Agnelli-Conte, una lite tra vecchi amanti

La ricostruzione della querelle tra insulti e gestacci. Storia di rancori dopo il matrimonio del 2011 e il successivo divorzio
TORINO. Da derby d'Italia a derby degli insulti e delle polemiche. Juve-Inter non finisce mai, anche oltre una rivalità che ha scritto la storia del calcio italiano. La lite tra Conte e Agnelli o tra Agnelli e Conte - secondo i due opposti punti di vista - non è finita al 90' della semifinale di Coppa Italia allo Juve Stadium. Oggi il giudice sportivo si esprimerà sulle partite del penultimo passaggio della competizione; se il quarto uomo Chiffi o gli ispettori della Procura non avranno sentito tutte le parole e visto tutti i gesti nel vuoto dello stadio torinese, di modo da rendere completo il rapporto dell'arbitro, sarà inevitabile l'inchiesta della procura Figc. Due i fatti ricostruibili dalle immagini tv: il dito medio di Conte all'indirizzo della tribuna dove sedevano Agnelli, Nedved e Paratici e il «coglione» pronunciato alla fine dal presidente Juve all'indirizzo della panchina dove sedeva il suo ex tecnico. Ma è sulla ricostruzione di come sia nato quel durissimo botta e risposta tra antichi 'amicì (tre scudetti di fila che diedero il via a una striscia vincente dopo gli anni della decadenza) che Juve e Inter tornano ad accapigliarsi a distanza, seppure ufficiosamente. La versione da ambienti bianconeri è emersa da martedì sera: tutto nasce dal dito medio mostrato da Conte al rientro nel tunnel, nell'intervallo, e poi ripetuto a fine partita, con un epiteto poco rispettoso rivolto ai dirigenti avversari. «Dicano la verità», si è limitato a rispondere l'allenatore dell'Inter. Ieri, le testimonianze di diverse fonti interiste sostengono che per tutto il primo tempo la tribuna bianconera dove era seduto Andrea Agnelli abbia apostrofato Conte con quel «coglione» ripetuto alla fine, e con un «pagliaccio». Solo a quel punto sarebbe arrivato, al rientro nel tunnel, il brutto gesto del dito medio. Ma non è finita lì: nel tunnel il secondo round tra Paratici e Oriali, col manager nerazzurro che invitava con forza gli juventini a «non rivolgersi ai nostri giocatori in quel modo», e il ds bianconero che, secondo le fonti nerazzurre, avrebbe risposto: «Ti conviene stare lontano altrimenti questa volta ti picchio. Parli ancora dopo che hai già preso 20 giornate di squalifica?...». Non è finita lì: terminata la partita, sempre secondo le fonti interiste, Agnelli è sceso dal suo posto apostrofando Conte con quel «coglione», e quando lo ha ripetuto coprendosi la bocca con la mano il tecnico Inter ha replicato: «Dimmelo in faccia, dimmelo in faccia..». Il clima di questo Juve-Inter, d'altra parte, si era scaldato già a inizio partita, con le forti proteste di Conte per la caduta di Lautaro ritenuta da rigore. «Rispetta l'arbitro», ha gridato a Conte dalla panchina Leonardo Bonucci, suo ex giocatore. Da allora è stato uno Juve-Inter pieno di veleni, come e più del solito. Tanto da far partire ieri la petizione dei tifosi Juve di disconoscere i tre tricolori vinti con il loro ex, togliendo la stella di Antonio Conte dallo Stadium. Si erano tanto amati Andrea Agnelli e Antonio Conte: il presidente che chiama in panchina l’ex capitano e insieme, nel 2012, vincono lo scudetto dando il via a una serie ancora in corso. Tre stagioni vincenti fino al divorzio del luglio 2014, quando il tecnico lascia la Juve dopo pochi giorni di ritiro. Da lì nascono i rancori. Due anni fa prima che Conte firmi con l’Inter l’ipotesi di un ritorno alla Juve bocciata dal veto degli Agnelli. Dispetti e rancori fino allo spettacolo di martedì sera. Ora parola al giudice sportivo, e probabilmente anche alla Procura Figc. Ma è certo che Juve-Inter non finirà qui. Il 16 maggio, penultima giornata di campionato, il prossimo confronto sul campo, sempre all’Allianz Stadium. E chissà che le due squadre ci arrivino lanciate verso lo scudetto.
Angelo Caradonna