Pescarese uccisa a New York, il killer deve scontare almeno 25 anni di reclusione

13 Gennaio 2013

NEW YORK. Bakary Camara è in attesa di venire trasferito al carcere di massima sicurezza dove passerà almeno i prossimi 25 anni. Lo scorso novembre, è stato condannato al massimo della pena possibile per omicidio di primo grado nello stato di New York. Qui non esiste pena di morte e neppure la condanna automatica all’ergastolo. Esiste una formula che in inglese viene chiamata “Twenty-five to life”, pari a un minimo di 25 anni di carcere fino a un massimo di vita natural durante. Significa che per 25 anni non si parla di libertà anticipata. Allo scadere dei 25 anni, il detenuto può rivolgersi al Parole Board, cioè una commissione grazia e giustizia, per riaprire il suo caso, esaminare le condizioni in cui è stata eseguita la sentenza e considerare un’eventuale richiesta di rilascio.

Esiste la possibilità che Camara ritorni in libertà nel 2037. Ma è una possibilità alquanto remota. C’è, infatti, una sua dichiarazione autoincriminante nel verbale che la polizia compilò il giorno del suo arresto. «Sono malato, ho ucciso e lo farò ancora», dichiarò Camara. Quando la commissione leggerà quelle parole, c’è da scommettere che chiuderà il fascicolo negando la libertà. C’è inoltre un’aggravante. Camara rischiava un minimo di 25 anni per l’omicidio di Rita e altri 25 per assalto sessuale. Le due sentenze avrebbero potuto cumularsi portando così la condanna ad almeno 50 anni. Ma dopo la fase istruttoria e appena prima che prendesse il via il processo, giudice e imputato si erano messi d’accordo: se Camara confessava e rinunciava al processo, il giudice avrebbe concesso la sovrapposizione della pena. Cambia poco. L’ipotesi di libertà non si prospetta per il detenuto prima che abbia compiuto i 77 anni. Ci vuole un miracolo perché non finisca i suoi giorni dietro le sbarre. (a.v.)