la giunta regionale del presidente Ottaviano Del Turco, con una operazione che iniziò nel marzo del 2009, si spogliasse, man mano, della gestione della casa di cura e delle società che le ruotavano attorno, cedendo quote e gestione della aziende ai suoi parenti diretti: le figlie e i generi.

La holding, che iniziò con un capitale sociale di 780 mila euro, spiegava la sua attività in diversi settori: sulla cura delle persone e benessere, con una quota nelle Terme di Popoli, pari al 45 per cento, sul tecnologico con la Logicon, sull'economia Gestioni manageriali, nell'ambito della edilizia industriale, nella farmaceutica MaxFarma. La società nel 2007 apparentemente godeva di buona salute, infatti in quell'anno registrò un utile di 6 milioni e mezzo di euro anche se le aziende direttamente collegate ad essa erano strette nella morsa dei debiti, con i fornitori bussavano a denari e che minacciavano e attuavano anche i blocchi dei servizi.

La Novafin, come accertarono già dalle prime fasi delle indagini gli uomini della Guardia di Finanza di Pescara, che si stavano occupando della Sanitopoli regionale, ha drenato milioni e milioni di euro dalle sue stesse società in particolare quelle che si occupavano di sanità, dalle quali prese circa 145 milioni. Tesi poi confermata dagli inquirenti teatini.

La holding era quella che si chiamava la cassaforte di Angelini, debitrice, come lo stesso Angelini sostenne in una sua relazione consegnata agli investigatori, della clinica Villa Pini, di San Stefar, Maristella e della casa di cura Santa Maria. Era insomma una forziere dove il gruppo Angelini versava soldi prelevati dalle altre società del gruppo compresa la casa di cura. Debiti che però la società non poteva saldare perché quei soldi, che confluivano nella finanziaria, a loro volta venivano distratti altrove. Secondo la procura nei conti correnti degli stessi Angelini.

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