Del Turco arrestato

Angelini: ho pagato 15 milioni di tangenti

Le mazzette nascoste tra i libri, Del Turco arrestato con Quarta e altri otto.

PESCARA. Sette interrogatori per evitare il carcere: «Ho pagato quindici milioni di tangenti, mi hanno dissanguato». Enzo Angelini, re delle cliniche private, svela ai pm di Pescara dieci anni di malaffare nella sanità abruzzese e scatena una tempesta giudiziaria che decapita la giunta regionale. Dieci ordinanze di custodia cautelare scattano all’alba di ieri. E’ un terremoto che scuote l’Abruzzo.

Sei in carcere: il presidente Ottaviano Del Turco viene rinchiuso in isolamento a Sulmona. E’ accusato di aver intascato cinque milioni e 800 mila euro. Mazzette nascoste nella libreria della casa di Collelongo e divise con il suo segretario Lamberto Quarta, che finisce nel carcere di Pescara, Camillo Cesarone, ex sindacalista, braccio destro di Angelini e capogruppo regionale del Pd e il neo assessore Antonio Boschetti, che prende solo le briciole.

LA MAXI MAZZETTA.
Sei milioni di euro la mazzetta più grande per Luigi Conga, colonnello medico, ex manager della Asl di Chieti, che, secondo l’accusa ricatta Angelini e si fa consegnare 100 mila euro al mese, per diciotto mesi. Ma quando, ieri mattina, viene bloccato dai finanzieri su una Porsche Cajenne, con 113 mila euro ancora nascosti in una ventiquattrore, finisce in ospedale ed evita il carcere. Ventuno milioni di euro, spariti in paradisi fiscali, mettono nei guai anche Gianluca Zelli, ex dirigente di Villa Pini e fondatore della società Humangest che finanziava il motociclista Andrea Dovizioso per il moto Gp, classe 250.

I PARADISI FISCALI. L’operazione Humangest è un riciclaggio di fondi neri, dice l’accusa. Un finanziamento sproporzionato. Ma i soldi sono spariti in società off shore inglesi, cipriote e australiane. Torniamo agli arrestati. Ai domiciliari finiscono in quattro: l’assessore alla Sanità, Bernardo Mazzocca, e l’ex segretario della Margherita di Chieti, Angelo Bucciarelli, di Vasto, che non hanno preso tangenti. Ma avrebbero fatto assumere amici alla clinica Villa Pini. E poi Giancarlo Masciarelli, ex presidente della Fira, consulente ombra di Del Turco (che lo manda persino dall’allora ministro del Bilancio, Tommaso Padoa Schioppa) dopo aver lavorato per il precedente governatore, Giovanni Pace, come uomo chiave nelle operazioni di cartolarizzazione di 700 milioni euro di debiti della sanità, pubblica e privata, che hanno sfruttato tangenti non solo alla nuova giunta regionale ma anche alla vecchia. Come i 500 mila euro consegnati a Pescara a Vito Domenici, ex Forza Italia ed ex assessore regionale alla sanità, ora passato all’Udc, finito agli arresti in casa.

PACE «GRAZIATO». Ha solo il divieto di dimora a Pescara, infine, Francesco Di Stanislao, direttore dell’agenzia sanitaria regionale. E hanno invece evitano l’arresto, che pure era stato chiesto al gip, Maria Michela Di Fine, l’ex presidente della giunta regionale di centrodestra, Giovanni Pace, di Chieti, accusato di aver preso una tangente di 100 mila euro e il suo ex genero, Vincenzo Trozzi, coinvolto nello scandalo della Fira. Ma i nomi eccellenti non sono finiti: è solo indagato il parlamentare di Forza Italia, Sabatino Aracu, “vice presidente” dei deputati forzisti, che, anche lui, un giorno telefona ad Angelini e gli chiede una tangente di due milioni di euro. Ma Angelini, stufo di pagare tutti, gli risponde: «Sabatì vaffa...», e registra la telefonata. E’ sulle registrazioni fatte di nascosto dal re delle cliniche private che poggia gran parte delle accuse ipotizzate dal procuratore capo di Pescara, Nicola Trifuoggi e dai sostituti, Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli.

QUARTA INTERCETTATO. «Se vuoi qualcosa devi pagare», dice Lamberto Quarta al titolare della clinica Villa Pini alla vigilia delle ultime elezioni politiche. Quel qualcosa erano un milione di euro che, racconta Angelini a Trifuoggi, dovevano servire a Del Turco per spaccare in due il partito socialista di Enrico Boselli e portare otto senatori nel Pd. Oppure un’altra intercettazione, molto recente, in cui sempre Quarta dice ad Angelini: «Paga perché noi riusciamo a proteggerti da procura, carabinieri e Finanza». Ma proprio in seguito a questa intercettazione che Del Turco tenta di fermare le indagini dei finanzieri (i colonnelli Favia e Rampolla) e dei carabinieri del Nas (il capitano Sciarappa) prendendo un appuntamento all’Aquila con il procuratore generale dell’Aquila, Bruno Paolo Amicarelli.

