Quando la città aveva la linea elettrica e da “Pescara Porto” si andava a Penne

PESCARA. Un gioiello ferroviario dimenticato, capolavoro di ingegneria targato Ducati e anello vitale della rete di trasporto pubblico fino al 1963. È la ferrovia elettrica Pescara-Penne, la Fea, con...
PESCARA. Un gioiello ferroviario dimenticato, capolavoro di ingegneria targato Ducati e anello vitale della rete di trasporto pubblico fino al 1963. È la ferrovia elettrica Pescara-Penne, la Fea, con la sua stazione capolinea “Pescara Porto” sulla riviera nord, tra via Foscolo, via Manzoni, detta così perché nei progetti originari era prevista una banchina portuale vicino la stessa stazioncina, per imbarcare merci, e soprattutto prodotti agricoli, dalla vallata vestina. Una straordinaria infrastruttura che ha avuto un impatto fondamentale sulla mobilità, sull’economia e sulla cultura del territorio abruzzese tra gli anni ’20 e ’60. Per decenni, il “trenino della Fea”, come veniva affettuosamente chiamato, ha collegato l’area vestina con la neonata città adriatica e, all’interno, come una metropolitana di superficie, la pineta sud con Zanni a nord.
Una storia vissuta da tantissimi lavoratori e studenti che utilizzavano quel mezzo e che sarà rievocata martedì 12 novembre, alle ore 17, nella biblioteca Falcone-Borsellino di Pescara, durante l’incontro organizzato da Italia Nostra “La stazione Pescara Porto della Ferrovia Elettrica Abruzzese Penne-Pescara”.
Storici, urbanisti, testimoni diretti ed esperti locali come Renzo Gallerati, Piero Ferretti e Massimo Palladini discuteranno del recupero della stazione di Pescara Porto, un tempo sede di due edizioni della mostra internazionale di arte contemporanea “Fuori Uso” ideata da Cesare Manzo e oggi in stato di abbandono.
Dal 2016 la Regione Abruzzo (proprietaria dopo lo scioglimento della Gtm) l’ha assegnata in concessione a un operatore privato. Il nuovo progetto, approvato alla fine della scorsa consiliatura, prevede in deroga al piano regolatore la trasformazione della struttura in un hotel d’arte con un albergo a quattro piani nella parte ovest del lotto. «La Fea era una meraviglia del suo tempo», racconta Palladini di Italia Nostra, «progettata dal rinomato ingegnere Ducati, famoso per i suoi contributi successivi all'industria motociclistica, la ferrovia fu una delle prime ad adottare la tecnologia elettrica. Ha svolto un ruolo fondamentale nel collegare la città alle aree circostanti, facilitando il movimento di persone e merci e favorendo la crescita economica e l'integrazione sociale».
Inaugurata nel 1913, rappresentava una vera innovazione tecnologica per il suo sistema di trazione elettrica, ecologico ed efficiente rispetto alle tradizionali locomotive a vapore. La linea, che collegava la città di Penne con il porto di Pescara, attraversava paesaggi montuosi, compresa la vallata del Tavo e passando per Montesilvano. Quella che inizialmente fu pensata come una ferrovia minore, tra il mare e le colline, diventò una spina dorsale per l’integrazione sociale ed economica della zona. Dal 1963, quando la ferrovia è stata chiusa, con il tempo le sue stazioni caddero in disuso. Ora, la sezione di Italia Nostra di Pescara sta lavorando per recuperare “Pescara Porto”, un esempio di architettura industriale che, se adeguatamente valorizzata, potrebbe rappresentare un patrimonio prezioso per la città. In parallelo, l’associazione sta portando avanti una battaglia per bloccare il progetto approvato dal Comune, che secondo Italia Nostra introduce «trasformazioni e funzioni lontane dalle aspettative della città» e rappresenta una «inaccettabile privatizzazione di un bene pubblico». Come sottolinea Palladini, la stazione di Pescara Porto occupa una posizione strategica. «Nonostante varie proposte di riqualificazione», conclude, «è rimasta in gran parte intatta. Potrebbe essere trasformata in un centro culturale, uno spazio per i giovani o una serie di spazi verdi interconnessi. In questo modo, possiamo onorare il patrimonio industriale della regione e creare un'eredità duratura per le generazioni future».