PESCARA CALCIO

Galeone e i primi 84 anni: “ridatemi Pescara e il mare”

25 Gennaio 2025

L’intervista alla leggenda Giovanni Galeone, storico allenatore che ha segnato un’epoca del calcio pescarese a partire dalla fine degli anni ottanta: «Festeggio con le ostriche di Ortona. Mi mancano il campo e le partitelle»

PESCARA. Scambio di messaggi telefonici con Giovanni Galeone. Buongiorno mister, è possibile realizzare un’intervista? Sono un giornalista del Centro, da Pescara. “So poco e niente del Pescara se non che ha perso di brutto la testa (… spero solo in classifica)”. Ma no, vorrei parlare di Galeone e del suo 84° compleanno. “Grazie, molto gentile. Chiami domani”. Ed eccoci alla vigilia dell’84° compleanno di Giovanni Galeonel’uomo che ha segnato un’epoca del calcio pescarese, a partire dalla fine degli anni Ottanta.
Una leggenda. Modesta carriera da calciatore; da allenatore invece ha conquistato quattro promozioni: due a Pescara, una a Udine e una a Perugia. Il suo 4-3-3 è stato un modello per tanti. Dal 2013 si è ufficialmente ritirato. A Pescara è leggenda. Un personaggio che va oltre il calcio accomunato con un’epoca prosperosa per la città ed entusiasmante calcisticamente parlando. Tanto per rendere l’idea: la stazione ferroviaria in città fu inaugurata alla sua presenza.

Galeone, come festeggerà il suo compleanno?

«Niente di che, in famiglia. Mia moglie, qualche nipote. Però, ho chiamato i miei amici di Ortona mi stanno mandando (a Udine dove si è stabilito, ndr) un po’ di pesce come piace a me, ostriche, vongole e cozze. Loro sanno che cosa mandarmi».

Che cosa vorrebbe in regalo per il suo compleanno?

«Serenità, quel poco di serenità che riesco ancora ad avere. Non ho più niente da chiedere perché ho avuto tanto dalla vita. Sono felice».

A 84 anni come si sente? Com’è la vita?

«È cambiata, purtroppo. Ho avuto dei problemi fisici, sono irriconoscibile. Ho dovuto limitare il mio raggio d’azione».

Il ricordo più bello che conserva?

«Da ragazzo le partite a pallone nel campo profughi, a Trieste, contro gli jugoslavi. Erano forti. Non giocavamo contro i triestini, scarsi, ma contro gli jugoslavi che erano più forti. È lì che mi innamorai di loro. E poi… Pescara».

Che cosa Pescara?

«La prima promozione (1986-87) in serie A, soprattutto. Ma anche la seconda (1991-92) è stata bella. Bellissima».

Chi le è rimasto più vicino?

«Qualche amico di Trieste. A Pescara c’è rimasto solo Michele del ristorante. Gli altri sono morti. Anche Vincenzo Marinelli. Mitico Marinelli. Mi accolse allo stabilimento balneare Eriberto in costume da bagno. Io giacca e cravatta per la presentazione e lui in costume tirò fuori lo champagne».

Se tornasse indietro che cosa non farebbe?

«Andare a Napoli, un errore accettare di andare a Napoli in quel momento storico».

Un altro Galeone non c’è.

«Non mi piace di essere copiato. Ho fatto il mio e basta. A volte accendo la televisione e metto su Sky. Spesso danno le partite di serie C. Vedo cinque minuti e poi giro. Tutte partite uguali. Oggi sono fatti con lo stampino, il calcio è differente dalla mia epoca. Ai miei tempi, ognuno era diverso dall’altro e ognuno proponeva un calcio diverso dall’altro. Oggi parlano tutti alla stessa maniera».

Che cosa le manca?

«Il campo. Lì stavo bene, mi divertivo. Io fino a 60 anni facevo le partitelle con gente come Iaquinta e Di Natale».

Come trascorre le sue giornate?

«A casa. Mi muovo poco. Spesso vengono gli amici a trovarmi. A marzo vorrei tornare a Pescara, mi piacerebbe tanto. Mi auguro di stare meglio. Mi manca il mare. Se vedo il mare rinasco. Mi metto sulla spiaggia e guardo verso il mare per scrutare l’orizzonte. Non do fastidio a nessuno».

