Mascitelli: costruiamol'alternativaalla Regione di Chiodi

Il senatore dell'Idv: "Il lavoro è la sfida più grande per l'Abruzzo, dobbiamo creare una speranza per i giovani. Nessun rinnovamento con Chiodi: ha fallito e ha perso ogni credibilità"

Quale è la sfida più grande che ha davanti l'Abruzzo nel 2012?
«Il lavoro senza alcun dubbio. Non possiamo pensare di avere un futuro se teniamo fuori dalla vita lavorativa la metà dei giovani in cerca di lavoro e l'altra metà che vive di precariato con contratti di pochi mesi. Non possiamo pensare a nessun modello di sviluppo, se non si creano ora e non domani le condizioni favorevoli per le troppe imprese che stanno chiudendo i cancelli. Nella nostra regione sono state riconosciute quattro grandi aree di crisi industriale e dovunque vado non ho trovato una sola impresa o un solo lavoratore che mi abbia detto di aver trovato aiuti risolutivi. Se a questo poi si aggiunge che il 2012 sarà ancora un anno di recessione, come ci dicono i dati nazionali, si comprende che non c'è più tempo da perdere e resto esterrefatto dalla autocelebrazione di chi pensa alle agenzie di rating».

Che cosa cambia per l'Abruzzo con il governo Monti?
«Tutto e nulla. Non avremo più, le passerelle mediatiche di Berlusconi che prometteva i miracoli all'Aquila o quelle dei ministri del precedente governo che, ad ogni visita, annunciavano miliardi di euro per infrastrutture, che nessuno ha mai visto. Non cambia nulla, se l'Abruzzo non avrà la capacità di presentare richieste e progetti credibili e soprattutto cantierabili. A Roma, sorridono di noi perché in Abruzzo viene presentato come un grande risultato un semplice incontro con un ministro, quando il ministro in questione sta incontrando i rappresentanti di tutte le regioni».

Quali sono le due cose principali che l'Abruzzo deve fare per invogliare a fare impresa nella regione?
«Oggi necessita con urgenza una concreta politica fiscale di agevolazioni, di sgravi fiscali e di accesso al credito. Da domani saranno indispensabili infrastrutture materiali e investimenti nella ricerca applicata e nella innovazione. E' un modo per far capire che ogni giorno che passa aumenta il dramma umano dei lavoratori e l'emergenza sociale delle nostre imprese. Per la politica è scaduto il tempo delle chiacchiere».

Il 6 maggio si voterà all'Aquila: sarà un test di valore regionale o nazionale?
«Il valore che potrà avere dipenderà tutto dalla classe politica locale. Se la campagna elettorale sarà veramente rivolta a confrontarsi sul modello e sul progetto di rinascita che si vuole costruire, allora accenderemo l'attenzione, la sensibilità e il cuore dell'intero Paese. Se si dovesse ridurre, come già sta accadendo nel centrodestra, a una guerriglia tra gruppi di potere sarà meglio che le altre regioni non vedano».

E' d'accordo con la ricandidatura all'Aquila del sindaco uscente, Massimo Cialente?
«Noi sosterremo la candidatura del professor Angelo Mancini, un preside di liceo molto stimato per la sua storia personale. Il fatto che, in una realtà complessa come L'Aquila, abbiamo preferito non partecipare alle primarie è perché si capisse che non siamo contro nessuno, ma vogliamo soltanto che i cittadini dell'Aquila possano esprimersi liberamente senza truppe organizzate e possano soprattutto scegliere tra proposte e modi di comportamento diversi».

Lo strumento del Patto per lo sviluppo dell'Abruzzo è ancora utile o va rivisto?
«Il Patto avrebbe dovuto avere il suo principale strumento attuativo nell'uso dei Fondi Fas. Che vada rivisto perché, così com'è, è soltanto un elenco dei titoli ora lo dicono tutte le forze sociali che lo hanno sottoscritto. Nella delibera Cipe dello scorso settembre lo chiedeva anche il governo nazionale che ha indicato, nero su bianco, diverse riserve. Noi di queste riserve ne abbiamo parlato un anno fa e siamo stati accusati di essere irresponsabili. Nel frattempo, abbiamo perso tempo prezioso ed è un lusso che la nostra regione non può più permettersi».

Che giudizio dà dei tre anni della giunta Chiodi?
«Voglio ricordare che nel 2008 Chiodi è stato eletto soltanto da un quarto degli abruzzesi, eppure è stato il presidente che ha concentrato su di se i poteri più ampi da quando si sono istituite le regioni. Gli abruzzesi che hanno buona memoria sanno che si era presentato come il presidente moralizzatore e rinnovatore. Ha perso ogni credibilità, in questi anni, per le vicende giudiziarie dei suoi compagni di giunta e di partito, per non dire altro. E quanto al rinnovamento e alla modernizzazione, ci resta difficile immaginare questi obiettivi personificati da alcuni personaggi che lui ha nominato in enti strumentali di valenza strategica».

Dovrebbe lasciare subito i poteri di commissario per la sanità e la ricostruzione?
«A giudicare dai risultati, non dovrebbe avere un attimo di esitazione nel dimettersi da questi doppi ruoli. A giudicare da quello che poi gli consigliano pubblicamente i suoi stessi compagni di partito, lo dovrebbe fare un secondo dopo».

Quali sono i difetti maggiori della classe politica abruzzese?
«A livello apicale, la mancanza di etica e di cultura della legalità, che si finge per comodità di voler scambiare per giustizialismo. La realtà è che affarismi, interessi personali e clientelismi di bottega hanno metastatizzato tutti i settori della nostra vita. Non ci si deve stupire poi se le famiglie e le imprese abruzzesi, tra le più tartassate d'Italia, provano prima disaffezione e poi disprezzo per i politici che li rappresentano».

Le elezioni regionali abruzzesi sono fra circa due anni: come pensa che i partiti si presenteranno a quell'appuntamento?
«Molto dipenderà dagli accadimenti nazionali. Ci dicono che la legge elettorale, sulla quale stanno lavorando fuori dal parlamento, dovrebbe servire a condizionare le future alleanze tra i partiti. Non so se questo vuole essere una minaccia per noi dell'Idv, partito notoriamente scomodo. Per quanto ci riguarda, in Abruzzo, continueremo a lavorare per costruire un'alternativa di governo a Chiodi, un'alternativa seria, pulita e credibile in quanto a competenze e capacità. Braccia aperte a chi vuole condividere questo progetto, senza paletti ma neppure senza gli opportunismi dell'ultimo minuto».

Che identikit dovrebbe avere il prossimo presidente della Regione?
«Una persona che abbia esperienze e competenze, che sappia motivare la sua maggioranza e le forze sociali giorno dopo giorno e soprattutto che sappia parlare alla sua gente con sincerità e autorevolezza. Andando in giro incontro molti pretendenti, immagino quindi che avremo l'imbarazzo della scelta».

Il consigliere regionale del suo partito Cesare D'Alessandro ha chiesto a Chiodi di rispondere alle dieci domande sul caso Di Pietro: se Chiodi non rispondesse quale sarebbe il suo giudizio?
«Il suo arrogante silenzio produrrebbe un danno devastante alla credibilità delle istituzioni e alla dignità degli abruzzesi. Il fatto che non riesca a capire un aspetto così importante ci terrorizza molto di più della sua incapacità a governare».

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