Maestra no vax: non entro, pronta al digiuno
Protesta nella Marsica alla vigilia della riapertura delle scuole. Lettera al ministro contro il Green pass
COLLARMELE. Un’insegnante della scuola primaria si rifiuta di sottoporsi a vaccino e tampone anti-Covid e si prepara allo sciopero della fame. Ha preannunciato che starà fuori dalla scuola per l’infanzia di Collarmele, del plesso Fontamara di Pescina, per una settimana la maestra abruzzese Alba Silvani, 62 anni, per dimostrare tutto il suo dissenso contro la normativa del governo che obbliga personale scolastico e docenti a esibire il Green pass o il tampone prima di entrare in classe.
Nella sua lettera al ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, chiede di poter sedere in cattedra senza dover esibire la certificazione che attesti la vaccinazione contro il coronavirus.
«Ho preso parte al concorso ordinario nel 2000 e mi hanno chiamato dopo 10 anni», racconta Silvani, insegnante originaria di Sulmona, «per anni ho fatto solo supplenze brevi, poi da cinque anni a questa parte quelle annuali e finalmente è arrivato il ruolo. Purtroppo però non potrò entrare in classe perché non ho fatto il vaccino e non intendo tamponarmi ogni 48 ore. Ne faccio una questione di principio perché non si può impedire a un’insegnante di accedere al proprio lavoro. Sarò comunque fuori dalla scuola e farò una protesta di una settimana. So che sarà considerata un’assenza ingiustificata e dopo cinque giorni scatterà la sospensione, ma non cambio idea in alcun modo».
L’insegnante ha annunciato di prepararsi anche allo sciopero della fame e ha scritto una lettera aperta al ministro Bianchi per chiedere che venga rispettato il diritto al lavoro. «Dopo molti anni di duro precariato finalmente quest’anno ho ottenuto il ruolo per insegnare nella scuola dell’infanzia Fontamara di Pescina, nel plesso di Collarmele», continua Silvani, «ma non mi sarà possibile coronare questo sogno perché il diritto al lavoro mi viene negato. Infatti esso è condizionato al possesso del Green pass che io non ho e non intendo avere perché lo ritengo non necessario e discriminatorio. Non necessario perché non c’è alcun bisogno di imporlo a una categoria – come gli insegnanti – che ha raggiunto il traguardo del 92% di vaccinati e quindi ha superato l’obiettivo dell’immunità di gregge. Discriminatorio perché l’obbligo del tampone imposto agli insegnanti ogni 48 ore, non solo è fortemente invasivo e insostenibile sia sul piano sanitario che economico, ma rappresenta una discriminazione rispetto ad altre categorie come ad esempio i parlamentari e i lavoratori del Parlamento che possono entrare senza nessun obbligo di Green pass: proprio i parlamentari che fanno le leggi valide per tutti gli altri cittadini. I parlamentari non debbono esibire nulla (per votare in aula, ndc), mentre a noi si chiede la tessera verde per poter lavorare. È giusto?».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Nella sua lettera al ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, chiede di poter sedere in cattedra senza dover esibire la certificazione che attesti la vaccinazione contro il coronavirus.
«Ho preso parte al concorso ordinario nel 2000 e mi hanno chiamato dopo 10 anni», racconta Silvani, insegnante originaria di Sulmona, «per anni ho fatto solo supplenze brevi, poi da cinque anni a questa parte quelle annuali e finalmente è arrivato il ruolo. Purtroppo però non potrò entrare in classe perché non ho fatto il vaccino e non intendo tamponarmi ogni 48 ore. Ne faccio una questione di principio perché non si può impedire a un’insegnante di accedere al proprio lavoro. Sarò comunque fuori dalla scuola e farò una protesta di una settimana. So che sarà considerata un’assenza ingiustificata e dopo cinque giorni scatterà la sospensione, ma non cambio idea in alcun modo».
L’insegnante ha annunciato di prepararsi anche allo sciopero della fame e ha scritto una lettera aperta al ministro Bianchi per chiedere che venga rispettato il diritto al lavoro. «Dopo molti anni di duro precariato finalmente quest’anno ho ottenuto il ruolo per insegnare nella scuola dell’infanzia Fontamara di Pescina, nel plesso di Collarmele», continua Silvani, «ma non mi sarà possibile coronare questo sogno perché il diritto al lavoro mi viene negato. Infatti esso è condizionato al possesso del Green pass che io non ho e non intendo avere perché lo ritengo non necessario e discriminatorio. Non necessario perché non c’è alcun bisogno di imporlo a una categoria – come gli insegnanti – che ha raggiunto il traguardo del 92% di vaccinati e quindi ha superato l’obiettivo dell’immunità di gregge. Discriminatorio perché l’obbligo del tampone imposto agli insegnanti ogni 48 ore, non solo è fortemente invasivo e insostenibile sia sul piano sanitario che economico, ma rappresenta una discriminazione rispetto ad altre categorie come ad esempio i parlamentari e i lavoratori del Parlamento che possono entrare senza nessun obbligo di Green pass: proprio i parlamentari che fanno le leggi valide per tutti gli altri cittadini. I parlamentari non debbono esibire nulla (per votare in aula, ndc), mentre a noi si chiede la tessera verde per poter lavorare. È giusto?».
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