L'Aquila, «Cialente? Anche lui nella cupola anni ’80»
L’ex sindaco Dc Enzo Lombardi accusa: con i compagni di sinistra fece denunce che mi costarono 32 cause. Ma ne sono uscito pulito
L'AQUILA. Elezioni al veleno. Come volevasi dimostrare. A un mese dal voto, all'Aquila si respira un clima pesante. Molto pesante. Il sindaco Massimo Cialente ha parlato di una «cupola» che dominerebbe dall'alto. E che avrebbe provato a mettere le mani sulla città, senza riuscirci. In ballo affari, soldi, interessi e ricostruzione, in uno strano vortice che legherebbe politica e imprenditoria. Affermazioni che pesano come piombo, quelle del sindaco, soprattutto alla vigilia del voto. E che suscitano immediate reazioni variegate. Il professor Raffaele Colapietra, storico e profondo conoscitore della società aquilana, non si meraviglia più di tanto: «Più che di cupola parlerei di uno strano conformismo che da sempre condiziona scelte e detta indirizzi. L'Aquila è dominata da personaggi che continuano a gestire gli aquilani a loro piacimento. Ne fanno ciò che vogliono». Altri invece replicano con durezza. Per l'ex senatore ed ex sindaco Dc, Enzo Lombardi, per esempio, «la vera cupola era quella degli anni Ottanta e Cialente ne faceva parte».
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Troppi interessi. Torniamo a Colapietra. «L'inchiesta sul sindaco Cialente versa sull'aspetto speculativo: far soldi con la ricostruzione», aggiunge il professore, «ho sempre detto che la notte del 6 aprile 2009 non erano solo in due a ridere, ma almeno in duecento. Si è creata una cupola di fatto, legata ai tanti interessi sulla ricostruzione, alla montagna di soldi arrivati all'Aquila. Ma chi è andato a guardare cos'è successo nei primi 7 mesi dopo il sisma, quando la gestione dell'emergenza era affidata esclusivamente alla Protezione civile e al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi? Ci sarebbero molte cose da chiarire, a partire dal G8 all'Aquila, scelta del tutto incomprensibile».
Strano conformismo. E poi, come una sentenza: «Quattro secoli di educazione gesuitica non si riescono a cancellare». La pensa così Colapietra, che dipinge una città «governata più che da una cupola, termine dall'accezione mafiosa, da un conformismo latente, che schiaccia gli stessi aquilani. Ricordo quando 35 anni fa un illustre professore universitario mi chiese di dare una mano ad un giovane meritevole che voleva diventare sindaco. Poche settimane fa è accaduta la stessa cosa: mi è stata recapitata una lettera, in cui mi si chiede di aiutare un giovane candidato. Il fatto che a distanza di molti anni», evidenzia lo storico, «i meccanismi siano rimasti identici, dimostra come sull'Aquila aleggi una strana atmosfera: persone che contano e continuano a gestire interessi e poltrone. Negli anni ’80, Enzo Lombardi era il padrone della città. Oggi L'Aquila ha ancora dei padroni». Parola di Colapietra.
Ricostruzione morale. Alla quale Lombardi aggiunge parole amare. «Quello che manca è un programma di ricostruzione urbanistica, sociale, morale», evidenzia, «bisogna tenere lontani i tentativi di collusione, che possono avere risvolti giudiziari. Qualcosa è uscito, ma credo ci sia molto altro. Quando ero sindaco ho amministrato con rigore morale e giuridico, con piena capacità anche grazie all'ausilio dei miei collaboratori. Nella seconda tornata elettorale, era il 1990, diventai sindaco portando alla Dc la bellezza di oltre il 50 per cento dei voti».
Padrone della città. Poi aggiuge l’ex esponente della Democrazia cristiana: «Quanto contavo in città negli anni Ottanta e Novanta? Un fico secco... ma le cose le sapevo fare», spiega Lombardi, «non mi sono mai tirato indietro». Ma, attenzione, ecco la stoccata finale del vecchio senatore: «Anche allora c'era una cupola e Cialente ne faceva parte insieme ai compagni di sinistra. Erano quelli che denunciavano in continuazione: segnalazioni in Procura che mi sono costate 32 cause, da cui sono uscito sempre pulito. Senza neppure una contravvenzione».