Che cosa c’era di vero nel dualismo pescarese con il compianto presidente Scibilia?

«Assolutamente nulla da parte mia. Gaucci era geloso, ma Scibilia no. Avevamo un buon rapporto, magari non c’era quell’attaccamento che avevo con altre persone a Pescara. Ma con Scibilia niente di male. Ad averne di presidenti come lui. Ha messo molti soldi nel calcio e nello sport. È stato un grande presidente».

E Gaucci?

«Mitico Gauccione. Lui era geloso. Aveva portato il Perugia dalla C alla serie A e i tifosi stravedevano per il sottoscritto. Soffriva questa cosa».

Presidenti che volevano fare la formazione?

«Non ne ho incontrati. Una volta ci provò Gauccione. La prima volta che andai a Perugia misi subito le cose in chiaro. Gli dissi: “Non so se andremo d’accordo, mi dicono che le piace fare la formazione”. E lui di rimando: “Se affido una macchina a un buon autista, io mi metto dietro e sto buono. Altrimenti devo intervenire”. Prima di campionato, vincemmo 5-0 contro la Lucchese. Mandai il mio secondo Trombetta (ora nello staff di Allegri, ndr) dall’altra parte del campo per vedere i movimenti della difesa. Proprio vicino dov’era Gauccione».

E quindi?

«Dopo un po’ il presidente fa a Trombetta: “Dica al mister di mettere Tizio”. E Trombetta: “Presidente, se vuole che Tizio giochi non lo nomini mai davanti al mister”. Mitico Gauccione».

Chi vincerà lo scudetto?

«In Italia vincere due scudetti di fila è difficilissimo. Non ci riuscì nemmeno Arrigo Sacchi. È roba per Capello, per Trapattoni. Per la Juve dei nove scudetti di fila. A mio avviso, l’Inter è la squadra più forte. Però, bisogna vedere che scelta farà. Ovvero se punta ai soldi della Champions oppure al secondo scudetto di fila. Se punta alla Champions, allora vedo bene il Napoli. A me Conte non fa impazzire, però bisogna dargli atto che sta facendo un grande lavoro. E può vincere lo scudetto. Non credo all’Atalanta, mi dispiace per Gasperini. Non mi sembra ancora pronta, matura per lo scudetto».

La famosa frase: “Il portiere è un optional”.

«Nacque dopo Pescara-Milan 5-4. Era una battuta, niente di offensivo verso Savorani che, tra l’altro, avevo voluto io a Pescara dopo averlo allenato a Como. Tra l’altro, oggi Marco Savorani è uno dei migliori preparatori dei portieri d’Europa. Non d’Italia, d’Europa. Il portiere è un optional, perché devi avere un’organizzazione difensiva in grado di impedire agli avversari di tirare in porta».

La formazione ideale dei giocatori allenati da Galeone? «Ma scherza? Io ho avuto la fortuna di allenare tanti grandi giocatori. Ho lavorato con Zico, Iaquinta, Di Natale, Negri. Come faccio a fare una formazione senza Rebonato, Pagano, Sliskovic, Candela. Dovrei fare due-tre formazioni ideali. E le dirò di più: lotteremmo per un posto in Champions. Io vinsi la serie B con l’Udinese che avevo Carnevale, Bertotto, Helveg, Rossitto, Ametrano e Kozminski. In serie B. Praticamente quella squadra andò in A con il pilota automatico».

Quindi, una probabile formazione?

«No, è impossibile. Tanta gente forte». E così dopo qualche minuto dalla fine dell’intervista ecco il messaggio dal Gale: formazione rigorosamente 4-3-3. Savorani, Candela, Dicara, Righetti, Nobile; Junior, Allegri, Sliskovic; Pagano, Carnevale Rajic. A disposizione: Helveg, Calori, Desideri, Giunti, Di Natale, Poggi, Berlinghieri. E tengo fuori tre campioni del mondo: Gattuso, Materazzi e Iaquinta.

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