Il piccolo Stefano e il talento di pittore Oggi il funerale

Tragedia in campagna, il ricordo struggente delle maestre: quel ragazzo straordinario amava tantissimo i suoi genitori
AVEZZANO. «Quando guardava i suoi genitori i suoi bellissimi occhi si illuminavano di gioia. Amava la sua mamma e con il padre aveva un rapporto speciale. Se ogni figlio provasse questi sentimenti, in quel modo come lui faceva, ogni genitore sarebbe il più fortunato del mondo». Sono queste le parole delle maestre Annamaria, Emira e Monia, per descrivere il piccolo Stefano Di Benedetto, il bambino di otto anni rimasto ucciso dalla fresa attaccata al trattore che guidava suo padre Maurizio, in un campo agricolo di proprietà della famiglia. La Procura di Avezzano ieri mattina ha raccolto la relazione sull’incidente stilata dai carabinieri e il pm Maurizio Maria Cerrato ha chiuso l’inchiesta, accertando che si è trattato di un tragico incidente. Oggi, alle 15.30, nella chiesa di San Rocco, ad Avezzano, don Adriano Principe celebrerà i funerali del piccolo, che a settembre avrebbe dovuto entrare nella terza elementare, alla sezione C, della Primaria di via delle Industrie.
«Era un bambino vivace e allegro», continuano le maestre, «non camminava, saltava come un grillo, perché aveva tanta voglia e gioia di vivere. Era cresciuto nell’amore della sua famiglia, i suoi genitori vivevano per lui e Stefano sapeva ripagarli con un amore, nei confronti della mamma Cristina e del padre Maurizio, non comune. Quando lo venivano a riprendere a scuola i suoi occhi, alla vista dei genitori brillavano. Siamo costernati tutti, è una tragedia a cui niente e nessuno potrà mai porre riparo. Ma nessuno di noi dimenticherà mai Stefano, lo ricorderemo a scuola e organizzeremo eventi in sua memoria. Era un piccolo pittore. I suoi disegni erano delle piccole opere d’arte, un artista». Le comunità di Avezzano e dell’intera Marsica sono in lutto per quanto accaduto alla famiglia Di Benedetto, già in passato vittima di un evento tragico. Dieci anni fa a Pomezia, lo zio del piccolo, che portava il suo stesso nome, morì in un incidente sul lavoro, a 35 anni. La famiglia Mazzulli, della madre Cristina, è di Cerchio.
«Era un bambino buono come lo sono i suoi genitori», dice Ida Curini, madrina di battesimo di Di Benedetto, insieme al suo compagno Mauro, «Era rispettoso ed educato, ci chiamava zii. Un duro colpo, sarà difficile andare avanti ma Cristina e Maurizio non saranno soli». L’Associazione “Genitori di stelle, figli della speranza” ha affisso dei manifesti e lo scritto si conclude con il canto Navajo: «Non restare a piangere sulla mia tomba. Non sono lì, non dormo. Sono mille venti che soffiano. Sono la scintilla diamante sulla neve. Sono la luce del sole sul grano maturo. Sono la pioggerellina d’autunno quando ti svegli nella quiete del mattino. Sono le stelle che brillano la notte». (m.t.)
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