Pescarese uccisa a New York Il fidanzato messicano: dovevamo sposarci

13 Gennaio 2013

Il matrimonio e un ristorante da aprire: parla l’uomo che scoprì il cadavere della Morelli in casa

NEW YORK. E’ difficile incontrare senza emozionarsi un uomo che una sera è tornato a casa come ogni sera e ha trovato la sua fidanzata in un bagno di sangue, con la gola squarciata. E’ difficile incontrare Fernando Vargas e capire attraverso di lui non soltanto il dolore di avere perduto la sua amata Rita, ma anche la solitudine di un immigrato che in lei aveva trovato una compagna e una ragione di vita. Ed è ancora più difficile starlo ad ascoltare quando racconta alcuni particolari sconvolgenti su quanto è avvenuto a partire dal 23 novembre 2011 in poi.

Quella sera di oltre un anno fa Fernando, finito il suo turno di lavoro al ristorante, era tornato a casa. Scherzoso come sempre, era salito in punta di piedi fino davanti alla porta dell’appartamento che spartiva con Rita per farle una sorpresa. Ma la sorpresa invece la ebbe lui. «La porta era socchiusa. La aprii e trovai una grande confusione. Roba per terra dappertutto», racconta parlando in spagnolo, la sua lingua principale, «Guardai sul divano e c’era Rita con la gola squarciata. In stato di shock, corsi in strada. In quel momento, stava passando un’auto della polizia, ma non si fermò perché ero talmente sconvolto che non mi uscì dalla bocca neppure un suono. Bussai come un matto alla porta del custode e fu lui a chiamare il 113, perché io non ero neppure in grado di fare il numero». Passati tre mesi, la polizia conclude l’inchiesta e dà nuovamente accesso all’appartamento 1A, al numero 230 della 120esima Strada East. Fernando si fa coraggio ed entra nel monolocale. «C’era ancora puzza di morte e sangue raggrumato perché nessuno si era curato di pulire», prosegue il trentaseienne cuoco messicano, «Mi sono messo io a pulire il sangue di Rita. Piangevo in continuazione, ma a chi potevo rivolgermi? Non conosco nessuno a New York. Ho uno zio con cui abitai i primi tre mesi dopo l’omicidio. Ma non è propriamente uno zio. Per noi messicani tutti i conoscenti più anziani di noi sono zii».

Da quel momento, a metà febbraio 2012, Fernando ha rincominciato a occupare il monolocale dove viveva con Rita. «Tutte le sere vado a dormire nel letto a pochi passi dal divano dove l’ho trovata morta. Cerco di dormire, ma non mi riesce. Passo ore e ore sveglio perché non riesco a darmi pace. Mi è stato assegnato uno psicoterapeuta per cercare di darmi una mano. Ma che cosa può fare per me? Io vado, parlo per un’ora e poi sprofondo nuovamente nel mio dolore. Solo quando lavoro, riesco a non pensarci troppo. Vado al ristorante, cucino, torno a casa e mi metto a piangere. Non ho nessuno con cui sfogarmi».

Per lui, la morte di Rita è stata una perdita enorme. Contavano di sposarsi e avevano in mente di lasciare New York e trasferirsi in Messico. Lì, parlavano di comprare casa e magari aprire un ristorante a Cancun. Un progetto che avrebbe trovato tuttavia l’opposizione dei genitori di Rita. Nove mesi prima di venire uccisa, infatti, la ragazza era tornata a Pescara e in quell’occasione aveva informato la famiglia di essere fidanzata con un messicano. La notizia era stata accolta molto male dai genitori. Rita tuttavia, una volta tornata a New York non disse nulla a Fernando per non ferirlo. Tuttora, lui non sa quanto dolore provò la sua amata davanti alla reazione del padre e della madre. «Una volta sola, le chiesi come era andata in Italia con i suoi genitori, ma lei rispose in modo molto generico. Non mi disse nulla di particolare. Rita era molto chiusa». (a.v.)