Vasto

Strage di Casalbordino, i parenti delle vittime sulla sentenza: “Un’offesa che aumenta il dolore”

23 Gennaio 2025

I familiari delle vittime hanno contestato le motivazioni della sentenza di assoluzione dei vertici della Sabino, secondo cui i tre operai morti avrebbero costruito fuochi per le feste all’insaputa dell’azienda

VASTO. «I nostri cari non si sono mai dedicati alla costruzione di fuochi d’artificio per le festività: l’attribuzione di inesistenti colpe è un atto che consideriamo profondamente offensivo». Le famiglie di Paolo Pepe e Nicola Colameo, due dei tre operai della Sabino di Casalbordino morti nell’esplosione del 21 dicembre 2020 (l’altro è Carlo Spinelli), contestano le motivazioni della sentenza di primo grado con cui i vertici dell’azienda sono stati tutti assolti, «perché il fatto non sussiste», dalle accuse di omicidio colposo plurimo e disastro colposo.

LA SENTENZA E IL RICORSO

Secondo il giudice Anna Rosa Capuozzo, che ha affidato una perizia all’ingegnere Francesco De Marzo, «è verosimile sostenere che i dipendenti deceduti, al momento dell’esplosione, stessero realizzando un’attività del tutto estranea alle procedure di lavorazione: la produzione artigianale di fuochi d’artificio da parte delle vittime non era in alcun modo riconducibile all’organizzazione del ciclo produttivo dell’azienda». Una tesi fermamente contestata dal pubblico ministero che ha condotto le indagini, Silvia Di Nunzio, che aveva chiesto per tutti gli imputati condanne comprese tra sei anni e tre mesi e quattro anni e due mesi di reclusione. Secondo quanto ricostruito dal pm, anche sulla base dei risultati di una consulenza tecnica, «i lavoratori deceduti erano intenti alle operazioni di smaltimento presso il locale 80, nel quale erano confluiti diversi materiali provenienti da alcuni stalli, rendendo quindi la lavorazione altamente pericolosa per la compresenza di materiali diversi tra loro». La procura della Repubblica di Vasto, diretta da Domenico Seccia, ha già presentato ricorso alla Corte d’appello dell’Aquila contro le assoluzioni. Nelle prossime settimane si attende la fissazione dell’udienza.

PARLANO I PARENTI

Ora arriva anche la presa di posizione dei parenti delle vittime, secondo cui l’ipotesi legata alla costruzione dei botti di fine anno «è stata basata su presupposti del tutto infondati e ciò costituisce per noi fonte di sgomento e dolore, oltre a rappresentare un’ulteriore sofferenza in un momento già segnato da una tragedia così grande. Noi familiari, avendo vissuto la quotidianità dei nostri cari, siamo infatti perfettamente consapevoli che loro non avevano alcun genere di interesse per i fuochi di artificio».

«IPOTESI INFONDATE»

La famiglia Pepe, rappresentata dagli avvocati Fiorenzo e Anna Cieri, e la famiglia Colameo, difesa dagli avvocati Marco e Alessandro Perrucci, aggiungono: «In ogni caso confidiamo nella giustizia e ribadiamo con fermezza la non aderenza alla realtà dei fatti così come ipotizzati. L’attribuzione di inesistenti colpe, tra l’altro su mere basi solo presuntive, a chi ha perso la vita in circostanze drammatiche è un atto che consideriamo profondamente offensivo e in contrasto con il rispetto dovuto alla memoria delle vittime».

L’ALTRA TRAGEDIA

È ancora in corso l’inchiesta della procura di Vasto sulla seconda tragedia in pochi anni avvenuta alla Sabino, quella del 13 settembre 2023, costata la vita agli operai Fernando Di Nella, Giulio Romano e Gianluca De Santis. I pubblici ministeri Di Nunzio e Vincenzo Chirico hanno ipotizzato i reati di omicidio colposo plurimo, con l’aggravante «della violazione delle norme per prevenire gli infortuni sul lavoro», e disastro colposo. In una prima fase dell’indagine hanno ricevuto l’avviso di garanzia in sette, di cui sei già imputati e assolti per la strage del 2020. Adesso gli indagati sono saliti a dieci.