Il compleanno che non ci sarà
Viene presentato venerdì 7 agosto alle 21 nella chiesa della tendopoli, il libro «Quant’era bella la mia Onna». Raccoglie gli articoli di Giustino Parisse, vicecaporedattore del Centro, dal 14 aprile ai primi di luglio
Questo libro è un regalo di compleanno. Un compleanno che non ci sarà più. Mio figlio Domenico il 7 agosto 2009 avrebbe compiuto 18 anni. Lo voleva festeggiare con i suoi amici di Nuova Acropoli che proprio ad agosto organizzano un campo scuola sulla Piana di Navelli. Lo scorso anno eravamo andati io, la mamma e la sorella Maria Paola a portare dei dolci a lui e ai suoi amici nel posto dove c’era la base dell’associazione di volontariato. Era stata anche la scusa per fargli gli auguri. Lui quella sera era impegnato nel servizio bar ed ebbe giusto il tempo di salutarci. Oggi è solo un ricordo.
Il sei aprile quella scossa orribile si è portata via i miei figli Domenico e Maria Paola. E mio padre Domenico. Quella mattina, quando tornò la luce del sole a illuminare un dramma senza fine avevo deciso di dire basta con la vita. Nulla aveva più senso di fronte alla distruzione della tua famiglia, di decine di persone care e vicini di casa, di un paese intero, di una città, L’Aquila, della quale per oltre venti anni ho raccontato le gioie e i dolori.
Poi, una settimana dopo, andando a Pescara con mamma Dina, per passare 5 giorni in un albergo, ho sentito il bisogno forte di raccontare. Molti mi hanno chiesto nei mesi scorsi dove ho trovato la forza per tornare così presto a lavorare.
Ho sempre risposto che non sono tornato a lavorare, ma sono tornato a scrivere. O, ancora meglio: a testimoniare. In questo devo dire grazie per primi al direttore del Centro Luigi Vicinanza, al caporedattore Roberto Marino, all’amministratore delegato Domenico Galasso, ai colleghi del giornale e a tutti quelli (e sono stati tanti) che incontrandomi mi hanno incoraggiato e sostenuto. E poi voglio dire grazie agli aquilani che in una prova tanto difficile sono andati avanti con forza e determinazione. Questo libro raccoglie gli articoli scritti dal 14 aprile al 30 giugno 2009. Ho cercato di parlare del terremoto anche se in realtà ho raccontato me stesso dentro il terremoto. Perdere i figli e il padre nel posto che doveva essere il più sicuro della Terra è qualcosa di devastante per qualsiasi uomo al mondo.
In questa immane tragedia ci sono tante altre persone che hanno avuto e hanno il mio stesso dolore. Andare avanti ogni giorno è una fatica che a volte sembra insuperabile e insopportabile. Hai l’impressione del vuoto e della inutilità di tutto ciò che fai. Però restano i ricordi e la memoria: è poco lo so, ma è quello che c’è. Sono contento di essere stato padre, di aver avuto due ragazzi splendidi, di aver passato momenti felici. Ho chiesto scusa a loro per non averli saputi proteggere.
La mia colpa è stata il grande amore per il mio paese, la voglia di restarci e farci vivere i miei figli. Non avevo previsto il terremoto. Quel terremoto. E per questo ho sbagliato e credo che non me lo perdonerò mai. A Domenico, a Maria Paola, a mio padre dico: grazie per esserci stati. La mia missione, per quel poco che mi rimane da vivere è ricordarvi sempre e ovunque. Voi e tutte le altre vittime di quella notte assurda. Se la nostra città e i nostri paesi rinasceranno sarà anche grazie a voi. A Domenico e Maria Paola un bacio da papà e mamma. A presto.
Il sei aprile quella scossa orribile si è portata via i miei figli Domenico e Maria Paola. E mio padre Domenico. Quella mattina, quando tornò la luce del sole a illuminare un dramma senza fine avevo deciso di dire basta con la vita. Nulla aveva più senso di fronte alla distruzione della tua famiglia, di decine di persone care e vicini di casa, di un paese intero, di una città, L’Aquila, della quale per oltre venti anni ho raccontato le gioie e i dolori.
Poi, una settimana dopo, andando a Pescara con mamma Dina, per passare 5 giorni in un albergo, ho sentito il bisogno forte di raccontare. Molti mi hanno chiesto nei mesi scorsi dove ho trovato la forza per tornare così presto a lavorare.
Ho sempre risposto che non sono tornato a lavorare, ma sono tornato a scrivere. O, ancora meglio: a testimoniare. In questo devo dire grazie per primi al direttore del Centro Luigi Vicinanza, al caporedattore Roberto Marino, all’amministratore delegato Domenico Galasso, ai colleghi del giornale e a tutti quelli (e sono stati tanti) che incontrandomi mi hanno incoraggiato e sostenuto. E poi voglio dire grazie agli aquilani che in una prova tanto difficile sono andati avanti con forza e determinazione. Questo libro raccoglie gli articoli scritti dal 14 aprile al 30 giugno 2009. Ho cercato di parlare del terremoto anche se in realtà ho raccontato me stesso dentro il terremoto. Perdere i figli e il padre nel posto che doveva essere il più sicuro della Terra è qualcosa di devastante per qualsiasi uomo al mondo.
In questa immane tragedia ci sono tante altre persone che hanno avuto e hanno il mio stesso dolore. Andare avanti ogni giorno è una fatica che a volte sembra insuperabile e insopportabile. Hai l’impressione del vuoto e della inutilità di tutto ciò che fai. Però restano i ricordi e la memoria: è poco lo so, ma è quello che c’è. Sono contento di essere stato padre, di aver avuto due ragazzi splendidi, di aver passato momenti felici. Ho chiesto scusa a loro per non averli saputi proteggere.
La mia colpa è stata il grande amore per il mio paese, la voglia di restarci e farci vivere i miei figli. Non avevo previsto il terremoto. Quel terremoto. E per questo ho sbagliato e credo che non me lo perdonerò mai. A Domenico, a Maria Paola, a mio padre dico: grazie per esserci stati. La mia missione, per quel poco che mi rimane da vivere è ricordarvi sempre e ovunque. Voi e tutte le altre vittime di quella notte assurda. Se la nostra città e i nostri paesi rinasceranno sarà anche grazie a voi. A Domenico e Maria Paola un bacio da papà e mamma. A presto.