L'ANALISI
Quando la scuola è come una famiglia
Il fattore decisivo nella storia a lieto fine della falsa madre che ha tentato di prelevare due bambini nella scuola di Pettino
Chiudete gli occhi e per un attimo pensate a cosa sarebbe potuto accadere in un qualsiasi angolo di una anonima e caotica metropoli europea, provate a pensare al rischio potenziale, in condizioni analoghe, con una squilibrata che per motivi ignoti va a caccia di una preda davanti ad una scuola. Focalizzate il caos di mille bambini che escono tutti insieme, mamme con auto in doppia fila e doppie frecce lampeggianti, nomi e grida, nonni in affanno, tate che accorrono inquiete. In una parola: l’ingorgo tipico del gate di imbarco da aeroporto internazionale, più il delirio epilettico del tornello da stadio intasato, il giorno della partita di cartello.
Se chiudete gli occhi e immaginate questo scenario, senza gli anticorpi di cui parleremo a breve, avreste subito chiaro il rischio che si è corso all’Aquila due giorni fa. Oggi in pagina saremmo stati costretti a pubblicare una notizia meno lieta: quella dell’inseguimento di una ladra di bambini in fuga. Ecco dunque che il caso di cronaca in un attimo si illumina, si fa apologo, e ci consente di inseguire una morale provvisoria, e utile, anche se va rintracciata tra le righe di un verbale di interrogatorio (quello che abbiamo raccontato in questa pagina). Utile anche se non appare immediatamente intellegibile, e va inseguita tra un sospiro di sollievo e l’altro, nel coro muto dei genitori che salutano lo scampato pericolo.
La morale di questo crescendo di angoscia a lieto fine, è nel fattore decisivo, nell’ingrediente magico che ci consente di scrivere un ultimo capitolo gratificante per tutti. L’ingrediente magico che cambia la storia è il legame sociale, il tessuto umano che ha filtrato la potenziale minaccia, neutralizzandola. Il fattore decisivo è una melodia di tante note che si compongono sullo spartito di quel giorno: c’è la testardaggine di una bidella che mette in campo un sesto senso da uomo ragno e individua subito la minaccia. C’è la testardaggine del non distrarsi, del capire, la capacità guardinga, protettiva, e persino fisica di intuire e contenere il disagio di una donna sconosciuta. L’ingrediente magico è la maestra che accorre come un difensore in raddoppio di marcatura, la grinta del preside preoccupato - giustamente - anche del decoro e del prestigio della sua scuola. Ha ragione: ecco perché dovrebbero fare una bella festa, quando tutto sarà finito, per spiegare ai bambini. Per trasformare l’angoscia in lezione. Per dire loro che nulla accade per caso.
Se oggi si tira un sospiro di sollievo, è perché il fattore umano può diventare un cemento indissolubile, la dimensione dei rapporti diretti - di fronte ad un pericolo imprevisto - è la migliore garanzia contro il pericolo. L’eroina di questa storia è donna: il suo cognome è Pubblica. E il suo nome è Scuola.