TERAMO

Uccise il padre con 92 coltellate, sì alla perizia psichiatrica. La psicologa del carcere : «Emotivamente è come un bambino»

La psichiatra del carcere Antonella Nissim

21 Gennaio 2025

La Corte d’assise decide l’esame dopo che in aula la psicologa del carcere dice: «Emotivamente è come un bambino». Un consulente valuterà se Francesco Di Rocco è in grado di essere giudicato e condannato

TERAMO. Una perizia psichiatrica stabilirà se Francesco Di Rocco, il 49enne teramano a processo per aver ucciso il padre-padrone Mario, 83 anni, era in grado d’intendere e volere al momento del fatto, e dunque se il processo a suo carico deve continuare o no. Si profila una possibile svolta nella drammatica vicenda nota in città come “delitto della stazione”, cominciata la sera del 21 novembre 2023 quando Francesco sferrò 92 coltellate al genitore, ex capostazione dello scalo teramano, dopo l’ennesimo rimprovero subìto da un padre che lo vessava e ne limitava l’autonomia fin da piccolo. La decisione della Corte d’assise presieduta dal giudice Francesco Ferretti è arrivata al termine dell’udienza di ieri, la prima nella quale sono stati sentiti testi della difesa. È stata l’escussione della psichiatra in servizio nel carcere di Castrogno Antonella Nissim, chiamata a testimoniare dall’avvocato difensore Federica Benguardato perché segue da tempo l’imputato, a far decidere ai giudici di mettere un punto fermo sulla capacità dell’omicida – che tale è con certezza, peraltro reo confesso – di stare nel processo e ricevere una condanna. La Corte ha invitato l’avvocato Benguardato a reiterare la richiesta di perizia psichiatrica già avanzata all’avvio del dibattimento e ha poi messo a verbale che ritiene l’esame clinico assolutamente necessario ai fini della decisione. Senza esito l’opposizione della Procura, rappresentata in udienza dal pm Monia Di Marco.

La dottoressa Nissim, che in carcere visita Di Rocco due volte a settimana, ha detto in sostanza: «Sì, ha studiato, è intelligente, ha una cultura, esternamente è adulto. Ma ha delle carenze affettive che dal punto di vista emozionale lo rendono paragonabile a un bambino. È come se non fosse mai cresciuto, tanto che fin dal primo giorno in carcere il suo compagno di cella lo assiste in tutto perché non è in grado di fare nulla. Soffre di disturbo di accumulo compulsivo, tende ad accumulare qualunque cosa e questo corrisponde a un buco affettivo. Probabilmente quella sera, quando il padre gli ha detto “ti caccio via”, ha provato un senso di abbandono, e si è scatenata una reazione a tutto quello che ha subìto fin da piccolo».

Il processo è stato aggiornato al 17 febbraio per ascoltare altri testi della difesa e formalizzare l’incarico per la perizia. Lo psichiatra individuato è Luigi Olivieri, che deve ancora accettare l’incarico.

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