Confcommercio: Chiodi tagli le tasse

Di Sante: ridurre Irap e addizionale Irpef per salvare piccole e medie imprese

PESCARA. La riduzione dell'Irap (l'imposta regionale sulle attività produttive) e dell'addizionale Irpef (l'imposta sui redditi delle persone fisiche) per le piccole e medie imprese e, in particolare, per i piccoli esercizi commerciali.

Il presidente e il direttore di Confcommercio Abruzzo, rispettivamente Giandomenico Di Sante e Celso Cioni, ieri, hanno inviato questa richiesta al presidente della giunta regionale, Gianni Chiodi, all'assessore regionale al Bilancio, Carlo Masci e all'assessore Sviluppo economico, Alfredo Castiglione.

«Nel dicembre 2006», dicono Di Sante e Cioni, «furono approvate dal consiglio regionale gli aumenti dell'Irap dal 4,25% al 5,25% e dell'addizionale Irpef dallo 0,9% all'1,4%, destinati a ripianare il deficit sanitario. Nel contempo la Regione assunse l'impegno di azzerare i citati aumenti fiscali non appena fosse stato raggiunto il pareggio di bilancio. Dopo anni di duri sacrifici da parte delle micro, piccole e medie imprese, che hanno dovuto lottare per non chiudere i battenti, e delle famiglie per arrivare a fine mese, sembra finalmente che il sospirato traguardo non solo del pareggio, ma di un avanzo di bilancio, nel settore sanitario sia stato raggiunto».

A questo punto, proseguono i vertici regionali di Confcommercio, «l'associazione chiede di ridurre le imposte Irap ed addizionale Irpef per non lasciare ancora le nostre aziende in condizioni di svantaggio competitivo rispetto alle imprese di altre regioni, che pagano le citate aliquote di molto inferiori alle nostre».

«Non è possibile», spiegano Di Sante e Cioni, «continuare a imporre, specie alle Pmi e alle famiglie abruzzesi, un carico fiscale regionale così elevato in aggiunta al pesante incremento in arrivo del carico tributario nazionale, se non si vuole dare il colpo fatale alle nostre piccole e medie imprese sopravvissute e ridurre gran parte delle famiglie abruzzesi alla povertà».

Nel 2011 in Abruzzo hanno chiuso i battenti 10.225 piccole e medie imprese del commercio, del turismo, dell artigianato e dei servizi, e il rischio è che entro i primi sei mesi del 2012 - secondo una stima del Centro studi di Confesercenti Abruzzo, resa pubblica l'altro ieri - chiuderanno almeno altre 5mila. La provincia che ha pagato il prezzo più alto è Chieti (3.040 chiusure, altre 2mila a rischio entro giugno), seguita dalla provincia più piccola, Pescara (3.026 chiusure e un rischio che coinvolge altre 2mila entro giugno), dunque Teramo (2. 292 chiusure e 1.300 a rischio) e L'Aquila (1.867 chiusure e 900 a rischio).

Per evitare ill fenomeno delle «desertificazioni delle attività commerciali nei piccoli comuni e nei centri storici», spiegano i vertici di Confcommercio, «soffocate da una parte dalla concorrenza impari delle troppo grandi strutture di vendita esistenti e dall'altra dall'enorme carico fiscale», è necessario «riservare ad esse l'esenzione o quantomeno una consistente riduzione delle imposte regionali».

«I negozi di vicinato», sostengono Di Sante e Cioni, «servono a mantenere luce, movimenti e vita in queste località e svolgono non solo una funzione economica, ma anche sociale per gli anziani, che non possono spostarsi con mezzi propri per fare la spesa».

Del resto, dice Confocommercio, la legge regionale sul commercio in vigore già prevede per le imprese polifunzionali, situate in Comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti o nelle zone montane e insulari, la possibilità da parte della Regione di esentarle dai tributi regionali.

«La scomparsa di una consistente fetta di piccoli esercizi commerciali», sottolinea l'associazione, ha portato allo «svuotamento dei centri minori, all'impoverimento dei centri storici, alla maggiore caoticità della circolazione sulle importanti arterie di collegamento, specie tra centri urbani e zone di ubicazione delle grandi strutture di vendita, con conseguenti riflessi negativi sulla vita di tutti i centri abitati».

«Sono questi i motivi», concludono Di Sante e Cioni, «per cui va sostenuto il commercio di vicinato, specie nei comuni periferici e montani e nei centri storici».

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