AMICARELLI CHIAMA TRIFUOGGI. Alle 19 in punto del 29 giugno scorso Del Turco entra nella stanza dell’alto magistrato. Si raccomanda e va via salutando cordialmente. Ma Amicarelli non perde un solo secondo: telefona al collega Trifuoggi e lo informa del tentativo di Del Turco di inquinare le prove. Insieme a questo retroscena, ne trapela anche un altro quando Trifuoggi, in conferenza stampa, ringrazia il vicepresidente della giunta regionale, Enrico Paolini, e il manager della Asl di Pescara, Antonio Balestrino, per il prezioso aiuto dato alle indagini. Ma ritorniamo agli arresti e alle accuse che Trifuoggi divide in tre capitoli. Partiamo da Gonga che, stando all’ordinanza di custodia cautelare, agisce da battitore libero.

TANGENTE COME STIPENDIO. E’ ancora manager della Asl di Chieti, quando Conga, molto vicino a Forza Italia, chiede ad Angelini un appuntamento a Pescara. «Io ti faccio avere tutto quello che vuoi. Tu ogni mese mi versi 100 mila euro», dice il manager Asl. E Angelini paga per 18 mesi. Cioè sborsa un milione e 800 mila euro. Ma non finisce qui perché il “re delle cliniche private”, dopo aver ottenuto il via libera a cedere i propri crediti alla Barclays bank di Londra, riceve da Conga una seconda maxi-richiesta di tangente: «Se mi dai cinque milioni di euro, non blocco l’operazione per saldare il credito alla banca».
E’ un’estorsione, dice l’accusa. Ma Angelini, ancora una volta, registra tutto con un microfono nascosto nel taschino sinitro della giacca e poi fotografa anche i soldi consegnati a Conga che gli fa perfino uno sconto di 550 mila euro.

CASE E AUTO DI LUSSO. Sempre secondo l’accusa, Conga investe le somme in appartamenti, conti in banca e auto di lusso, come la Porsche da 90 mila euro sulla quale lo hanno arrestato ieri alle 10. Tutti beni sequestrati dalla Finanza, fino all’ultimo minuto, quando ieri mattina il pm Di Florio ha autorizzato i sigilli probatori anche a dei Rolex d’oro. Questo, però, è solo il primo capitolo dell’inchiesta che ha travolto la giunta regionale. La parte più importante riguarda le cartolarizzazioni uno e due dei debiti della sanità.

C’E’ DOMENICI. La prima cartolarizzazione chiama in causa Vito Domenici che, nel dicembre del 2004, chiede ad Angelini un milione di euro. Siamo alla vigilia delle elezioni regionali: l’ex assessore alla sanità si presenta alla clinica Villa Pini e incalza: «Mo’ che rivinciamo tu che fai?». Angelini si sente minacciato, ma sborsa metà della somma richiesta: 500 mila euro. Ma subito dopo si consuma l’episodio Aracu, con tanto di parolaccia telefonica («Sabatì vaffa...») che Angelini registra e consegna alla procura. Ma sarà Ottaviano Del Turco, nel 2005, a vincere le elezioni: Giancarlo Masciarelli traghetta Angelini in mano alla nuova giunta e Cesarone (già sindacalista di Villa Pini entrato in politica nel partito socialista) a consegnare il “re delle cliniche” nelle mani del presidente della Regione per la seconda cartolarizzazione.

«REGALO A DEL TURCO». Cesarone, secondo la procura, dice Angelini: «Devi fare un regalo a Del Turco». E Angelini prepara una busta con 30 mila euro. «Mica bastano, ce ne vogliono alemeno 200 mila», risponde Cesarone. E’ la prima tangente: il re delle cliniche sale in auto e si fa accompagnare a Collelongo da Del Turco che prende i soldi e li nasconde tra i libri. Sì, nella libreria buona di Collelongo dove, ieri mattina, i finanzieri li hanno cercati (senza trovarli).

Ma ci sono altri riscontri a questa tangente, la prima di una lunga serie di viaggi tra Francavilla (dove Angelini ora risiede) o Torrevecchia Teatina (sede della clinica Villa Pini) e Collelongo. La procura trova tre tipi di indizi-riscontri alle dichiarazioni bomba dell’imprenditore della sanità privata: le ricevute del telepass dell’autostrada, le testimonianze di chi c’era ed ha visto pagare, compresi gli autisti di Angelini, i prelievi bancari effettuati dallo stesso Angelini: 200 mila euro, poi altri 250 mila, poi un milione e così via. Fino a consegnare a Del Turco, Quarta, Cesarone e Boschetti quasi 6 milioni di euro.
Trifuoggi è lapidario. Chiude con una sentenza: «Con questi soldi chissà quante cose si potevano fare per l’ospedale di Pescara e per altri ospedali abruzzesi».