Pescara, uno sfregio al funerale dell'assassino morto suicida. La mamma: non voleva uccidere
Imbrattato il manifesto funebre sul muro di casa e pasticceria
PESCARA. «Mio figlio non era un asssassino, non voleva uccidere. È stato provocato». Non si dà pace Maria Teresa Colaprete, la madre di Giovanni Raffaele Grieco, il buttafuori di 41 anni che nei giorni scorsi si è impiccato all'interno del carcere di Teramo dove era rinchiuso da maggio per l’omicidio del pasticciere Giandomenico Orlando, accoltellato davanti al negozio di via Puccini.
Durante il funerale, celebrato ieri mattina da padre Aldo D'Ottavio nella chiesa di Sant’Andrea, la donna ha sistemato una sedia proprio davanti alla bara del figlio e ha pianto di fronte alla grande foto di Giovanni Raffaele che ha sistemato lì sopra prima della cerimonia. Al suo fianco c’era Sara, la fidanzata del 41enne, anche lei in lacrime.
La madre di Grieco non accetta come sono andate le cose. Ieri ha voluto dire la sua e ha ricordato le ultime parole che le ha rivolto il figlio e la lettera che le ha scritto dal carcere. «Ti voglio bene, mi hai detto quando ci siamo sentiti. Mi hai scritto che eri stanco del carcere e che non volevi uccidere, che lo hai fatto perché ti avevano annunciato che volevano distruggere me e te. Mi hai detto che non mi potrai più difendere. Non ti preoccupare, il Signore mi aiuterà. Io ti ho amato e ti amerò con tutta me stessa. Tu ora sei libero mi sarai sempre vicino» - ha detto senza distogliere gli occhi dalla bara. Durante l'omelia la donna non è riuscita a trattenersi è ha chiesto ad alta voce: «È vero che c'è la Risurrezione?», sperando che per il figlio ci sia altro, dopo questa vita. Ha provato a risponderle padre Aldo cha ha voluto trovare un senso a tutto quello che è successo, e lo ha fatto affidandosi alla fede e credendo, sì, nella Risurrezione. «Cosa vuole dirci Giovanni Raffaele? Cosa vogliono dirci la sua vita e la sua morte?», si è chiesto il sacerdote. «Vuol dire a tutti noi, a tutta la comunità, di diventare maestri di fede e di Vangelo, di convertirci e di vivere il Vangelo, perché noi non lo viviamo. Il Vangelo si vive lasciandoci evangelizzare dai poveri e Giovanni Raffaele era un povero, non nel senso economico, certo. Dov'era la nostra fraternità nei confronti di Giovanni quando era in difficoltà? Noi non siamo stati fratelli, io non lo sono stato: ero qui e non mi sono interessato di lui», ha aggiunto il sacerdote facendo mea culpa. «Quante persone», ha chiesto ai parenti e agli amici di Grieco, «attendono la nostra mano? E quante ne aiutiamo ad alzare la testa? La nostra fede ci dice di ascoltare i giovani, di prendersi per mano e aiutarsi nella fraternità». Queste parole hanno scosso gli animi dei presenti, che hanno applaudito al termine dell'omelia e accolto la riflessione del sacerdote sul fatto che «nessuno di noi potrebbe giudicare, neppure i fatti più disastrosi».
Ha voluto ricordare Grieco anche una insegnate in pensione, madre di un amico del buttafuori, che ha definito Giovanni Raffaele «una vittima degli ingranaggi della società e dell’indifferenza. Lo salutiamo con dolore. Prega per tua madre, dalle la forza», ha aggiunto guardando la bara coperta da un cuscino di fiori bianchi.
Il distacco, prima che il carro funebre lasciasse il sagrato, non è stato semplice per Maria Teresa Calaprete. «Non te andare», diceva baciando la foto del figlio sulla bara già pronta per lasciare Pescara e raggiungere il cimitero di Sulmona. «Io sono sola», ha aggiunto, e intanto borbottava a bassa voce contestando chi ha imbrattato con lo spray il manifesto funebre del figlio, affisso sotto casa. Qualcuno, tra ieri è oggi, ha coperto con la vernice nera il messaggio d’amore che la donna ha dedicato al suo Giovanni Raffaele.
Un dispetto inatteso, per lei, un gesto che però non cancella il suo dolore. Così come resta e resterà lo strazio della famiglia Orlando che il 6 maggio ha perso inaspettatamente Gianni. Un epilogo tragico, dopo anni di continue discussioni con quei vicini insofferenti, Maria Teresa Calaprete e il figlio, che quella mattina girava armato di coltello.
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