La procura chiede l’archiviazione per i Masi
Nessun colpevole a quattro anni dal massacro dell’avvocato e della moglie
TERAMO. Le indagini sul massacro dell’avvocato Libero Masi e della moglie Emanuela Cheli si chiudono senza un colpevole. L’inchiesta, fatta con l’impronta di una scarpa, senza testimoni, con centinaia di persone ascoltate e altrettanti indizi messi insieme, non ha dato risultati. Non quelli sperati.
Dopo quattri anni dal duplice omicidio di Nereto il pm Bruno Auriemma, titolare del caso, qualche settimana fa ha presentato una richiesta di archiviazione al gip Marco Billi. Ora sarà il giudice a decidere se mettere definitivamente la parola fine al caso o se disporre nuove indagini per tentare di scoprire chi nella notte tra il 1º e il 2 giugno del 2005 massacrò a colpi di machete il legale e la moglie, sorprendendoli nella loro villetta di via Lenin, nel centro di Nereto.
Nel fascicolo finito sul tavolo del gip si parla di reato commesso da ignoti. Niente più richieste di proroghe dunque, concesse ogni sei mesi, per l’efferato delitto che più di altri ha scosso l’opinione pubblica teramana. L’anno scorso sembrava che i riflettori sul delitto Masi si fossero nuovamente riaccesi. A circa tre anni dal massacro le sequenze chiave dell’omicidio vennero riordinate e ripercorse dal procuratore Gabriele Ferretti nel corso di un sopralluogo nella villa del duplice delitto.
Ferretti, che all’epoca del delitto non era in servizio a Teramo (è a capo della procura teramana dal luglio del 2007), la mattina del 7 maggio entrò per la prima volta nel villino di via Lenin. Quel giorno i cronisti ebbero la sensazione che inquirenti ed investigatori stessero provando ad imboccare, dopo tanti vicoli ciechi, una strada con un’uscita. I carabinieri, infatti, in quel periodo avevano ripreso a riesaminare alcune persone che erano già state sentite nell’immediatezza del fatto per chiarire meglio alcune circostanze e colmare delle lacune. In quei giorni ci fu l’impressione che il giallo di Nereto avesse le ore contate. Non è stato così.
Le indagini, almeno quelle fatte fino a questo momento, si chiudono con una sola certezza: la pista della rapina degenerata resta ancora quella privilegiata dopo che sono state lasciate da parte quella di una rapina simulata e della vendetta personale o professionale. Questo dopo che per mesi investigatori e inquirenti hanno passato ai raggi X la scena del delitto e la vita professionale e personale dell’avvocato e della moglie, facendo ordine nella congerie di testimoninanze raccolte nell’ immediatezza del delitto. Il delitto dell’avvocato Libero Masi e della moglie Emanuela Cheli.
Dopo quattri anni dal duplice omicidio di Nereto il pm Bruno Auriemma, titolare del caso, qualche settimana fa ha presentato una richiesta di archiviazione al gip Marco Billi. Ora sarà il giudice a decidere se mettere definitivamente la parola fine al caso o se disporre nuove indagini per tentare di scoprire chi nella notte tra il 1º e il 2 giugno del 2005 massacrò a colpi di machete il legale e la moglie, sorprendendoli nella loro villetta di via Lenin, nel centro di Nereto.
Nel fascicolo finito sul tavolo del gip si parla di reato commesso da ignoti. Niente più richieste di proroghe dunque, concesse ogni sei mesi, per l’efferato delitto che più di altri ha scosso l’opinione pubblica teramana. L’anno scorso sembrava che i riflettori sul delitto Masi si fossero nuovamente riaccesi. A circa tre anni dal massacro le sequenze chiave dell’omicidio vennero riordinate e ripercorse dal procuratore Gabriele Ferretti nel corso di un sopralluogo nella villa del duplice delitto.
Ferretti, che all’epoca del delitto non era in servizio a Teramo (è a capo della procura teramana dal luglio del 2007), la mattina del 7 maggio entrò per la prima volta nel villino di via Lenin. Quel giorno i cronisti ebbero la sensazione che inquirenti ed investigatori stessero provando ad imboccare, dopo tanti vicoli ciechi, una strada con un’uscita. I carabinieri, infatti, in quel periodo avevano ripreso a riesaminare alcune persone che erano già state sentite nell’immediatezza del fatto per chiarire meglio alcune circostanze e colmare delle lacune. In quei giorni ci fu l’impressione che il giallo di Nereto avesse le ore contate. Non è stato così.
Le indagini, almeno quelle fatte fino a questo momento, si chiudono con una sola certezza: la pista della rapina degenerata resta ancora quella privilegiata dopo che sono state lasciate da parte quella di una rapina simulata e della vendetta personale o professionale. Questo dopo che per mesi investigatori e inquirenti hanno passato ai raggi X la scena del delitto e la vita professionale e personale dell’avvocato e della moglie, facendo ordine nella congerie di testimoninanze raccolte nell’ immediatezza del delitto. Il delitto dell’avvocato Libero Masi e della moglie Emanuela Cheli.